Marco Mossetti di Credit Suisse analizza l'attuale contesto macroeconomico e le prossime mosse di Fed e Bce. Contenuto sponsorizzato
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Contributo a cura di Marco Mossetti, Senior Portfolio Manager, Credit Suisse Asset Management. Contenuto sponsorizzato.
Le banche centrali, a eccezione di quella cinese, hanno alzato aggressivamente i tassi d’interesse portandoli ai livelli più alti della storia recente. L’inflazione, che per quasi un decennio dopo la crisi finanziaria del 2008 si era mantenuta su livelli molto bassi, è schizzata su livelli record e ha costretto le banche centrali ad attuare un ciclo di stretta monetaria che per dimensioni e velocità non trova precedenti negli ultimi 50 anni. Le complicazioni nella catena di approvvigionamento, una ripresa accelerata del mercato del lavoro e la guerra in Europa hanno indotto pressioni inflazionistiche globali che appaiono ora più persistenti di quanto si fosse immaginato inizialmente. La buona notizia è che siamo ormai giunti alle fasi finali della stretta monetaria, anche se la situazione non è omogenea con potenziali divergenze sui tassi nei prossimi trimestri. In Cina, ad esempio, il mix di crescita moderata, disoccupazione ancora elevata e inflazione sotto gli obiettivi ci induce a prevedere una politica monetaria accomodante nel 2023, in netto contrasto con quanto avviene nel mondo occidentale.
Per la Fed la strada sembra tracciata
Il ciclo economico negli Stati Uniti fino ad ora è rimasto sorprendentemente forte. L'ultimo rapporto sul PIL ha mostrato una crescita superiore alle attese e anche le aspettative di crescita sono migliorate, tanto che l’ultimo World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale (FMI) ha presentato previsioni di crescita aggiornate.
Il mercato del lavoro, in particolare, è rimasto un notevole fattore di sostegno: nonostante alcuni settori sotto pressione abbiano annunciato tagli, il tasso di disoccupazione negli USA rimane il più basso degli ultimi decenni.
Questo in parte spiega il motivo per cui l’inflazione dopo aver raggiunto il suo picco nel 2022 sta scendendo molto lentamente: nonostante le pressioni provenienti da costi dell'energia e altre materie prime siano nettamente diminuite, l'inflazione dei servizi al netto dell'energia, i cui effetti tendono a persistere, sta correndo a un ritmo più del doppio e rispetto al periodo pre-COVID.
Di conseguenza, il percorso dei tassi per la Federal Reserve sembra definito: la Fed alzerà ancora i tassi, ma poi quest’estate si fermerà in attesa di un rientro dell’inflazione. Sebbene il percorso sia stretto, la Fed sembra in grado di fornire un "atterraggio morbido", dopotutto.
La Bce si trova in una situazione più difficile e incerta
La combinazione di un tasso d’inflazione ancora molto elevato e un’economia che, grazie al calo dei costi dell’energia e la ripresa della domanda cinese, è destinata a rimanere relativamente forte rende il compito della Banca Centrale Europea particolarmente arduo.
Sebbene il ritmo annuo sia diminuito negli ultimi mesi, l'inflazione sta correndo più velocemente che negli Stati Uniti ed è molto più vicina al 9% rispetto all'obiettivo del 2% della Bce. Di conseguenza, la probabilità di tassi d'interesse più alti nel tempo è relativamente elevata nell'area dell'euro, una notevole differenza dopo anni di politica dei tassi da zero a negativi adottata dopo la Grande Crisi Finanziaria. Il ciclo di rialzi dei tassi in Europa si estenderà al terzo trimestre dell’anno.
Fonti e note
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