Prezzo dell'oro, tra inflazione record e rialzo del dollaro statunitense

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Jingming Pan, foto concessa (Unsplash)

Alla fine di marzo, l'oro ha raggiunto un picco di 2050 dollari l'oncia, un livello tecnico chiave che, corretto per l'inflazione, è stato raggiunto quattro volte negli ultimi quarant'anni. Ritornando più a ridosso con i dati attuali, a settembre, l'oro ha avuto un mese volatile, è sceso da livelli di circa 1.700 dollari a minimi di circa 1.600 dollari, per poi risalire a 1.700 dollari.

Il rally del metallo prezioso ha seguito due eventi secondo l'analisi di Peter Kinsella, Global head of Forex Strategy di Union Bancaire Privée. In primo luogo, "la Banca d'Inghilterra (BoE) costretta a intervenire sul mercato dei gilt del Regno Unito e ad acquistare obbligazioni e i mercati lo hanno erroneamente interpretato come un riavvio del programma di QE, provocando un coincidente aumento dei prezzi dell'oro".

In secondo luogo, secondo l'esperto "i rendimenti dei TIPS statunitensi (che utilizziamo come proxy dei rendimenti reali USA) sono diminuiti di quasi 30 punti base verso la fine del mese. È questo il fattore determinante e che spiega il rimbalzo dell'oro da quota 1.600 dollari" prosegue. Seguendo l'opinione di Kinsella, se i rendimenti reali statunitensi hanno effettivamente raggiunto il massimo - e ci sono prove sempre più evidenti che sia così - "allora è logico che l'oro abbia probabilmente visto i minimi di questo ciclo, a meno che non si verifichi un grave calo del mercato azionario".

L'evento più rischioso al quale guarda l'esperto è la pubblicazione di oggi, dei dati di settembre dell'indice dei prezzi al consumo americani. "La misura chiave sarà il risultato dell'indice Cpi core statunitense. Se i dati saranno in linea o leggermente inferiori alle aspettative, è probabile che i prezzi dell'oro salgano. La vera azione si vedrà probabilmente sul mercato valutario con il dollaro USA, ma almeno per il momento sembra che l'oro abbia raggiunto il minimo nell'attuale ciclo" commenta.

I maggiori venti contrari che spirano contro l'oro sono l’andamento del dollaro statunitense e del mercato obbligazionario, mentre è sostenuto da una forte inflazione. Nitesh Shah, head of Commodities & Macroeconomic Research, Europe di WisdomTree "Nel nostro scenario di base, ci aspettiamo che il rialzo del biglietto verde e dei rendimenti obbligazionari rallenti (ma che, comunque, continui a salire). Nel frattempo, l’inflazione superiore all’obiettivo della Fed supporterà l’oro e il sentiment degli investitori nei confronti del metallo prezioso potrebbe non scendere ulteriormente. Ciò potrebbe trainare un apprezzamento significativo dell’oro che toccherebbe quota 1910USD l’oncia entro il Q3 2023".

Fonte: WisdomTree Model Forecasts, Bloomberg Historical Data, dati disponibili al 31 agosto 2022.

Il momento migliore per acquistare oro

Ned Naylor-Leyland, head of Strategy, Gold and Silver di Jupiter AM, si chiede dunque quale sia il momento migliore per acquistare oro. "La storia mostra che il momento migliore per comprare oro è quando le banche centrali sono sul punto di una svolta accomodante dopo un periodo di politica da falco". L'esperto ribadisce che il risultato principale da cui trarre insegnamento è che il motore chiave dei prezzi dell'oro in tutte le valute è il linguaggio usato dai banchieri centrali e la loro posizione politica, che segnala al mercato obbligazionario un allentamento o un inasprimento. Dunque, una svolta accomodante della Fed sposterebbe la direzione dei tassi reali del dollaro USA dal rialzo al ribasso e l'oro tornerebbe probabilmente a salire verso il picco di 2050 dollari toccato a marzo e di cui si parlava prima. "Lo stesso livello è stato toccato nel 1980, nel 2011 e nel 2020 su base corretta per l'inflazione. Dato che il tempo necessario per raggiungere il picco ogni volta si è ridotto nel corso degli anni e che siamo relativamente vicini a quel livello con il prezzo del picco del falco, l'oro potrebbe sorprendere il mercato ed essere pronto a raggiungere nuovi massimi nei prossimi mesi" spiega Naylor-Leyland.

L'esperto conclude spiegando che ciò potrebbe rafforzare la preferenza del mercato "per uno strumento duro e apolitico come l'oro rispetto alla moneta emessa dai governi e potrebbe avere ampie implicazioni per tutti i prezzi degli asset, non solo per i risultati delle azioni minerarie aurifere e argentifere".