MiFID II: una questione strategica o solo di compliance?

steve_Benett

Per molte entità MiFID II non è altro che un ulteriore aspetto della nuova normativa all’interno di una vera valanga di requisiti da rispettare. Uno degli obiettivi è quello di armonizzare le regole del gioco in tutta Europa e migliorare la protezione dei consutomatori. Tuttavia, i requisiti da compiere hanno conseguenze di vasta portata per il modo di operare dell’industria in Europa e per le relazioni tra fornitori e distributori di prodotti. Bisognerebbe considerare MiFID II all’interno di un contesto strategico e non solo attenendosi all’ambito della compliance, sia a livello di mercato che di singola società.

Mercato obiettivo

Uno degli esempi più evidenti è legato al mercato obiettivo. I gestori di fondi dovrebbero documentare il target di mercato e comunicarlo ai loro distributori; questi, a loro volta, sono costretti a fornire informazioni che consentano al gestore di valutare se il fondo si sta vendendo nel mercato obiettivo. Questo processo ha implicazioni significative. Ad esempio, se in tutta Europa ogni gestore e distributore si accordasse in modo bilaterale circa i requisiti necessari, il processo non solo ci manterebbe occupati il resto della nostra vita, ma il risultato sarebbe ingestibile per entrambe le parti.

I distributori avrebbero versioni multeplici del mercato obiettivo da affrontare e i gestori di fondi avrebbero multeplici formati di documenti commerciali per un solo prodotto. Il risultado sarebbe che nessuno sarebbe capace di usare in modo efficiente l’informazione. La buona notizia è che l'industria dei fondi in Europa sta lavorando già da tempo su un quadro per la definizione di mercato obiettivo utilizzando un linguaggio comune, ma sono necessari ulteriori progressi per garantire che l'approccio sia utile anche per i distributori.

Incentivi

MiFID II pone anche dei limiti sulle circostanze in cui gli incentivi possono essere pagati ai distributori. Per molti distribuitori questo è stato il nodo principale della questione, ovvero mantenere lo status di indipendente con il fine di continuare a ricevere le retrocessioni. In Europa molti regolatori sono comprensivi su questo punto, in quanto vedono un rischio che possa apparire nei loro Paesi qualcosa di simile a un "gap di consulenza", così come è accaduto nel Regno Unito dopo l'introduzione della Retail Distribution Review (RDR). Tralasciando ciò che può essere definito come un livello ulteriore o superiore di servizio agli investitori, ci sono una serie di implicazioni da considerare per essere considerato come no indipendente. In primo luogo, e forse questo è la più importante, gli incentivi dovrebbero essere proporzionali al livello di servizio ricevuto. Questo influenza potenzialmente alle retrocessioni derivanti dai servizi in corso e, per estensione, alla struttura delle diverse classi di fondi.

Prendiamo ad esempio due servizi – un modello di consulenza completo con riunioni periodiche e raccomandazioni per cambiare l'investimento, e un altro che offre un’architettura guidata per aiutare l’investitore a prendere una decisione di investimento basata su informazioni regolari circa la ponderazione del portafoglio, il rendimento e gli strumenti di riposizionamento. In entrambi i casi si tratta di servizi ricorrenti ma il primo modello ha senza dubbio un livello maggiore di servizio e, quindi, si potrebbe giustificare un livello di retrocessioni ed incentivi più elevati. Tuttavia sembra improbabile che che i regolatori vedano positivamente che le società di gestione usino la stessa classe di fondi per entrambi i modelli. Allo stesso modo, le società che non adattano i loro modelli di classe potrebbero scoprire che le loro classi più costose non sono in grado di competere con i concorrenti che si sono adattati meglio ai distribuitori non indipendenti con un servizio inferiore. In questo contesto tutto fa pensare che quei distribuitori e gestori di fondi che si impegnano fin dal primo momento con i loro soci strategici si posizioneranno meglio per poter competere e prosperare nel nuovo contesto.

Circa la normativa

Ogni mercato funziona in modo diverso, pertanto anche se la serie normativa MiFID mira ad armonizzare le regole del gioco in Europa, è essenzialmente un compromesso. Di conseguenza, potrebbero esserci zone in cui alcuni regolatori si sentano a disagio e ciascun Paese potrebbe interpretare le esigenze e regolamentare il settore in modo diverso al fine di tutelare gli investitori, e, indirettamente, lo status quo interno. Tuttavia, sia i distributori che i gestori stanno cercando di espandersi sempre più al di fuori dei propri confini. Questi programmi possono aiutare i giocatori locali nel mercato domestico nel breve termine, ma a lungo termine potrebbero ostacolare opportunità di crescita più ampie. Infine, vi sono ragioni affinchè le società collaborino per cercare di attenuare le preoccupazioni normative locali e per cercare di minimizzare la quantità di "eccesso di regolamentazione" locale che alla fine può danneggiare le loro ambizioni strategiche.

Considerazioni finali

MiFID II è una questione strategica? Certo. È chiaro che MiFID II avrà un forte impatto su quelle società che in Europa offrono prodotti all’investitore privato. Non è importante di che tipo di business si tratti, né in quale Paesi si opera. Vedere come il settore del risparmio gestito svilupperà la Direttiva MiFID II è fondamentale e farlo correttamente richiederà cooperazione sia tra i gestori dei fondi e i distributori, sia tra l’industria e i regolatori, ma anche tra i diversi mercati.