Pioneer-Amundi, cosa bolle in pentola

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Alexandre Guirkinger, Amundi. Foto ceduta

Dopo mesi di attese, proposte e rumors, lo scorso dicembre Amundi annunciava l’acquisizione di Pioneer Investments per 3,5 miliardi di euro con un obiettivo di triplice natura. In primo luogo, la volontà da parte dell'asset manager francese di rafforzare la propria leadership nei principali mercati europei; incrementare il suo ruolo centrale nelle reti di distribuzione retail e, infine, far crescere la propria base di clienti istituzionali. Si tratta tuttavia di un’operazione che, secondo Yves Perrier, ad di Amundi (in foto), non si perfilerà come un’acquisizione. “L’integrazione con Pioneer Investments non sarà da intendersi come un’acquisizione, bensì come una fusione. E per farlo abbiamo creato un comitato direttivo a posta che controllerà l’operazione”, rivela al Financial Times il numero uno di Amundi che non cela l’entusiasmo quando afferma: “Sono soddisfatto, le cose stanno andando un po’ più veloci di quanto mi aspettassi”.

Perrier tiene a precisare che il comitato sarà copresieduto, oltre che da lui, anche da Giordano Lombardo, ad e Chief Investment Officer di Pioneer Investments, e “sarà composto da personale di Amundi e Pioneer, che è il punto chiave. Le decisioni che prenderemo seguiranno criteri di efficacienza ed equità”, afferma Perrier. Il capo di Amundi fa sapere, inoltre, che la settimana scorsa si è riunito con 100 gestori di Amundi e Pioneer Investments, e durante l’incontro ha testualmente detto loro: “Non siete sinergie ma attivi per la società”. Effettivamente, una delle principali preoccupazioni derivanti dall’operazione riguardava il riassetto interno della società che a dicembre aveva annunciato un risparmio nei costi di 180 milioni tra funzioni amministrative, back office e IT. “Alcuni giornali hanno detto che l’accordo porterà a un bagno di sangue per il personale, a una carneficina”, continua Perrier, “ma non sarà così”.

Si parla di 450 posti di lavoro che verranno sacrificati su un pool totale di 5.000 unità. “L’anno scorso il turnover di tutto il personale è stato di 175 posti. Se lo si moltiplica per due sono 300 persone. Questo vuol dire che i due terzi dei tagli verranno proprio dalla rotazione del personale”. Perrier, non nuovo alle fusioni, assicura “So come fare. E non abbiamo bisogno di un grande piano societario per portare avanti l’operazione”. 

Agli asset rappresentati dal capitale umano derivante dalla fusione di Amundi e Pioneer bisogna aggiungere che il volume patrimoniale risultante farà lievitare gli asset di Amundi a 1,3 miliardi di euro, rendendola l’ottava società di gestione più grande al mondo per dimensioni. “Alcuni giornalisti o investitori dicono che Amundi sia la BlackRock europea ma non lo siamo. Loro hanno masse gestite di 5 trilioni di dollari, le nostre sono pari a 1 trilione. E se si considera che il mercato americano rappresenta il 50 per cento delle attività globali e che noi abbiamo solo una piccola presenza nel mercato statunitense, è abbastanza chiaro che non saremo mai il numero uno al mondo. Ma, francamente, non è un problema. Quello che fa Amundi è il mio lavoro, quello che fa BlackRock è il loro”, conclude Perrier.