Petrolio, un aumento della produzione di shale per colmare il gap di offerta

SarahTz, Flickr, Creative Commons
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A marzo il prezzo del petrolio è sceso a 48 dollari al barile (al 24 marzo), rispetto ai 54 dollari di inizio mese, perdendo circa il 12,5%. Gli esperti di M&G hanno osservato che, a differenza dell’inizio del 2016 dove la correlazione tra petrolio e titoli finanziari era salita a livelli massimi, la scorsa settimana ha segnato una rottura rispetto alle recenti dinamiche, con l’azionario mondiale generalmente piatto e una correzione sui Treasury USA. Anche il rapporto con il mercato obbligazionario è cambiato: dopo aver segnato un rimbalzo in ogni occasione di forte deprezzamento del petrolio, la settimana scorsa i Treasury hanno subito un’ondata di vendite.

Secondo Roberto Cominotto, responsabile per l’azionario settore Energia di GAM, il calo del prezzo del petrolio nelle prime 3 settimane di marzo è attribuibile ad una ripresa della produzione di petrolio di scisto americano più rapida del previsto e da un incremento delle scorte statunitensi tra gennaio e febbraio. Lo scisto americano continua a suscitare l’interesse degli investitori nonostante rappresenti solo il 5% della produzione mondiale di petrolio e molte dinamiche che riguardano il restante 95% della produzione restano nascoste. Infatti, la diminuzione nelle scorte registrata dall’Ocse dall’inizio del secondo trimestre del 2016 è passata decisamente inosservata.

L’esperto afferma che “negli ultimi sei mesi abbiamo dipinto uno scenario di mercato stretto per il 2017 e oltre. Tale prospettiva ha trovato conferma recentemente, quando l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) ha evidenziato che una dose insufficiente di investimenti ha generato crescenti rischi per l’offerta mondiale di petrolio”. L’AIE ha messo in guardia sul fatto che gli investimenti globali nelle esplorazioni di petrolio e gas dovranno crescere nei prossimi anni dagli attuali 450 fino a 700 miliardi di dollari affinché l’offerta sia in grado di raggiungere il punto di equilibrio con la domanda. Anche nello scenario irrealistico in cui gli investimenti globali dovessero raggiungere il livello richiesto di 700 miliardi di dollari nel corso del 2017, ci vorrebbero comunque tra i 3 e i 5 anni prima che tutto ciò si trasformi in un incremento della produzione.

I produttori, ad eccezione di quelli nordamericani, non hanno molto interesse nel procedere ad un ritmo più rapido. La spesa globale in petrolio rimarrà probabilmente invariata nel corso del 2017, in quanto le società più importanti del settore sono concentrate sulle operazioni di riduzione dei costi, nel finanziamento dei propri dividendi e nel pagamento del debito. Questo potrebbe danneggiare ulteriormente la capacità di offerta a livello globale.

Considerate le dinamiche a livello globale, per colmare il crescente gap in termini di offerta è necessario un incremento nella produzione di petrolio di scisto. In ogni caso, questo si verificherà solo qualora il prezzo del petrolio toccherà un livello più alto, soprattutto in considerazione del fatto che i costi dello shale americano stanno mostrando una tendenza al rialzo. Un rapido pareggio delle scorte di petrolio andrà a supportare i prezzi del greggio e le azioni del settore energetico nei prossimi mesi. L’esperto prevede un aumento del prezzo del petrolio fino ai 60 dollari al barile nel 2017: non si tratta di un incremento significativo ma è comunque sufficiente a supportare una ripresa sostenuta dei titoli del settore energetico, soprattutto quando il mercato globale del petrolio entrerà in una condizione di carenza di offerta.