Lo stile value spiegato

Arne Kerst notizia
Arne Kerst, Fund Manager Quantitative Equity, DPAM

CONTRIBUTO a cura di Arne Kerst, fund manager in Quantitative Equity di DPAM. Contenuto sponsorizzato.

Il value investing è stato il terreno di gioco di alcune delle più grandi menti nella storia. Ogni investitore ha indubbiamente sentito parlare di Warren Buffet e della "anomalia del valore", oggetto di innumerevoli ricerche accademiche. Tuttavia, come sappiamo, non c'è mai nulla di definitivo quando si tratta di investimenti. Gli stili d'investimento possono favorire o meno, come abbiamo visto, lo stile value. Dopo la grande crisi finanziaria, con ogni anno di sottoperformance, la convinzione che il value fosse “ormai morto” ha guadagnato forza. Recentemente, i mercati hanno favorito di nuovo lo stile value, dando luogo ad alcune notevoli performance.

La cosiddetta 'anomalia di valore' ha due scuole di pensiero: una spiegazione basata sul rischio e una spiegazione comportamentale.

La prima trova la sua origine nell'Efficient Market Hypothesis (EMH). L'EMH afferma che, poiché i mercati riflettono tutte le informazioni pubbliche e gli investitori sono razionali, tutti i titoli avranno prezzi equi e la sovraperformance è impossibile da raggiungere. Pertanto, per generare un eccesso di rendimento, si deve assumere più rischio. Questo spiega perché, secondo questa visione, il valore aggiuntivo di un titolo è visto come una compensazione per il maggiore rischio. Tuttavia, i partecipanti al mercato non agiscono sempre razionalmente, specialmente in tempi di eccessi. L'irrazionalità dei partecipanti al mercato è una storia vecchia come il mondo. In un famoso memorandum del 2000 chiamato Bubble.com, Howard Marks fornisce un aneddoto interessante per comprendere sulla mania del mercato:

“La Compagnia del Mare del Sud fu creata nel 1711 per aiutare a ridurre l'indebitamento del governo britannico, assumendo parte del debito del governo e pagandolo con i proventi di un'offerta di azioni. In cambio di questo servizio per la Corona, la compagnia ricevette un monopolio per il commercio con le colonie spagnole in Sud America e il diritto esclusivo di vendere schiavi lì. La domanda per le azioni della compagnia era forte a causa dell'aspettativa di grandi profitti, anche se nessuno si materializzò mai. Nel 1720, una mania speculativa prese il volo e le azioni salirono alle stelle. Sir Isaac Newton, che all'epoca era il mastro di zecca, si unì a molti altri ricchi inglesi per investire nelle azioni. Si passò da 128 sterline nel gennaio del 1720 a 1.050 sterline in giugno. All'inizio di questo aumento, tuttavia, Newton si rese conto della natura speculativa del boom e vendette le sue 7.000 sterline di azioni. Alla domanda sulla direzione del mercato, si dice che abbia risposto: "Posso calcolare i moti dei corpi celesti, ma non la follia della gente". Nel settembre del 1720, la bolla esplose e il prezzo delle azioni scese sotto le 200 sterline, con un calo dell'80% rispetto al suo massimo di tre mesi prima. Si scoprì, tuttavia, che nonostante avesse riconosciuto la bolla, Sir Isaac, come molti investitori nel corso degli anni, non poteva sopportare la pressione di vedere quelli intorno a lui fare grandi profitti. Ricomprò le azioni al loro massimo e finì per perdere 20.000 sterline”.[1]

Nemmeno una delle menti più brillanti della storia è stata quindi immune da comportamenti irrazionali. Non sorprende quindi che ci posizioniamo piuttosto nel campo comportamentale per trovare una spiegazione.

La disciplina della finanza comportamentale è stata in grado di osservare e descrivere alcuni comportamenti degli investitori che hanno portato a persistenti anomalie nel prezzo dei titoli. Gli investitori sono effettivamente irrazionali a volte, influenzati dalle proprie emozioni e soggetti a errori e a processi decisionali impulsivi. In effetti, elementi come l'eccessiva fiducia degli investitori nel proprio giudizio o l’affidarsi a opinioni consolidate portano a reazioni smisurate (a lungo termine) e a sottoreazioni (nel breve) dei prezzi delle azioni a nuove informazioni. L'anomalia del valore può quindi essere spiegata dalle reazioni eccessive causate dai bias comportamentali. Questa anomalia consiste nel fatto che i mercati valutano le aziende a buon mercato un po' troppo a buon mercato e, di converso, quelle costose un po' troppo costose.

Possiamo continuare a trovare valore laddove gli investitori erroneamente sovrastimano il valore delle società che considerano vincenti e sottostimano e prezzano troppo economicamente rispetto al valore reale le altre società.

Dal nostro punto di vista, propendiamo per una spiegazione comportamentale. I partecipanti al mercato non agiscono infatti sempre razionalmente e sono spesso influenzati dalle loro emozioni. La tempistica, le idee sbagliate o l'implementazione dello stile value possono essere un’interessante ulteriore tema da approfondire.


[1] Fonte : https://www.oaktreecapital.com/docs/default-source/memos/2000-01-02-bubble.pdf