Mercati emergenti, quando la sostenibilità fa la differenza, anche oggi

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Alessandro Fonzi, immagine concessa (DPAM)

CONTRIBUTO a cura di Alessandro Fonzi, CFA, deputy head of International Sales – country head Italy, DPAM. Contenuto sponsorizzato da DPAM.

Se siamo tutti d’accordo sull’affermare che la pandemia abbia avuto un effetto acceleratore per quanto riguarda l’attenzione del mondo finanziario, ma anche di quello politico e istituzionale, agli aspetti sociali e ambientali degli investimenti, lo scoppio del conflitto in Europa sembra aver innescato la marcia indietro.

Di colpo, il dibattito a livello italiano e internazionale si accende sulla possibilità (e necessità?) di ritornare all’uso del carbone o del nucleare per far fronte all’emergenza energetica attuale. A livello azionario, salgono le quotazioni di aziende operanti in settori controversi, come gli armamenti, e quelle dell’energia non rinnovabile mentre la sostenibilità non è spesso più vista dagli operatori di mercato come elemento chiave per investimenti lungimiranti. Ma è davvero così?

In generale, stiamo assistendo a un 2022 turbolento per i mercati finanziari, con rischi geopolitici in continuo aumento che hanno impattato tutti gli attivi rischiosi a febbraio. L'invasione dell'Ucraina da parte delle forze militari russe sta pesando non solo sulle speranze di una risoluzione rapida del conflitto, ma minaccia anche di destabilizzare l'economia regionale, se non quella globale. La situazione è molto volatile e la sua evoluzione, così come le sue ricadute sulla regione, sono difficili da prevedere. La conseguenza del conflitto si fa già sentire nel rincaro dei prezzi delle materie prime, specialmente energetiche e alimentari (ricordiamo che l'Ucraina e la Russia rappresentavano circa il 25% del mercato del grano nel 2019). Tuttavia, se le conseguenze delle sanzioni colpiscono con forza l'economia russa, gli effetti sul commercio e sull'esposizione del settore bancario verso le economie dell'Europa orientale sembrano per ora altamente gestibili.

In DPAM, siamo convinti che l’attenzione alla sostenibilità di un emittente governativo, e in particolare la trasparenza delle istituzioni e il rispetto dei valori democratici da parte di un governo, sia discriminante per la performance di un investimento, specialmente in contesti come quello geopolitico attuale.

Il nostro modello proprietario per l'analisi della sostenibilità delle nazioni, applicato ai mercati emergenti già dal 2013, e utilizzato nella creazione dei portafogli obbligazionari tra cui la nostra strategia governativa mercati emergenti in valuta locale, DPAM L Bonds Emerging Markets Sustainable, ne è un esempio concreto.

La selezione attiva dei Paesi che possono essere considerati per l’investimento da parte del team di gestione è infatti basata su una classifica di sostenibilità delle nazioni estremamente rigorosa. La classifica viene aggiornata due volte l’anno (marzo e settembre) a partire dalla valutazione di circa 60 indicatori tratti dai principali organismi internazionali (Banca Mondiale, Nazioni Unite, ecc.) e suddivisi in cinque macroaree: trasparenza e rispetto dei valori democratici; istruzione; benessere della popolazione e distribuzione della ricchezza; ambiente e rispetto del clima; economia del Paese (inteso come livelli di debito, competitività, ecc.).

Sul fronte della trasparenza e del rispetto dei valori democratici applichiamo un filtro ex ante che esclude a priori dall’universo investibile i Paesi classificati come Not Free secondo Freedom House e Authoritarian secondo il Democracy Index dell’Economist.

Per questo motivo, proprio a causa del filtro di sostenibilità, il primo dei criteri fondamentali del processo d’investimento, il fondo DPAM L Bonds Emerging Markets Sustainable esclude giganti come la Cina, nonostante sia stato il mercato con la migliore performance l'anno scorso, e la Russia.

Un approccio di questo tipo, unitamente a una maggiore diversificazione dei Paesi investibili, porta a un posizionamento di portafoglio storicamente più difensivo rispetto a molti fondi in questa categoria, e dimostra pienamente la sua resilienza ed efficienza in termini di rischio/rendimento in questo particolare e difficile momento storico, così come in altri periodi di maggiore volatilità per questa classe di attivi.

Dallo scoppio del conflitto la divergenza regionale a livello di mercati emergenti è stata forte: l’esposizione all'Europa orientale ha avuto effetti negativi sui portafogli di molte strategie emergenti mentre quella all'America Latina, ad esempio, ha contribuito positivamente ai rendimenti. Una situazione aberrante sul piano umanitario come quella a cui siamo purtroppo costretti ad assistere oggi, ha dimostrato appieno il valore aggiunto di un processo d’investimento rigoroso e attento che fa dell’attenzione ai valori democratici una discriminante essenziale non solo di rendimento a lungo termine ma anche di etica d'investimento.

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