Portafogli sotto la lente della sostenibilità

Lente ESG
Lente ESG

Il numero e le varietà di prodotti presentati come sostenibili sono aumentati rapidamente negli ultimi anni. In questo momento storico l'SRI sta guadagnando terreno e l'uso dei criteri ESG nella creazione di portafogli si sta normalizzando.  Se è vero che l'integrazione di forme di finanza sostenibile rappresenta uno sviluppo positivo per il mondo della finanza, è vero anche che le terminologie e le pratiche associate agli investimenti ESG variano considerevolmente da società a società, oltre che da prodotto a prodotto. Uno dei motivi è che gli investimenti sostenibili si sono evoluti grazie alla spinta di una domanda sempre più ‘green’ da parte di tutto l'ecosistema finanziario, che punta a un migliore valore nel lungo termine. 

In generale tra gli investimenti SRI, l’approccio best in class è sempre più diffuso. Per fare un esempio in Europa dal 2015 al 2017 i patrimoni investiti in fondi SRI che usano il criterio ‘best in class’ sono aumentati in media del 9% all’anno, sfiorando i 600 miliardi di euro1. Ma non è l’unico modo per integrare i fattori ESG all’iterno dei portafogli. Come fare un corretto screening e selezionare i migliori titoli Esg? Lo abbiamo chiesto ai partecipanti della seconda tavola rotonda del progetto Insights ESG.

1 Fonte: Secondo rapporto ‘La finanza etica e sostenibile in Europa’, Fondazione Finanza Etica

GUARDARE OLTRE NEL PERCORSO VERSO LA SOSTENIBILITÀ

Angelo Natale Federated Hermes
Angelo Natale

“Nel corso degli anni abbiamo visto che non esiste un 'one size fit all' per quanto riguarda gli investimenti ESG” e lo screening “avviene in diversi modi, in base anche alla propria filosofia, al proprio approccio e alla propria strategia”, esordisce Angelo Natale, Director Distribution Italy di Federated Hermes. “La nostra filosofia è che l'impatto più grande si possa ottenere riuscendo a guidare le società nel percorso di transizione, supportandole nel seguire una migliore best in class nelle loro attività e tramite un certo tipo di insegnamento”, aggiunge Natale, ricordando che i rating ESG “sono opinioni educated sulle società e quindi non necessariamente forniscono un indicatore di performance definitivo. Ogni ESG rating può avere la propria metodologia, può quantificare le società ponendo pesi diversi su differenti fattori, e questo spesso porta anche a una certa bassa correlazione tra i vari rating attraverso i diversi provider”. 

Le valutazioni ESG possono effettivamente variare in modo significativo a seconda del provider scelto per lo screening, che può utilizzare diverse metriche, dati, giudizi qualitativi e ponderazione delle sottocategorie. “Per noi l'engagement è una parte fondamentale per poter completare il lavoro di valutazione delle società rispetto allo standing ESG. Questo permette di avere una certa prospettiva che guarda avanti e capire dove la società stia andando rispetto ai vari percorsi di sostenibilità”, chiarisce Natale per cui è “difficile cercare di definire con un solo rating la qualità di quella società. Si tratta, quindi, di un lavoro olistico per arrivare a una valutazione, considerando tutti i dati disponibili”.

PROMUOVERE COMPORTAMENTI VIRTUOSI TRA LE SOCIETÀ

Tommaso De Giuseppe BlueBay
Tommaso De Giuseppe

La mancanza di comparabilità a livello universale delle metriche ESG rende quindi spesso difficile per gli investitori tracciare la linea di demarcazione tra le diverse pratiche di sostenibilità. Tuttavia reportistica e rating ESG hanno la capacità di sbloccare una quantità significativa di informazioni utili sulla capacità di gestire il rischio legato alla sostenibilità da parte delle aziende e in questo senso l’approccio best in class, che seleziona le imprese capaci di ottenere i migliori punteggi in termini ESG all’interno del proprio comparto economico, presenta diversi vantaggi. “Si tratta di una modalità di analisi e monitoraggio che non si limita semplicemente a escludere settori controversi, come quello della produzione di armi, tabacco, carbone termico e altro, e che quindi costituisce sicuramente un’evoluzione positiva degli ultimi anni”, chiarisce Tommaso De Giuseppe, Partner e Head of Sales Italy di BlueBay Asset Management

“Promuove anche comportamenti virtuosi tra le aziende: esistono indici che tengono conto dei rating ESG basati sulle caratteristiche di sostenibilità degli emittenti e che comportano un meccanismo di ingresso e uscita delle aziende coerentemente con le loro perfomance ESG”, sottolinea De Giuseppe. Per il manager “si crea così una vera e propria competizione per farne parte, e attraverso questa strada si promuovono comportamenti virtuosi. Sia che utilizzi informazioni e dati esterni, come i rating MSCI, sia che si basi su analisi proprietarie interne più qualitative, l’approccio best in class tende forse a rischiare di concentrare i portafogli su aziende ed emittenti di maggiori dimensioni, che dispongono di più risorse da destinare agli aspetti ESG e alla reportistica sulla sostenibilità”.

Secondo De Giuseppe “questo tipo di approccio può essere quindi più impegnativo per classi di attivo come il mondo high yield o l’universo dei Paesi emergenti azionario e obbligazionario”. “Quello che conta, in sintesi, non è la fotografia scattata in un certo momento, ma la traiettoria di miglioramento: anche dal punto di vista della valutazione ESG, bisogna considerare il percorso di peggioramento o miglioramento intrapreso da un’azienda per affrontare queste tematiche. È soprattutto su questo punto che si focalizza l’attenzione di SGR e investitori istituzionali”, conclude De Giuseppe.

