Prezzo del petrolio, chi vince e chi perde

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foto: autor Terence Wright, Flickr, creative commons

A questo punto, conviene crederci davvero. Il prezzo del petrolio ha preso una parabola discendente. A decretarne la veridicità è stata la riunione dell'Opec del 26 novembre a Vienna. Tanto che il calo del 40% da giugno a fine novembre ha portato gli analisti a rivedere gli scenari 2015. Ma per gli investitori si aprono delle opportunità. Per i mercati azionari, per esempio, un Brent sotto quota 70 dollari al barile è positivo. “In generale il calo della quotazione del greggio è positiva per la crescita economica globale e più in dettaglio porta a un incremento dei margini reddituali, riducendo alcuni costi inerenti alla produzione e ai trasporti”, fanno sapere gli analisti. Nelle sette fasi (dal 1970 a oggi) in cui il prezzo è crollato del 30% e oltre in meno di un semestre, i principali indicatori, come l'indice USA dell'industria (USA Ism manufacturing) hanno messo a segno nella maggior parte dei casi un rialzo nei 12 mesi successivi. Inoltre, anche se con maggiore evidenza per le società USA, un cambiamento di prospettiva si riflette sulle quotazioni borsistiche: le azioni americane, considerando le stesse sette fasi di ribasso del greggio, sono salite in media del 18% nell’anno successivo e quelle europee del 12%.

Certo le differenze tra i diversi settori sono ampie. I ciclici (come i consumi, i trasporti e il turismo) ne traggono i maggiori benefici e altri sono penalizzati, con al primo posto i gruppi petroliferi integrati. Aldilà della complessità dello scenario generale, a chi vuole scommettere sulla debolezza del Brent, c’è chi consiglia un basket composto da 13 azioni europee, che in passato hanno registrato una performance migliore del benchmark quando il petrolio è sceso e hanno fatto il contrario quando è salito. In questo gruppo rientrano colossi farmaceutici (come Roche), linee aeree (Ryanair e Easyjet), società di distribuzione (Ahold ) e multinazionali dei beni di consumo (Unilever). Allargando lo sguardo ai mercati esteri, il paese che soffre di più è la Russia, mentre fra i mercati emergenti la Corea del Sud trae vantaggi, poiché il greggio incide per il 30% sulle importazioni totali. Tra i settori vanno invece privilegiati, secondo Viktor Nossek, responsabile ricerca di WisdomTree Europe, “i consumi emergenti in India, Brasile e Sud-est asiatico. Il beneficio sarà guidato dall’attenuarsi dei loro deficit, poiché questi paesi sono grandi importatori di energia e sono dipendenti dalle sovvenzioni statali per assorbire una fetta significativa dei costi di importazione”.

Oltre agli USA, tra i paesi sviluppati il Giappone si distingue come principale beneficiario della caduta del Brent, dal momento che la svalutazione dello yen ha fatto alzare i costi d'importazione di energia in modo significativo, che adesso possono scendere, liberando risorse per i consumi. In particolare Nossek sottolinea che “gli investitori che cercano di sfruttare i cambiamenti di prezzo possono utilizzare ETP leveraged (ETP a leva) con esposizione long (rialzista), che tracciano il Giappone e i settori azionari con un forte orientamento al consumo in Asia, USA e Europa”. Gli ETF, lo strumento più facilmente utilizzabile dai risparmiatori per puntare sul petrolio, hanno accusato forti ribassi nel mese di novembre, con esclusione dei prodotti short (ribassisti), che al contrario sono riusciti a mettere a segno performance mensili fino al 48%, come nel caso di Boost Wti Oil 3x short daily.