L’associazione europea indica i potenziali rischi sul settore dei corporate green bond collegati alle linee guida stabilite da ESMA sui nomi dei fondi ESG. Le criticità riguardano una incongruenza normativa, gli impatti sul mercato e gli ostacoli alla transizione energetica.
Allerta di Efama sugli Orientamenti ESMA in materia di nomi dei fondi ESG. L’associazione degli asset manager europei, in una nota diffusa ieri, ha sollevato alcune criticità sull’impatto delle linee guida dell’autorità di controllo sul settore dei corporate green bond. In particolare, segnalano da Efama “le nuove linee guida dell'ESMA sulla denominazione dei fondi creano incongruenze con altre normative sulla finanza sostenibile, come l'EU Green Bond Standard (…)”. Sono tre le implicazioni esplorate da Efama nella nota, e sono riferibili a una “incongruenza normativa”, agli impatti sul mercato e alle “implicazioni per la transizione energetica”.
Incongruenza normativa
Efama parla di “incongruenza normativa” e in particolare, “nella regolamentazione della finanza sostenibile, l'interpretazione generale è che il progetto finanziato debba essere il fulcro, non le attività più ampie della società emittente”, specifica Anyve Arakelijan, consulente per le politiche normative dell'Efama. “Ciò è particolarmente rilevante quando si tratta di finanziare la transizione energetica. Per garantire la coerenza tra le normative, questo principio dovrebbe essere applicato anche nelle linee guida sulla denominazione dei fondi”. Un esempio citato dall’associazione è appunto il Green Bond Standard UE (EU GBS) che non limita l'ammissibilità degli emittenti e, in particolare, “non esclude le società basate sugli standard dei benchmark Paris Alligned (PAB)”.
Tuttavia, le nuove regole di denominazione dei fondi escludono le società su questa base, indipendentemente dal progetto che finanziano con l'obbligazione. Ciò significa che un fondo obbligazionario che investe in obbligazioni verdi potrebbe dover cambiare nome se non vuole limitare l'ammissibilità degli emittenti di obbligazioni. In alternativa, tale fondo potrebbe mantenere il proprio nome e disinvestire da tutte le obbligazioni di emittenti che generano parte dei loro ricavi da attività escluse dal PAB.
Impatti sul mercato
Le restrizioni imposte dalle linee guida, secondo l’associazione europea, potrebbero limitare l'universo investibile dei fondi di green bond, in particolare gli investimenti in green bond societari. Negli ultimi cinque anni, gli emittenti societari non finanziari hanno rappresentato il 26-34% delle emissioni annuali nel mercato dei green bond. A questo si sommerebbe un potenziale disincentivo nell’investimento in obbligazioni compliant all’UE GBS con conseguente compromissione del futuro successo di quest’ultima iniziativa.
Transizione energetica
Il riferimento alla transizione energetica è diretta conseguenza delle prime due criticità sollevate dagli orientamenti ESMA. Efama ricorda come i maggiori emittenti societari siano le società di servizi, che svolgono un ruolo fondamentale nello sviluppo delle infrastrutture necessarie per un futuro sostenibile. Escluderle dai fondi che utilizzano termini sostenibili o ambientali nel loro nome potrebbe aumentare il loro costo del capitale, ostacolare progetti chiave e rallentare la transizione energetica. “I green bond consentono di raccogliere capitali e di investire in progetti con benefici ambientali. L'UE ha visto una crescita significativa del mercato dei green bond e lo scorso anno ha rappresentato quasi la metà dei green bond mondiali”, sottolinea Tanguy van de Werve, direttore generale dell'Efama. “Se l’Unione europea vuole rimanere competitiva in questo settore e facilitare il finanziamento di progetti verdi in Europa e altrove – conclude il direttore –, le autorità di regolamentazione e di vigilanza devono garantire che norme come le linee guida sulla denominazione dei fondi non ostacolino questo mercato o aumentino inutilmente la complessità normativa per gli investitori finali”.