Prospettive e valutazioni portano a ritenere che l’obbligazionario raramente sia stato più interessante di com'è oggi rispetto all’azionario. Le considerazioni di Geraldine Sundstrom. Contenuto sponsorizzato da PIMCO.
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"Le prospettive per l’economia globale unitamente alle valutazioni sui mercati e ai fondamentali delle classi di attivo ci inducono a privilegiare l’obbligazionario, che crediamo raramente sia stato più interessante di come appare oggi in confronto all’azionario." Così Geraldine Sundstrom, Asset Allocation portfolio manager di PIMCO, inizia il suo commento all'Asset Allocation Outlook del 2024.
"Dopo un paio d’anni turbolenti con inflazione alta e tassi in aumento che hanno messo a dura prova i portafogli, nel 2024 gli investitori potrebbero assistere al ritorno a un andamento più tradizionale sui mercati sia azionari che obbligazionari, benché la crescita incontri ostacoli in molte aree geografiche. In questo contesto, l’obbligazionario pare destinato a mettere a segno una buona performance mentre l’azionario potrebbe registrare rendimenti corretti per il rischio inferiori, ancorché positivi, a fronte di un mercato in generale sopravvalutato. Il quadro macroeconomico e quello geopolitico sono tuttora avvinti da rischi, pertanto resta cruciale disporre di flessibilità nei portafogli".
Le prospettive macroeconomiche suggeriscono il ritorno della relazione inversa tra azionario e obbligazionario
"Prevediamo un rallentamento della crescita nei mercati sviluppati (MS) nonché, in alcune regioni, la possibilità di contrazione economica l’anno venturo a fronte del venir meno del sostegno fiscale e del manifestarsi degli effetti della politica monetaria che tipicamente si avvertono dopo un certo tempo. Il nostro modello sul ciclo economico indica una probabilità del 77% che gli Stati Uniti si trovino attualmente nella fase di fine ciclo e intorno al 50% di recessione entro un anno per questo paese.
Il picco è verosimilmente alle spalle per la crescita, e così anche per l’inflazione, a nostro avviso. Con l’avvicinarsi dei livelli dei prezzi agli obiettivi delle banche centrali nel 2024, dovrebbe riprendere la tipica relazione inversa (la correlazione negativa) tra azioni e obbligazioni in base alla quale l’obbligazionario ha la tendenza ad andare bene quando l’azionario è in difficoltà e viceversa. Le prospettive per il quadro macroeconomico favoriscono l’obbligazionario in questa relazione: storicamente, in contesti "post picco" come questi, i Treasury americani hanno avuto la tendenza a offrire interessanti rendimenti corretti per il rischio mentre l’azionario ha incontrato difficoltà", continua Sundstrom.
L’obbligazionario dovrebbe essere nettamente favorito alla luce delle valutazioni e dei rendimenti correnti
"Benché non sempre un indicatore perfetto, il livello di partenza dei rendimenti obbligazionari o dei multipli azionari storicamente ha avuto la tendenza a essere un segnale rispetto ai rendimenti futuri. I livelli dei rendimenti dell’obbligazionario di alta qualità analoghi a quelli correnti mediamente sono stati seguiti da una sovraperformance di lungo termine di questo mercato (tipicamente un interessante 5%–7,5% nei successivi cinque anni), mentre livelli assimilabili a quelli attuali del rapporto prezzo/utile depurato degli effetti del ciclo economico (CAPE) hanno avuto la tendenza a essere associati a sottoperformance di lungo termine per l’azionario. Inoltre, le obbligazioni storicamente hanno offerto questi livelli di rendimento con maggiore regolarità rispetto alle azioni, come si evince dalla distribuzione più stretta (più “normale”) dei risultati di rendimento. Vi sono dunque argomentazioni convincenti a favore dell’obbligazionario.
Nel complesso riteniamo che le aspettative di utili robusti potrebbero andare incontro a delusione in un’economia in rallentamento e questo, assieme alle valutazioni elevate in parti consistenti dei mercati, giustifica un approccio prudente con un posizionamento neutrale sull’azionario, privilegiando qualità e opportunità su base relativa".
I fondamentali azionari invitano alla cautela
"I nostri modelli indicano che gli investitori azionari appaiono più ottimisti sull’economia rispetto a chi investe in credito societario. Usiamo i differenziali di ERP, EPS e CDX (l’indice dei credit default swap) per stimare la probabilità di recessione scontata dalle diverse classi di attivo, confrontando i livelli attuali con quelli tipici di contesti recessivi. L’S&P 500 (nei differenziali dell’ERP e dell’EPS) attualmente riflette una probabilità di recessione del 14%, un valore significativamente inferiore alla stima implicita nel credito high yield pari al 42% (attraverso il CDX). Quell’ottimismo trova risalto nelle stime di consenso sugli utili e sul fatturato per l’S&P 500 che prevedono una riaccelerazione anziché un rallentamento. La potenziale distanza tra le nostre previsioni macroeconomiche e queste stime di utili, oltre che con le valutazioni dell’azionario, ci preoccupa e rafforza la nostra cautela rispetto a questa classe di attivo".
Gestire i rischi rispetto allo scenario macroeconomico di base
"Riconosciamo i rischi rispetto al nostro scenario di base di rallentamento della crescita e dell’inflazione", conclude Sundstrom. "La resiliente economia americana potrebbe evitare la recessione ma anche alimentare surriscaldamento della crescita e accelerazione dell’inflazione che indurrebbero una politica monetaria molto più restrittiva. È anche possibile tuttavia un atterraggio duro, con rapido precipitare della crescita e dell’inflazione. Alla luce di questi scenari di rischio crediamo sia prudente includere coperture e opzioni; gestire la volatilità, soprattutto sul versante azionario, è tra l’altro di allettante convenienza. Una strategia che prediligiamo, ad esempio, è la “reverse seagull” che prevede un put spread finanziato vendendo un’opzione call."