Aumento dello spread, rischi e conseguenze

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Commento a cura Marco Vailati, direttore centrale responsabile ricerca e investimenti di Cassa Lombarda.

Il tasso di rendimento di un titolo obbligazionario esprime, sostanzialmente, il prezzo richiesto dal creditore per l’affidamento del debitore e deve remunerare il capitale prestato coprendo il rischio di liquidità e solvibilità che si corre. Poiché lo spread è la variabile che si aggiunge al tasso di riferimento per esprimere il rendimento totale, lo stesso è preso come la misura della percezione del rischio che il mercato attribuisce all’emittente, considerato sulla base della crescita, dell’inflazione, della dimensione del debito, ecc.. Per questo, i rialzi dello spread non sono attacchi al paese ma, piuttosto, la conseguenza della valutazione che gli investitori hanno sull’emittente circa la sua affidabilità e capacità di rimborso.

Durante il weekend delle elezioni politiche italiane del 4 marzo, lo spread Btp-Bund era a 132 punti base (decennale tedesco 0.65% e italiano 1.97%), riflettendo una nostra minor crescita economica e un maggior rapporto debito/Pil. Le successive difficoltà di formazione del governo hanno creato crescenti preoccupazioni sul mercato per la stima degli impatti negativi sull’economia dello stallo conseguente, che avrebbe bloccato le riforme e determinato l’avvio automatico delle clausole di salvaguardia a ulteriore discapito della crescita già inferiore a quella dell’area euro.

Il 29 maggio lo spread ha toccato così il suo apice di periodo a 290 punti base per il rialzo del rendimento del Btp fino a 3.16% e il contemporaneo ribasso del rendimento del Bund a 0.26%, (diventato oggetto di acquisti come bene rifugio). La successiva formazione del governo ha contribuito a un parziale rientro da questi estremi. Si è trattato di una sorta di luna di miele, o credito sulla fiducia, che il mercato ha concesso al nuovo esecutivo vedendolo recedere, o quantomeno non enfatizzare, gli slogan elettorali propagandistici. Lo spread è sceso fino a un minimo di 212 punti base il 17 luglio.

Tuttavia, da metà luglio le cose sono cambiate. L’avvicinarsi di settembre, che è il mese dedicato alla redazione dell’aggiornamento del Documento di Economia e Finanza da presentare al Parlamento il 27 del mese, ha riportato in evidenza l’impossibilità di realizzare i programmi economici elettorali dei due partiti di governo rispettando i parametri di bilancio imposti dai regolamenti europei. I due partiti che formano la maggioranza hanno ripreso a sostenere le reciproche priorità economiche (flat tax e reddito di cittadinanza) anche a scapito della disciplina di bilancio sostenuta, invece, dagli esponenti tecnici della formazione di governo (deficit di bilancio in miglioramento rispetto al -2.3% del 2017 seguendo la traiettoria già tracciata, piuttosto che avvicinamento o addirittura sforamento della soglia del 3% per finanziare le maggiori spese). 

L’alternanza delle dichiarazioni ha allertato il mercato, che ha ripreso ad ampliare lo spread fino ai 273 punti base attuali. Questo però, come chiarito sopra, non è frutto di un attacco al paese da parte di investitori stranieri o di scelte miopi di investitori italiani. La richiesta di un rendimento offerto dai titoli italiani più che doppio dei corrispondenti spagnoli, più che quadruplo di quello dei francesi e quasi dieci volte quello dei tedeschi è conseguenza di calcoli finanziari precisi, per quanto soggettivi. Gli investitori stimano la solvibilità futura dell’emittente attribuendo diverse probabilità percentuali ai diversi scenari. Ne deriva, quindi, lo spread applicato sul rendimento ritenuto più “sicuro” offerto dal Bund per ottenere il rendimento richiesto per investire in Btp.

Lo spread corrente, circa doppio di quello di marzo, ma circa ancora la metà dei 553 basis point della crisi del 9 novembre 2011, riflette perciò solo parzialmente le ipotesi progressivamente più negative per i creditori di sforamento del 3% nel rapporto deficit/Pil, innalzamento del rapporto debito/Pil fino al catastrofico default.

Ciononostante, l’innalzamento ha già provocato alcune conseguenze. Stime fatte dall’Osservatorio conti pubblici dell’Università Cattolica di Milano creato da Cottarelli, hanno quantificato l’impatto di un incremento di 60 basis point dello spread in maggior spesa interessi per lo stato di circa 1,4 miliardi su base annua, considerando l’emissione di circa 400 miliardi. Ovviamente però i danni non si fermano qui. I maggiori oneri finanziari imporranno maggior disciplina per mantenere inalterati i saldi di bilancio, oppure il loro peggioramento potrebbe indurre ulteriore allargamento in un circolo vizioso.

Ma ci sono conseguenze anche indirette. L’innalzamento del rendimento dei titoli di stato induce, per pressione concorrenziale, analogo rialzo del rendimento delle obbligazioni societarie, che quindi devono spendere di più per finanziarsi. Questo trend al rialzo dei tassi rischia di essere addirittura amplificato dalla prossima fine del QE della Bce a dicembre, che sposterà l’equilibrio domanda/offerta di rendimento maggiormente verso l’alto a parità di ogni altro elemento. 

Impatto sul mercato azionario

L’incertezza sulle prossime mosse del governo in termini di politica economica e saldi di bilancio non impatta solamente sui tassi, ma anche sulle azioni. Tale incertezza è infatti disincentivante per gli investitori stranieri e rende probabile perciò una sottoperformance relativa della borsa di Milano rispetto a quella degli altri paesi sviluppati. A livello di settori, invece, il rialzo dei tassi normalmente favorisce le banche, per i maggiori margini del loro business tradizionale, e le assicurazioni per il minor valore attuale degli impegni futuri. Tuttavia, i grossi investimenti in titoli di stato causerebbero importanti perdite in conto capitale. Viceversa, i settori che tipicamente soffrono per l’aumento dei tassi sono quelli maggiormente legati al rendimento da dividendo, che subiscono una maggiore competizione dai titoli di stato, come le utilities e i telefonici, e in generale le società molto indebitate, che vedono crescere i costi di finanziamento. Quando il rialzo dei tassi è legato alla crescita economica i settori vincenti sono quelli ciclici, ma non è il caso del rialzo dello spread.