Il mercato globale del credito continua a essere supportato dalla politica monetaria. Quali i movimenti sottotraccia da monitorare nella view di Mark Nash, head of Fixed Income di Merian Global Investors.
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“Siamo positivi sul medio e lungo periodo poiché crediamo che le Banche Centrali abbiano realizzato che l’economia globale non è in una situazione semplice. Oltre al ritorno della Federal Reserve a un posizionamento fortemente dovish, è chiara la decisione della Banca Centrale Europea di rimanere agli attuali livelli di supporto. Anche altri fattori di incertezza stanno evolvendo in modo positivo, tra cui la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina che a nostro avviso terminerà con un accordo volto a fermare gli effetti negativi per entrambe le economie”.
La view di Mark Nash, head of fixed income di Merian Global Investors, parte dalla definizione del quadro di riferimento chiarificato dai primi mesi dell’anno, periodo in cui l’aggiustamento rispetto alla fase di turbolenza dell’ultimo trimestre del 2018 ha contribuito al ritorno di un sentiment positivo da parte degli investitori. Un atteggiamento condivisibile secondo Nash ma che necessita di un’attenta valutazione di alcuni aspetti di criticità che rischiano di essere trascurati a fronte di un acritico ottimismo conseguente dall’aver eliminato dall’orizzonte di breve periodo il rischio recessione.
“Ci aspettavamo il cambio di regime da parte della Fed a dicembre”, chiarisce l’head of fixed income di Merian Global Investors, “poiché stava causando dolori non necessari. Non c’era nel mercato statunitense una reale necessità di ulteriori rialzi in quel momento e la fase precedente alla u-turn da parte di Powell è stata per noi l’occasione per aggiungere rischio all’interno del portafoglio, in particolare sui mercati emergenti. Dopo un aggiustamento al rialzo durato 7-8 settimane abbiamo ridimensionato il rischio in portafoglio. Questo non significa che non siamo positivi sul 2019 nel complesso ma semplicemente che nel breve termine vediamo come possibili nuovi episodi di volatilità”.
Il quadro in miglioramento è stato confermato dalla ripresa nei dati macroeconomici che avevano destato più preoccupazione alla fine del 2018. I PMI in Europa, in particolare, mostrano una dinamica positiva. Resta, però, secondo Nash, un nodo fondamentale legato agli Stati Uniti che non permette di allentare la tensione globale. “La Fed”, afferma, “non ha ancora fatto abbastanza. Non è, infatti, sufficiente fermare il cammino di rialzo dei tassi, soprattutto se contemporaneamente prosegue la politica di taglio del bilancio. Il problema per l’economia statunitense, un grande problema, è che l’enorme e costante emissione di Treasuries è destinata ad influire sul costo di finanziamento non solo negli Stati Uniti ma globalmente, con effetti negativi sull’intero scenario internazionale”. Se combiniamo questo elemento con lo stato e dimensione del mercato del credito americano, possiamo avere un’idea di quale effetto dirompente potrebbe avere una crisi in quel comparto. Il fattore salvifico in questo quadro, sostiene Nash, è la dimostrazione fornita dalla Fed nei fatti di avere la volontà di agire nel modo più deciso possibile a supporto del mercato del credito statunitense.
Il più importante elemento individuato dall’head of fixed income di Merian Global Investors relativamente al mercato statunitense e globale nel breve e medio termine è costituito dalla certezza circa un futuro deprezzamento del dollaro. “Nelle attuali condizioni economiche degli Stati Uniti, con crescita in rallentamento e mercato del credito disfunzionale, la necessità di una valuta meno forte è vitale. Non dobbiamo chiederci se accadrà, ma quando e in base a quale evento scatenante”. Tre sono, secondo Nash, i modi in cui tale deprezzamento può determinarsi. Il primo è un nuovo episodio di volatilità con conseguente intervento massiccio della Fed in ottica di taglio dei tassi. La seconda modalità è legata ad una ripresa cinese oltre le attese, in grado di trascinare la crescita globale con effetti anche valutari e, infine, un accordo valutario tra Cina e Stati Uniti in merito al rapporto tra renminbi e dollaro a latere delle discussioni sulla guerra commerciale.