Secondo Deloitte il 75% degli operatori italiani ritiene che il comparto continuerà a generare ‘alpha’ anche in futuro. Transizione green e digitale fattori chiave per la crescita delle aziende investite.
Nonostante un 2023 complesso, la fiducia nel private equity e nella sua capacità di generare extra-rendimento rispetto ai mercati quotati rimane elevata. È quanto emerge da una recente indagine condotta da Deloitte in Italia su 32 società del settore. Il 75% degli operatori ritiene infatti che il private equity continuerà a generare ‘alpha’ per l'intero ciclo di investimento anche in futuro.
Secondo questa previsione, il settore in Europa e in Italia dovrebbe continuare a compiere le aspettative come avvenuto nel corso dell’ultimo decennio. Ad esempio, da un’analisi rischio/rendimento su 400 fondi europei di Private Equity nel periodo Q4 2014 – Q3 2021 risulta che il settore abbia sovraperformato del 10% l'indice FTSE IT Small Cap. Secondo 8 operatori su 10, questa over-performance rispetto al mercato azionario è dipesa prevalentemente da operazioni di M&A (64%) e dalla crescita organica (33%) basata su internalizzazione, lo sviluppo di nuovi prodotti e l’individuazione di nuovi segmenti di mercato. Ma per l’aumento dei tassi e l’incertezza geopolitica nel 2023 qualcosa si è inceppato, e il mercato italiano del private equity e venture capital ha registrato un calo degli investimenti del -12% rispetto al boom dell’anno precedente, con un controvalore delle operazioni a 8.162 milioni di euro.
Ma alcuni aspetti sono di buon auspicio per la ripresa del settore. Lo scorso anno Europa, i fondi di private equity disponevano di 338 miliardi di euro di ‘dry powder’, capitale non ancora investito, che rappresenta una risorsa significativa per nuove opportunità di investimento. Mentre a livello globale, secondo la previsione di Preqin, il settore dovrebbe raggiungere l’ambiziosa soglia di 26.000 miliardi di dollari di AUM entro il 2026.
Transizione green e digitale fattori chiave
In Italia, secondo l’indagine di Deloitte, i rischi principali che possano ostacolare generazione di over-performance del comparto sono l’escalation delle tensioni geopolitiche a livello globale (44%), protezionismo e interruzioni della supply chain (31%), il costo del denaro e l’andamento dei tassi di interesse (17%), trend demografici (6%). Mentre, negli ultimi dieci anni, i settori che hanno maggiormente attratto l’interesse degli operatori italiani sono stati il Manufacturing (36%), Telco (22%), Fashion, Food e arredamento (22%), servizi tra cui Education, salute e servizi finanziari (14%), Energy (6%).
Tra i meta-trend che i fondi di private equity possono seguire per generare valore sostenibile, la Green Technology e la Digital Transformation emergono come i più rilevanti, indicati rispettivamente dal 47,2% e dal 63,9% degli operatori del settore. Inoltre, per sfruttare appieno il potenziale strategico delle operazioni di M&A, indicato dal 64% degli operatori come strategia significativa per la creazione di extra-rendimento, il private equity deve necessariamente posizionarsi come un partner operativo e non solo finanziario. “Tale approccio consente infatti di migliorare la performance delle aziende acquisite attraverso la fornitura di competenze operative e strategiche”, spiegano da Deloitte.