Gli squilibri nel mercato azionario europeo

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foto: autor Rednuht, Flickr, creative commons

La strategia di scommettere su quei settori che offrono valutazioni più attraenti non sempre funziona. E poi il mercato può metterci più tempo del previsto a fissare il giusto valore delle azioni. È quanto sembra stia succedendo in Europa. Nel mercato attuale, la dispersione delle valutazioni è molto importante. Le compagnie difensive, solitamente definite “di qualità”, sembrano essere molto care in termini di valutazione, mentre quelle “di valore” appaiono particolarmente a buon prezzo rispetto alle loro misure storiche nel lungo periodo. A livello settoriale, questa tendenza è molto evidente considerando il favore del mercato nei confronti del settore del consumo di base (dove alimentazione e bevande sono l’esempio centrale) e l’apparente rifiuto del settore finanziario (soprattutto delle banche) da parte dei mercati. Invesco ha deciso così di approfondire la situazione.  

Una parte centrale della visione di Invesco è che il miglior mezzo per controllare il rischio nel tempo (e quindi proteggere i suoi investitori) consiste nel non pagare un sovrapprezzo per gli asset, qualsiasi essi siano. Per questo motivo dalla SGR si dicono agnostici rispetto ai settori, Paesi o stili. Si limitano ad approfittare delle opportunità di valutazione che scorgono, evitando quelle aree dove queste sembrano attraenti. “Abbiamo ribadito in molte occasioni la nostra ferma convizione riguardo al nesso fondamentale tra le valutazioni e il rendimento nel lungo termine di un investimento. Attualmente questa visione è veramente poco diffusa, ma è un dato di fatto che non siamo mai stati seguaci delle mode”, afferma Stephanie Butcher, gestore di portafogli azionari europei per Invesco nella sede di Henley-on-Thames.  

Secondo quanto spiega, il voler assumere razionalmente una posizione difensiva ed evitare le banche può sembrare evidente: scenario di bassa crescita, tassi di interesse minimi, preoccupazioni per la banca italiana… “Tuttavia, come abbiamo sempre sostenuto, ciò che determina il rendimento nel tempo è quello che sta nel prezzo. Il consenso del mercato è ampliamente ribassista rispetto alle banche e molto positivo verso le compagnie alimentarie e di bevande, il che si evince già dalle loro quotazioni. In una situazione come questa, è più probabile che il potenziale rialzista si concretizzi per il settore bancario in modo meno negativo di quello che temono gli investitori che il potenziale delle compagnie di alimentazione, già quotate a multipli più elevati rispetto ai loro livelli medi storici”. Un report di Exane a tal proposito parla chiaro.

Gli esperti hanno analizzato cosa comportano le valutazioni attuali di entrambi i settori in termini di aspettative sui dividendi e ipotesi di flussi di cassa. Il documento elaborato inizialmente si soffermava sul Regno Unito ma da Invesco è stato richiesto di estenderlo al resto dell’Europa (UK escluso) e le conclusioni sono esattamente le stesse. “La differenza di valutazione tra i due settori è il più alto registrato in 40 anni. Ogni euro di profitto del settore alimentario e di bevande è valutato esattamente come tre euro di profitti generati dalle banche”. Questa misura può essere vista in un’altra ottica, sotto forma di flusso di dividendi. Il rendimento offerto oggi dal settore alimentario costituisce il 49% di quello offerto dal settore bancario.   

“Se si applica uno sconto dell’8% ai flussi dei dividendi di entrambi i settori e si suppone una crescita annuale media del 5% per i dividendi del settore alimentario e dello 0% per le banche, passerebbero 48 anni prima che il valore attuale dei flussi di cassa del primo superi quelli del settore bancario. In alternativa, se supponiamo un orizzonte temporale di 15 anni, con una crescita zero del dividendo delle banche e una crescita del 5% annuale del dividendo del settore di alimenti e bevande, allora la differenza attuale di valutazione tra i due settori sarebbe corretta considerando una tassa di sconto di cash flow delle banche di 620 punti base in più che per le compagnie alimentarie. Una valutazione eccessiva di questi business ci fa dubitare che si possano raggiungere rendimenti significativi e ci preoccupa anche il fatto che ora come ora possano non essere realmente investimenti difensivi”, sottolinea Butcher.

La solidità del settore bancario in Europa

La solidità del settore bancario europeo, specialmente in Italia, è stata messa in discussione ultimamente da parte degli investitori e l’MSCI EMU Financials Index ha perso più di un 20% da inizio anno, nonostante una ripresa sperimentata in estate. Il settore affronta numerose difficoltà. La più importante riguarda la sua capacità di mantenere il rendimento in uno scenario di bassi tipi di interesse e crescente regolamentazione, ma – così come Invesco – molti credono che il timore degli investitori riguardo alla sua fattibilità sia esagerato. Da J.P.Morgan AM ricordano che, fatta eccezione per l’Italia, il numero di prestiti falliti rivela una tendenza al ribasso.

La società di gestione segnala, inoltre, che la solidità del settore bancario, misurata in base al coefficiente di capitale ordinario di livello 1, è migliorata in tutti i Paesi europei e si è collocata in media sul 13,2%, vale a dire 200 punti base in più rispetto al 2014 e 400 punti rispetto al 2011. “Il settore bancario europeo è più solido di quanto gli investitori credessero all’inizio dell’anno e il rendimento del mercato ha confermato in parte quest’idea. Il settore finanziario europeo ha generato rendimenti superiori negli ultimi mesi estivi e i mercati obbligazionari sembrano aver nuovamente guadagnato fiducia. Dopo una netta caduta a febbraio, gli indici di debito subordinato delle banche sono tornati da poco in terreno positivo. Anche l’aumento dei prestiti bancari in Europa dimostra che il settore bancario è ancora capace di favorire il recupero in Europa”, spiegano dalla società americana.