Verso la definitiva consacrazione degli investimenti SRI

Simone Rosti
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Commento a cura di Simone Rosti, responsabile UBS ETF sud Europa.

Gli investimenti SRI stanno conoscendo da diversi anni un forte trend positivo, in particolar modo sul mercato europeo: Global Sustainable Investment Review stimava che, complessivamente in Europa, gli asset gestiti con un approccio SRI a fine 2014 toccavano i 13.000 miliardi di dollari, quasi il doppio degli USA, “fermi” a 6.5000 miliardi. La crescente attenzione degli investitori, insieme alle sempre più numerose ricerche/analisi accademiche e di mercato che ne studiano l’andamento, stanno portando alla definitiva consacrazione di questo approccio agli investimenti.

Un ampio lavoro della Stockholm School of Economics ha smentito una volta per tutte le critiche a questo approccio, analizzando i risultati di ben 21 recenti studi sui rendimenti dei portafogli SRI, ritenuti fino a oggi sostanzialmente portatori di due svantaggi: una diminuzione delle opportunità di diversificazione e di investimento - che porta a rendimenti relativi bassi - e un aumento dei costi. Secondo la Stockholm School of Economics la realtà è ben diversa: gli investimenti SRI generano attualmente rendimenti leggermente superiori ad investimenti comparabili basati su criteri tradizionali.

Investimenti SRI ed ETF

L’investimento SRI è realizzabile anche attraverso gli ETF, anche se gli emittenti hanno solo di recente “scoperto” questo filone: i primi ETF SRI quotati in Europa, infatti, risalgono alla fine del 2011. Anche una ricerca di UBS ETF – leader in Europa nel campo degli ETF SRI - ha voluto prendere in esame gli svantaggi attribuiti abitualmente a un approccio SRI agli investimenti finanziari e analizzarli, mettendo a confronto ETF SRI ed ETF tradizionali. I risultati non si discostano da quanto già messo in evidenza da Stockholm School of Economics. In particolare UBS ETF ha analizzato l’efficacia di questa tipologia di strumenti in termini di rendimenti e di volatilità.

Per quanto riguarda i rendimenti, UBS ETF ha messo a confronto indici tradizionali e indici SRI sui principali universi d’investimento azionario (Europa, USA, UK, Giappone, Pacifico, Globale, Mercati Emergenti) e sull’asset class corporate bond americani. I rendimenti annualizzati degli indici SRI sono generalmente superiori a quelli degli indici market cap tradizionali, con la sola eccezione dell’azionario USA, seppur con uno scarto molto contenuto (0,2%).

Analizzando, poi, la volatilità, si evince come anche in un’ottica di rendimento aggiustato per il rischio, i plus di un investimento indicizzato SRI possano essere considerevoli. A riguardo, in particolare spicca la differenza sull’azionario dei Paesi Emergenti, dove l’indice SRI nell’arco temporale preso in considerazione (31.05.2011 – 21.03.2016) ha saputo ridurre considerevolmente le perdite (-1,29% versus -4,52%) e anche ridurre la volatilità (15,73% versus 16,3%) rispetto all’indice tradizionale.

In conclusione, ci sono tutti gli elementi per ritenere che gli investimenti SRI siano ormai avviati verso una definitiva consacrazione, che porterà a un’ulteriore crescita delle masse in gestione e a un ampliamento della platea di investitori interessati a questo approccio.

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