Nick Kavanagh, Principal, Secondaries di Unigestion in conversazione con FundsPeople durante la Zero One Hundred Conference Mediterranean di Milano ha spiegato perché nei mercati secondari una strategia incentrata sulla qualità degli asset sarà la chiave per generare rendimento.
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Cresce l’interesse per il mercato secondario del private equity, che rappresenta sempre più un’opportunità per i portafogli degli investitori. E con l'aumento dell'attrattiva di questo comparto, diventa fondamentale sviluppare nuove strategie per sfruttarne appieno il potenziale. Negli ultimi anni, l'esigenza di alcuni general partners (GP) e limited partners (LP) di dismettere delle posizioni sul mercato primario si è affermata con forza, creando un importante sotto-segmento nel mercato secondario. I dati sono evidenti: tra il 2007 e il 2023, l’universo di investimento a livello globale si è ampliato di ben sei volte passando da 20 miliardi a 120 miliardi di dollari. Tuttavia, il private equity secondario rimane un asset class relativamente ridotta, pari a circa l'1% del mercato degli asset privati. Ma guardando al futuro, la base di partenza contenuta suggerisce ampie possibilità di crescita per il segmento.
Come conseguenza del rapido rialzo dei tassi degli ultimi anni, il private equity primario ha attraversato un periodo particolarmente difficile. In controtendenza, però, il secondario ha mostrato maggior dinamismo, grazie alla sua capacità di offrire liquidità agli investitori. Nel primo semestre del 2024, il volume delle transazioni ha toccato i 69 miliardi di dollari, e le stime prevedono un totale di circa 137 miliardi entro la fine dell’anno. Questo rende il 2024 uno degli anni migliori di sempre per il mercato secondario.
Per chi dismette una posizione, i mercati secondari offrono la possibilità di uscire anticipatamente da un investimento; per un nuovo investitore, invece, il vantaggio risiede nell’opportunità di acquistare asset a prezzi scontati. Questa possibilità rappresenta una delle principali attrattive dei mercati secondari. Tuttavia, nei prossimi anni, la pressione sulle valutazioni e il nuovo contesto di tassi più elevati potrebbero avanzare alcune sfide per questo approccio.
Sconto nei deal, quanto è ancora importante?
Secondo Nick Kavanagh, Principal, Secondaries di Unigestion, società di gestione specializzata nel private equity, “per alcune strategie, come l'acquisto di portafogli di coda maturi, gli sconti sono fondamentali per generare un rendimento”, spiega l’esperto intervistato da Davide Pasimeni, head of Italy di FundsPeople, durante l’ultima edizione della Zero One Hundred Conference Mediterranean di Milano. Kavanagh ritiene che il mercato secondario sia stato psicologicamente condizionato a praticare prezzi scontati, “soprattutto perché, in quanto acquirente secondario, l'unica cosa che si può controllare è il prezzo di ingresso”, osserva. “Infatti, non è possibile influire sul valore di un asset esistente una volta acquisito. Quindi, uno sconto al momento dell'acquisto è un modo per avere un certo margine di manovra per generare rendimento”, dice.
Tuttavia, Kavanagh prevede che in futuro sarà più difficile fare affidamento sullo sconto. “Il mercato secondario è cresciuto notevolmente negli ultimi anni e così anche il numero di acquirenti, soprattutto nel segmento LP. In particolare, in questa fascia del mercato, i prezzi oggi sono molto competitivi”, dice l’esperto. “Perciò sarà maggiormente complesso acquistare costantemente asset di alta qualità a valutazioni scontate”, afferma. “Nelle operazioni di portafoglio in cui si possono acquistare decine di fondi e centinaia di società sottostanti, non è sempre possibile condurre una due diligence granulare su ciascuna di esse. Lo sconto viene spesso utilizzato per compensare questo aspetto. Ma ciò ha funzionato nei precedenti contesti di tassi bassi, in cui le valutazioni degli asset aumentavano indipendentemente dalla qualità. In futuro non sarà più così. Gli sconti non potranno proteggere gli investitori dall'acquisto di asset non soddisfacenti”, dice.
Focus sulla qualità
La strategia di Unigestion è quindi rivolta a individuare la qualità degli asset, che “sarà il principale fattore di rendimento in futuro”, afferma. “Un modo di procedere è acquistare 1 euro di NAV a 70 centesimi, aspettare che si rivaluti tornando a 1 euro, e realizzare rendimento. Ma se il NAV non aumenta o non si realizza una exit, allora non avremo un buon risultato. Il rischio è che le società rimangano in portafoglio, determinando un eccesso di duration e, in ultima analisi, pesando sull'IRR del portafoglio”, afferma. Inoltre, oggi nel private equity la liquidità viene generata quasi esclusivamente attraverso la cessione delle società di migliore qualità. Mentre per quelle di qualità inferiore è molto difficile contemplare delle exit. “Quindi, se si vogliono generare rendimenti realizzati positivi, e non soltanto a livello di rivalutazione degli asset, bisogna puntare sulle società di qualità, che mantengono la possibilità di un exit nel breve termine”, argomenta.
Lead investor nei deal GP-Led, quali criticità?
Un altro trend che si è affermato nel mercato secondario del private equity negli ultimi anni è l’ascesa delle operazioni GP-Led. Ma quanto è importante ricoprire il ruolo di lead investor in questa tipologia di deal? “Credo sia importante per un acquirente secondario disporre delle competenze per guidare una transazione GP-Led. Tuttavia, un aspetto che passa spesso inosservato è che insistendo nel voler essere lead investor si può correre il rischio di limitare il proprio universo investibile”, dice Kavanagh. “Il mercato GP-Led è in piena espansione e la nostra strategia è costruita attorno a queste operazioni, ma credo che sarebbe ingenuo pensare che il fatto di non guidare un'operazione impedisca di partecipare a un'opportunità interessante. Che si guidi o si partecipi a un book build, il risultato economico è solitamente identico”, argomenta.
“Al momento il settore delle GP-Led è relativamente sottocapitalizzato rispetto al set di opportunità, e quindi l'accesso a queste operazioni nella fase di book build non è difficile, soprattutto se si è un LP ricercato o strategico”, continua. “A lungo termine, tuttavia, con il miglioramento del mercato dell'exit, si potrebbe assistere a un aumento delle richieste da parte degli LP esistenti, soprattutto nel caso di trophy asset, e ciò potrebbe ridurre l'allocazione per i nuovi acquirenti. Allo stesso modo, non credo che si possa sempre contare sul fatto di essere un ‘co-investitore’ in queste operazioni, ma è necessario avere una rilevanza per il GP sottostante. Credo che avere una piattaforma primaria e la capacità di operare come lead investor o co-lead sarà un vero vantaggio”, conclude.