CONFRONTARE LE AZIENDE SECONDO I PROPRI VALORI

Frank Di Crocco Invesco ok
Frank di Crocco

“In un comparto selezionato attraverso un approccio best in class i titoli disponibili sono tra i ‘best performer’ in termini ESG e quindi sono spesso anche società all’avanguardia da diversi punti di vista, tra cui l’innovazione tecnologica. Lo screening negativo esiste da molto tempo, e quando si tratta di ESG è relativamente facile da applicare”, ricorda Frank di Crocco, Head of Banks and Wealth Management di Invesco. “Si può notare spesso una visione comune su quali emittenti sono realmente in ritardo sui temi connessi a E, S o G. Tuttavia, è evidente l’assenza di una visione comune da parte delle agenzie di rating ESG quando si tratta di quali emittenti siano più virtuosi. Le cause principali di questa mancata visione comune sono la divergenza di misurazione, la divergenza di scope e, in misura minore, la divergenza di ponderazione”, evidenzia il manager.

In questo senso è fondamentale confrontare sempre aziende della stessa categoria, perché una valutazione ESG di 7 su 10 può essere un ottimo risultato in un certo settore, ma pessimo in un altro. Secondo di Crocco “quando si guarda all’approccio best in class è necessario prendere in considerazione molteplici fattori, ma soprattutto porsi una semplice ma allo stesso tempo complessa domanda: si selezionano solo gli emittenti che sono al momento best in class (che potrebbe essere un universo molto piccolo), o si tiene conto dello slancio e dell'ambizione per riconoscere e sostenere anche gli emittenti che sono sulla giusta strada? ESG è un panorama molto complesso e disomogeneo e dovremmo considerare che l'ambizione ora è quella di transitare verso una economia più sostenibile. Non si vuole penalizzare le buone aziende, ma si sta cercando di migliorare il loro valore a lungo termine. In questo senso, il best in class deve essere determinato in modo che sia ambizioso, ma allo stesso tempo realistico”.

ESG, PERFETTA SINTESI TRA RATING ESTERNI E PROPRIETARI

Matthieu David CANDRIAM
Matthieu David

“Non credo che l’approccio best in class sia ancora così diffuso come pratica effettiva di selezione e costruzione dei portafogli con integrazione di criteri ESG, proprio perché si tratta di una metodologia non semplice da costruire”, spiega invece Matthieu David, head of Italian Branch and Global head of Financial Institutions & Partnerships di Candriam. “Considerando l’approccio di CANDRIAM direi che la prima cosa che conta è da un lato l'esperienza, dall’altro il tempo, ovvero per quanto tempo è stato possibile testare e consolidare una propria metodologia. L'esperienza e il tempo sono due fattori estremamente importanti. In CANDRIAM abbiamo un team di analisti molto grande, una quindicina di persone, un team di dipendenti focalizzato solo sull'analisi delle società, organizzato secondo l'acronimo ESG: c'è un team che si occupa di environment (E), uno che si occupa più di aspetti sociali (S) e un terzo team di governance (G) e conduzione delle società in generale”, prosegue il manager. 

David ricorda che “questo gruppo lavora a stretto contatto con il team di gestione per garantire l’integrazione nei processi di investimento. Utilizziamo un modello misto e ci basiamo sulla nostra ricerca interna, che è tanta, però ci serviamo anche dei dati esterni e cerchiamo di trovare una sintesi, da cui risulta il cosiddetto framework di materialità proprietaria. Cerchiamo quindi di individuare i criteri che vogliamo seguire prioritariamente e li verifichiamo poi con le aziende, guardando anche ai loro stakeholder e a come le aziende interagiscono con loro (fornitori, clienti, investitori). Infine, controlliamo che questo framework sia allineato con le indicazioni più macro che vengono dalle Nazioni Unite, nell'ambito dell'Agenda 2030 SDG, degli obiettivi dell'Accordo di Parigi e della tassonomia dell'UE: i tre pilastri a livello regolamentare che stanno veramente disegnando il quadro a livello globale”. Un approccio che integra quindi gli standard internazionali di sostenibilità. 

VALUTARE LE QUESTIONI RILEVANTI PER IL SUCCESSO A LUNGO TERMINE

Jessica Ground Global Head of ESG di Capital Group
Jessica Ground

Un approccio mirato anche per Capital Group, come spiega Jessica Ground, global head of ESG della società: “Non operiamo con un approccio best-in-class in termini di screening positivo, ma piuttosto il nostro approccio ESG si concentra sull’identificazione delle questioni che sono più rilevanti per il successo a lungo termine e la sostenibilità delle aziende. In altre parole, ci concentriamo sulle questioni ESG che hanno un impatto diretto sui risultati e sulle valutazioni”. Ground sottolinea che nel 2020, “i nostri analisti d’investimento hanno creato più di 30 strutture d’investimento ESG specifici per settore che catturano le questioni che riteniamo rilevanti per ogni settore, ci aiutano a capire come tali questioni influenzano finanziariamente le aziende e ci permettono di misurare e integrare tali intuizioni nel nostro processo d’investimento”. 

Nello specifico “la nostra integrazione ESG è incentrata su tre componenti: strutture d’investimento, monitoraggio, engagement e proxy voting. Nel nostro processo di valutazione, gli analisti identificano dati quantificabili di terzi, che vengono incorporati nei nostri processi d’investimento In queste strutture stiamo cercando di misurare e valutare i rischi e le opportunità che non sono pienamente catturati dalle tradizionali metriche finanziarie. Questi temi includono tendenze secolari a lungo termine, come la transizione energetica e la disuguaglianza”.