Gaurav Chatley, gestore di M&G, racconta perché sebbene gli spread del credito europeo si siano leggermente contratti dalle prime battute del nuovo anno, l'asset class offre tuttora un valore attraente. Contenuto sponsorizzato.
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CONTRIBUTO a cura di Gaurav Chatley, gestore di M&G European Credit Investment Fund. Contenuto sponsorizzato da M&G Investments.
Per le obbligazioni societarie europee il 2022 è stato un anno difficile, poiché l'inflazione in ascesa e una serie di rialzi dei tassi di interesse hanno spinto i rendimenti ai livelli più alti da oltre dieci anni. Di conseguenza, oggi gli investitori partono da un punto molto più solido rispetto all'inizio del 2022. Sebbene gli spread del credito europeo si siano leggermente contratti dalle prime battute del nuovo anno, l'asset class offre tuttora un valore attraente. Peraltro, continuiamo a osservare una dispersione notevole nelle valutazioni, sia a livello di singoli titoli sia tra settori, e questo a nostro avviso sta creando uno contesto favorevole per i gestori attivi che ambiscono a catturare valore.
Forte dispersione nel mercato del credito
Siamo convinti che sia ancora un buon momento per investire nei mercati del credito europei. Qualche mese fa, il mercato era dominato dai timori per la probabile recessione e dagli interrogativi relativi all’andamento del credito in un contesto di questo tipo. Dal nostro punto di vista basato sulla valutazione, il mercato scontava livelli di pessimismo simili a quelli di marzo 2020, periodo in cui interi settori dell'economia stavano chiudendo i battenti.
Da allora i mercati del credito europei hanno recuperato decisamente terreno, ma è importante sottolineare che l'asset class continua a mostrare un'enorme dispersione. Anche se nel complesso gli spread si sono ridotti, il divario fra il quartile superiore di emittenti e quello inferiore si è notevolmente ampliato negli ultimi due anni circa. Un contesto di questo tipo può creare moltissime opportunità per gli investitori attivi in cerca di valore, ma è sempre essenziale mantenere un approccio altamente selettivo basato su un'approfondita ricerca fondamentale.
Ampia dispersione degli spread fra emittenti in Europa

Opportunità nell'immobiliare, nelle banche e nelle utility
Il 2022 ha visto una divergenza pronunciata in termini di performance settoriale, che ha creato condizioni favorevoli per i gestori attivi. Dopo le pesanti flessioni dell'anno scorso, crediamo che i segmenti dei titoli immobiliari, finanziari e delle utility offrano livelli di valore particolarmente interessanti.
L'immobiliare è stato uno dei settori meno performanti nel 2022, in parte a causa dell'alta sensibilità alle variazioni dei tassi di interesse: il rialzo dei tassi tende infatti a ridurre il valore degli immobili e questo può incidere negativamente sui parametri creditizi delle società immobiliari. Per questo è importante agire in modo molto selettivo in quest'area, anche se in questa fase il settore ci sembra complessivamente scontato.
Vediamo valore anche nel comparto finanziario: il mercato mantiene un atteggiamento molto cauto al riguardo, data la percezione che le banche siano altamente esposte al ciclo economico, ma la nostra tesi è che le banche oggi siano molto ben capitalizzate, pertanto dovrebbero dimostrarsi resilienti anche di fronte a una flessione pronunciata dell'attività economica. Nel contempo, se le banche centrali alla fine saranno costrette a mantenere i tassi di interesse più alti più a lungo, il settore bancario in generale dovrebbe beneficiarne attraverso l'aumento dei margini netti sui tassi.
La terza area in cui individuiamo valore è quella delle utility. In generale, i servizi di pubblica utilità rappresentano il segmento più stabile e con beta inferiore dei mercati del credito, ma la crisi dei prezzi energetici l'anno scorso ha determinato una performance nel complesso piuttosto deludente, che per noi si è tradotta in punti di ingresso favorevoli.
Un settore societario robusto
I corporate europei e statunitensi hanno attraversato una fase molto difficile negli ultimi anni. Quando è scoppiata la pandemia da Covid-19 nessuno inizialmente sapeva in quale misura la politica fiscale sarebbe stata di supporto, pertanto le imprese hanno raccolto enormi quantità di liquidità sul mercato obbligazionario per garantirsi riserve sufficienti per sopravvivere ai tempi più duri. Da allora hanno dovuto fare i conti con l'impennata inflativa e i colli di bottiglia lungo le catene logistiche, oltre all'incertezza sul lato della domanda. Tutto questo ha reso le società molto robuste e, dal nostro punto di vista, pronte ad affrontare un’ampia varietà di scenari economici.
L'inflazione ha rappresentato un problema negli ultimi 12-18 mesi, tanto da rendere concreta – per un certo periodo – la possibilità di una recessione. Al di là di qualche eccezione che ci sarà sempre, in generale crediamo che i corporate investment grade europei abbiano avuto abbastanza tempo per preparare i bilanci a sopportare anche una flessione economica duratura.
Approccio orientato al valore e basato sulla ricerca
Pur tenendo conto dello scenario macro in generale, il nostro faro è sempre la valutazione, in base alla quale cerchiamo di stabilire se siamo adeguatamente remunerati per il rischio insito nel detenere un determinato titolo di debito. Per esempio, se c'è stata una correzione, ma i fondamentali creditizi dell'emittente giustificano un rating più elevato di quello scontato dal mercato, tendenzialmente tenteremo di creare una posizione. Viceversa, se l'emittente recupera molto terreno e la valutazione comincia ad apparire troppo elevata, cercheremo di vendere la posizione e non avremo remore a rimanere in disparte.
In un ciclo economico tipico, spesso l'euforia raggiunge l'apice nella fase immediatamente precedente all'inizio di una contrazione, il che tende a produrre valutazioni esagerate. Dato il nostro approccio decisamente bottom-up e orientato al valore, tendiamo quindi ad agire con cautela in una fase del genere, in considerazione del quadro valutativo. Indubbiamente prestiamo attenzione al contesto macro, ma l'enfasi sarà sempre prima di tutto sulla valutazione. Piuttosto che cercare di prevedere quando inizierà la prossima recessione o il prossimo boom di fusioni e acquisizioni, cerchiamo di mantenere l'approccio disciplinato e restare fedeli ai nostri criteri di valutazione.
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