Private banking un business tutto italiano

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Il private banking è in fermento. Negli ultimi tempi abbiamo assistito ad una serie di fusioni, acquisizioni e concentrazioni di masse che in pochi mesi le classifiche sono state rivoluzionate (e forse la tabella che vedrete alla fine di questo articolo pecca di qualche news). C’è chi come Indosuez Wealth Management ha rilevato Banca Leonardo, confermando l’interesse espresso in passato dai vertici della controllante Crédit Agricole per il mercato italiano. Chi, come UBS, ha appena aperto una sede di private banking a Milano (pochi mesi prima era sbarcata in Italia un'altra private bank svizzera, Valeur Investments) e chi come Banca Generali ha fatto sapere già da tempo di voler offrire un modello sempre più ‘banca private’. Non a caso, negli ultimi cinque anni (2013-2017) il wealth management è stato in Europa occidentale uno dei segmenti più interessanti del settore bancario. Con un rendimento del capitale netto del 13% i profitti hanno raggiunto i 15 miliardi di euro, secondo i dati dell’ultimo rapporto sul private banking europeo 2017 di McKinsey. La crescita organica è stata forte, poiché gli asset finanziari personali dei privati con patrimoni sopra il milione di euro sono cresciuti del 3,3% all'anno. Inoltre, le masse in gestione hanno registrato un progresso medio annuo del 5,7%, guidato quasi esclusivamente dall'aumento dei patrimoni e dall'effetto performance, legato al buon andamento dei mercati finanziari. 

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Un business tricolore

E in Italia? È un mercato sano, di dimensione ragguardevole e in crescita: si tratta infatti del quarto mercato più ampio dell’Europa occidentale con circa 4.400 miliardi di euro in attività finanziarie. Secondo i dati più recenti (al 30 marzo 2018) forniti dall’Associazione Italiana Private Banking (AIPB), il mercato italiano, con masse gestite che toccano la soglia degli 800 miliardi, continua ad essere grande e florido, nonostante una lieve riduzione delle masse nel primo trimestre del 2018 rispetto alla fine del 2017. La variazione negativa dell’1% è dovuta in gran parte all’effetto negativo dei mercati. “Il mercato in Italia è ampio e il private banking è in costante crescita da molti anni: i dati dimostrano che si posiziona come modello di successo, arrivando a gestire una parte importante del suo mercato potenziale”, precisa Antonella Massari, segretario generale AIPB. “Credo si possa definire questo progresso dell’industria come ‘qualitativo’, poiché crescono gli investimenti a più alto valore aggiunto, per esempio raccolta gestita e prodotti assicurativi, mentre diminuisce il peso della liquidità. Dovendolo, poi, valutare con gli occhi ‘interni’ dell’industria, è un mercato che gode di una buona profittabilità, basso assorbimento di capitale e rischi contenuti. La competizione, tuttavia, spinge il settore ad evolvere cercando di proseguire nell’attento controllo dei costi e nella ricerca di fonti diversificate di reddito.

Non solo, sempre per la competitività, nell’ultimo anno è cresciuto ulteriormente il numero degli operatori che hanno deciso di sviluppare un’offerta dedicata al segmento di clientela private”. “Proprio parlando della clientela private – continua Massari - è bene precisare che questo segmento è costituito da investitori che detengono portafogli rilevanti, ampiamente diversificati e interessati a poter cogliere le opportunità offerte dal mercato finanziario. Per questi clienti ciò è possibile facendosi accompagnare da un servizio di consulenza finanziaria evoluta, fondamentale per effettuare consapevolmente le proprie scelte di investimento. Stiamo quindi assistendo a un processo di graduale ma decisa affermazione del private banking come industria a sé stante, in rapido cambiamento sotto la spinta di trend demografici, sociali e tecnologici che ne stanno già trasformando la fisionomia e ne influenzeranno l’evoluzione”, conclude l’esperta. 

 

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L’asset allocation private

A ben guardare l’asset allocation per tipologia di raccolta, i dati di AIPB permettono di avere un’indicazione delle preferenze d’investimento delle famiglie private italiane. L’andamento mostra una crescita costante del peso dei prodotti assicurativi, che nel primo trimestre 2018 raggiungono quote pari a 20,1%. Complessivamente, il 62,5% della ricchezza totale gestita tramite servizio private è allocata in prodotti assicurativi e raccolta gestita, per un valore pari a circa 499 miliardi di euro. Prosegue, invece, il trend decrescente della raccolta amministrata, che porta la sua quota dal 25,2% dello scorso anno al 22,7% a marzo 2018 (variazione in termini di masse pari a -8,9%). Anche la raccolta gestita nell’ultimo trimestre è oggetto di una lievissima contrazione, ma il trend di crescita nell’ultimo anno è comunque positivo, essendo passato dal 41,4% a marzo 2017 al 42,3% a marzo 2018. L’aumento della quota di raccolta gestita è supportato principalmente dai fondi comuni di investimento che nell’ultimo trimestre rilevato raggiungono una quota nell’asset mix del 25,8%. Nell’ultimo anno questo comparto ha visto una crescita complessiva del 9,7% e un aumento di 18 miliardi di euro che porta il suo valore complessivo a circa 206 miliardi.

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Il calo del comparto amministrato, invece, è dovuto ad un minor apporto a cedola fissa, come obbligazioni e titoli di Stato. Nell’arco di un anno sono stati disinvestiti da queste asset class circa 15,5 miliardi, che sono stati spostati nel comparto azionario, che guadagna circa 9,5 miliardi, oppure nei prodotti di raccolta gestita, che raggiungono asset private per 388 miliardi.

Guardando al dettaglio del fondi comuni, poi, nell’ultimo anno si nota un graduale aumento della quota di fondi bilanciati e di fondi azionari, a fronte di una contrazione del comparto monetario. Nel primo trimestre 2018 si assiste ad un lieve calo della quota dei fondi obbligazionari sul totale del peso dei fondi, che passano dal 38,1% della fine del 2017 al 37,8% a marzo 2018. Il trend di crescita dei prodotti assicurativi si conferma anche nel primo trimestre 2018. Il comparto assicurativo rappresenta il 20% dell’asset mix private, con un valore complessivo di circa 161 miliardi. Nello specifico, i prodotti assicurativi di ramo III continuano ad avere un ruolo predominante nell’offerta private, raccogliendo il 40,5% delle masse investite nel comparto. Si rileva, tuttavia, un trend lievemente decrescente del peso di questa tipologia di prodotti, che in un anno perde circa 2 punti percentuali (42,6% a marzo 2017) a favore dei prodotti multi-ramo che salgono al 24,1% a marzo 2018.