(Non è) una tragedia greca

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“I negoziati sulle riforme che la Grecia dovrà attuare sono stati tutt'altro che facili in passato, e probabilmente saranno difficili anche in futuro. Gli elettori chiedono al nuovo governo di Atene di ridurre l’impatto sociale dell’austerità e delle riforme, mentre la Troika composta da Fondo monetario internazionale (FMI), BCE e Commissione europea premerà perché la Grecia continui a perseguire la linea politica concordata.
 
Gli aiuti significavano che la Grecia non sarebbe dovuta uscire dall’euro. Secondo i sondaggi, circa l’80% della popolazione greca vuole mantenere la moneta unica. Sia gli elettori che i loro rappresentanti sanno bene cosa significherebbe abbandonare l’euro: la Grecia tornerebbe ad avere la propria valuta, che immediatamente si deprezzerebbe rispetto alle divise estere. Tra le possibili conseguenze, l’inflazione e una drastica riduzione del potere d'acquisto.
 
Il nuovo governo di Atene sarà inoltre consapevole che non è possibile rimanere nell’Eurozona e al tempo stesso porre fine alle politiche di austerità e di riforma. Per finanziare i propri piani di spesa, i governi hanno bisogno di prestiti che i mercati dei capitali sono poco propensi a concedere. Di conseguenza, al nuovo governo non resta che aumentare il gettito fiscale attraverso un sistema impositivo più efficiente, negoziando con la Troika i termini delle riforme da attuare per ottenere ulteriori agevolazioni sui prestiti in essere. Il nuovo governo greco saprà che la situazione attuale non offre alternative. E la Troika continuerà a chiedere le riforme, offrendo un sostegno finanziario per alleviare l'impatto sociale”.
 
Gli scenari possibili

Il finale non sarà necessariamente da tragedia greca. A partire dal 2009, i principali dati economici della Grecia e di altri Paesi periferici hanno evidenziato un sensibile miglioramento. Circa cinque anni fa, dopo lo scoppio della crisi finanziaria globale, gli investitori hanno iniziato a seguire da vicino gli sviluppi economici sfavorevoli nell'Eurozona, con particolare attenzione per i Paesi con un saldo negativo tra esportazioni e importazioni di beni e servizi. Improvvisamente, Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna si sono trovati ad affrontare una situazione completamente nuova.
In un contesto di unione monetaria, il recupero della competitività – presupposto indispensabile per l’equilibrio di parte corrente – passa attraverso le riforme strutturali, che tuttavia incidono negativamente sul mercato del lavoro. I Paesi dell’Europa meridionale hanno infatti sperimentato una diminuzione di prezzi e salari e del prodotto interno lordo. Per alleviare i costi sociali del processo di riforma, l’FMI, gli altri governi dell’Eurozona e il SESF (Strumento europeo per la stabilità finanziaria) hanno concesso aiuti a questi Paesi in difficoltà.