Rischi e opportunità sui mercati obbligazionari

Steve Ellis, notizia
Steve Ellis, immagine concessa (Fidelity International)

CONTRIBUTO a cura di Steve Ellis, global chief investment officer Fixed Income di Fidelity International. Contenuto sponsorizzato.

Per i mercati obbligazionari il 2022 è stato uno degli anni peggiori da molto tempo, con l’aumento dei rendimenti e il contestuale ampliamento degli spread. Il giudizio su questa asset class riguarda la duration, da un lato, e il rischio di spread di credito, dall’altro. Si è trattato indubbiamente di uno scenario insolito per le obbligazioni, a causa dei contemporanei effetti negativi di duration e spread, dopo che gli investitori hanno scontato l’aumento dei tassi volto a contenere l’inflazione a spese della crescita. Di conseguenza, fino a questo punto del ciclo la duration non è servita a diversificare in modo efficace il rischio di credito.

Ora, però, il quadro sta cambiando. Iniziamo a vedere un aumento del valore di duration e riteniamo che tornerà a contribuire alla diversificazione del rischio di credito. Non crediamo che le banche centrali potranno alzare i tassi ai livelli previsti, considerate le implicazioni negative che questo avrebbe sulla crescita economica.

Nel frattempo, gli spread di credito non riflettono adeguatamente le probabilità di recessione. Abbiamo calcolato il tasso di default implicito degli spread sul credito corporate, considerando il premio al rischio di liquidità e ipotizzando 40 centesimi di dollaro per i tassi di recupero. In base a questo approccio, riteniamo che il mercato statunitense stia scontando un tasso di default a un anno del 2,7%. È molto più alto di quanto non fosse solo pochi mesi fa, ma è ancora ben al di sotto dei numeri che in genere si vedono nei periodi di recessione (7,5% nel 2020, durante la pandemia, 7,5% nel 2016, 12,5% nel 2008). Il tasso di default implicito cumulativo a 5 anni è all’11,7%, anche in questo caso ben al di sotto delle medie storiche. In conclusione, abbiamo assistito a un ampliamento degli spread, ma gli investitori non vengono compensati per l’atterraggio duro di una recessione, che è sicuramente una possibilità. Questi rischi sono ancora sottovalutati.

Questo rende l’high yield meno interessante dell’investment grade? Abbiamo considerato i premi al rischio di credito in diversi sottosettori. In alcune delle fasce di rating più elevato (investment grade), le valutazioni offrono ancora premi al rischio di credito positivi. Tuttavia, per i rating più bassi (BB o inferiori), i premi al rischio sono negativi. Di conseguenza, riteniamo che al momento sia meglio mantenere un approccio difensivo.

Ipotizzando che l’inflazione resterà alta ancora per un po’, per il medio-lungo termine, sul fronte obbligazionario, possono funzionare le esposizioni a tassi variabili, ad esempio tramite collateralized loan obbligation (CLO). A parte questo, opteremmo per le obbligazioni indicizzate all’inflazione. Tuttavia, i danni che abbiamo riscontrato quest’anno sui mercati sono stati causati dall’aumento dei rendimenti reali, dovuto al fatto che sono stati scontati i rialzi aggressivi dei tassi. L’esperienza del 4° trimestre 2018 e del taper tantrum del 2013 ci dimostra che i mercati non possono sopportare un forte aumento dei rendimenti reali, poiché il rischio di rifinanziamento e le implicazioni per la crescita sono sempre presenti. Semmai, nel prossimo ciclo vedremo i rendimenti reali spingersi ancora di più in territorio negativo, per mantenere sostenibile l’attuale onere del debito.

Sul piano regionale, l’investment grade europeo sconta circa il 75% di probabilità di recessione (per giustificate ragioni), un livello in cui ora ravvisiamo alcune opportunità. Come team, riteniamo che i rendimenti dei Bund possano scendere dagli attuali 160 pb a 50-75 pb nel corso del prossimo anno, il che rende appetibile l’investment grade Euro. Anche l’investment grade asiatico sembra promettente, considerato lo scenario di politica reflazionistica imminente e le valutazioni interessanti. Va sottolineato, tuttavia, che non siamo disposti ad accettare qualunque tipo di rischio. È possibile che gli spread creditizi inizino a scontare una recessione più profonda di quella attuale, ma dopo i recenti ribassi ci sono alcune aree che offrono opportunità.

Effetto Fed

L’espansione del bilancio della Fed è stata smisurata dall’esplosione del Covid, raddoppiando in due anni. È passata da 3.900 miliardi di dollari del marzo 2020, quando è iniziato il Covid, a 8.500 miliardi di dollari nel maggio 2022. In termini di PIL, si tratta di un aumento dal 18% al 35%, che fa sembrare irrisorie le precedenti espansioni dei bilanci.

Questo ha provocato un’impennata della massa monetaria di oltre il 25%, come quella registrata negli anni Settanta. Naturalmente, questo ha mantenuto bassi i tassi di rifinanziamento e i default, ma ha avuto molti effetti collaterali. Quando la Fed contrarrà il bilancio, non sarà come guardare l’erba crescere (come disse Lael Brainard del FOMC nel 2017: allora la Fed dovette interrompere la sua politica di contrazione del bilancio a causa del rapido peggioramento delle condizioni finanziarie). Questa volta, i piani di contrazione del bilancio della Fed sono ancora più aggressivi (si prevede una riduzione di 2.000 miliardi di dollari in due anni). Ciò causerà un enorme inasprimento delle condizioni finanziarie e danni incalcolabili ai mercati del credito. Al momento la Fed ha inserito il pilota automatico, puntando a deflussi di bilancio per 95 miliardi di dollari al mese entro fine anno. Crediamo che dovranno smettere prima, perché i danni collaterali sarebbero troppo grandi.


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