Petrolio, a questi livelli vale la pena scommettere?

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foto: autor olle svensson, Flickr, creative commons

Nella giornata di ieri il petrolio ha recuperato sui mercati ma nei giorni scorsi era sceso a 80 dollari con un ribasso di oltre il 20% dal mese di giugno, spinto dalla crescita della produzione interna USA. Del resto, quella scorsa è stata una settimana complicata per i mercati finanziari, colpiti da un’ondata di volatilità che ha messo a dura prova i nervi degli investitori. Nonostante i dati macro USA confermino un andamento economico positivo, bene i dati sulla produzione industriale e sui sussidi ai lavoratori, le tensioni sembrano scontare la fine della politica monetaria espansiva a fronte di una economia ancora incapace di dimostrare solidità, soprattutto al di fuori degli USA.

L’attacco agli spread dei governativi dell’area euro, con un catastrofico risultato su tutto il comparto bancario periferico, ha azzerato le performance positive da inizio anno di quasi tutti gli indici azionari. La speculazione, sulle voci di una situazione economica ancora più incerta, ha anche colpito le materie prime, il petrolio e fatto riguadagnare posizioni al dollaro US. Molti gestori si dicono convinti che la ‘scossa’ sia servita a riallineare le attese macro con i fondamentali dei mercati e che la fase di correzione possa in qualche misura essere utile per chi crede che la ripresa economica possa continuare anche nel 2015.

“La sorpresa maggiore degli investitori, che da tempo hanno abbandonato l’attenzione sulle commodity, è stato il pesante calo dei prezzi del petrolio in una situazione geopolitica inficiata sia dal problema mediorientale che dalle minacce russe di una riduzione delle forniture energetiche all’Europa per il prossimo inverno. L’accordo 'teorizzato' secondi cui dopo la grande crisi finanziaria del 2008/09 i maggiori produttori avrebbero regolato i flussi di offerta per stabilizzare i prezzi intorno ai 100 US$b è sembrato dissolversi in pochi mesi con il Futures Crude Oil WTI sceso sotto gli 80 US$B”, commenta Corrado Caironi, investment strategist di R&CA. Gli analisti si sono subito prodigati ad aggiornare le previsioni sul 2015 portandole a un prezzo medio di 90 US$b; le ragioni addotte al calo delle stime si sono circoscritte al rafforzamento del US$, l’incertezza economica, il peggioramento geopolitico e l’Ebola.

Sicuramente ragioni valide, ma che non lasciano trasparire il vero tema dell’eccesso di offerta con la ripresa delle esportazioni libiche e il crollo delle importazioni USA con le attese dell’oleodotto Pony Express e un atteso aumento delle scorte. Le stime 2015 vedono in calo anche il prezzo del gas naturale da 4,40 US$ MMBtu a 3,90 $. Conclude l’esperto: “il movimento di ribasso potrebbe essere stato amplificato dal mercato finanziario, mentre i mercati petroliferi ‘fisici’ si stanno comunque rafforzando. Se negli USA il riequilibrio del petrolio WTI passerà attraverso una nuova dinamica di domanda e offerta, i prezzi del Brent potrebbero invece trovare un nuovo equilibrio dai tagli dell’Opec. Inoltre, alle attuali quantità di produzione, il budget di bilancio del governo saudita si muoverebbe in disavanzo a prezzi sotto gli 85 $b, suggerendo un forte sostegno a questo livello. Dal punto di vista economico, il calo del prezzo del petrolio contribuirà a un aumento della domanda; a questo proposito alcuni gestori europei sono recentemente tornati positivi sui titoli ciclici con riferimento a valutazioni relative interessanti e a revisioni al ribasso degli utili ritenute particolarmente severe”.