Un avvio di anno positivo per l’asset class e prospettive interessanti nei mesi a venire. Contesto macro, aumento delle emissioni, preferenza per la gestione attiva e focus settoriale al centro dell’incontro con la stampa dedicato agli high yield presso gli uffici della SGR indipendente.
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L’investimento nell’obbligazionario high yield, in particolare europeo, mantiene prospettive interessanti nei mesi a venire, anche alla luce di un avvio 2024 con rendimenti positivi sulla scia di quanto messo a segno nell’anno precedente. L’attenzione su queste strategie prosegue, se pure con la dovuta cautela, a fronte di potenziali rendimenti che gli esperti di Quaestio SGR quantificano intorno al 6 per cento. Il punto sugli high yield, alla luce del contesto macro e dei potenziali risvolti in un anno in cui oltre ad andamento dell’inflazione e scelte delle banche centrali, anche i fenomeni geopolitici (vedasi conflitti ed elezioni) determinano l’agenda finanziaria, è stato al centro dell’incontro con la stampa organizzato dalla SGR indipendente che, come ricorda Alberto Massa, head of sales & marketing, è stata fondata nel 2009, detiene masse in gestione per 14 miliardi di euro di cui 2,5 miliardi in capo al team obbligazionario guidato Federico Valesi, lead portfolio manager credit strategies.
Il contesto macro
È Valesi a tratteggiare il contesto in cui maturano le prospettive legate ai risky asset. Due temi, secondo l’esperto, hanno determinato e determineranno questo 2024: “La direzione dell’inflazione”, certo, ma anche il suo caratterizzarsi come “l’anno delle elezioni”. A fine anno, sarà stata chiamata alle urne circa la metà della popolazione mondiale, “una lunga serie di appuntamenti elettorali, in grado di influenzare il sentiment e le opportunità d’investimento su scala globale”. Valesi rimanda alle conseguenze inattese del voto europeo sulla Francia, e ricorda come le elezioni presidenziali USA siano “storicamente foriere di volatilità e non avere ancora la certezza sul nome di uno dei due candidati a meno di quattro mesi dal voto è un elemento da non sottovalutare”. L’atteso taglio dei tassi da parte della Fed, poi, dovrebbe avvenire a settembre, con uno scarto di diversi mesi rispetto alla scelta della BCE che si confrontava con un’Europa in cui la crescita si attesta intorno allo 0,30 per cento. “Una crescita anemica – afferma Valesi –, che ha portato la banca centrale a operare un primo taglio, darà anche la possibilità di agire 1-2 volte entro la fine dell’anno”, questa scelta sarà determinante per molte PMI in Europa “che hanno bisogno di accesso al credito”.
Il buon momento per l’high yield
Alberto Biscaro, portfolio manager credit strategies della società, parla di un avvio dell’anno in positivo e rimanda a un risultato superiore al 3% nel primo semestre, “decisamente migliore di quello investment grade (+0,55%) e soprattutto dei governativi, caratterizzati da performance ancora negative”. Sono diversi gli elementi a supporto, afferma l’esperto interrogato da FundsPeople, indicando come il restringimento degli spread high yield (-43 bps) abbia “in buona parte compensato il contemporaneo aumento dei rendimenti governativi (+53 bps se misurati sul cinque anno tedesco), assorbendone quindi il potenziale impatto negativo sui corsi obbligazionari. Il rendimento dell’high yield europeo si è in altri termini mantenuto piuttosto stabile in area 6,10% per tutta la prima parte dell’anno e la performance realizzata dall’asset class (+ 3,12%) è quasi totalmente ascrivibile alla componente di carry”. Le attese sono dunque per una dinamica che prosegua in tal senso “anche se non con la stessa forza, ma siamo a livelli di rendimento parificabili a quelli che vedevamo a inizio anno”.
Aumentano le emissioni
Il mercato dell’high yield, continua Biscaro, “è stato caratterizzato da volumi importanti di primario, con nuove emissioni avviate alla luce di tassi governativi più elevati e una riduzione degli spread”. Dopo anni di restrizioni, poi, “le società hanno sfruttato la domanda per affrontare il tema del rifinanziamento delle scadenze”. A questo si somma una “favorevole dinamica dei default”. L’esperto ricorda infatti come le attese siano per una ulteriore riduzione dei tassi di default high yield nei prossimi trimestri, “partendo dai livelli attuali del 6% per gli Stati Uniti e del 3,9% in Europa”. Il mercato europeo, poi, si conferma “strutturalmente più prudente”, tanto che dei 65 eventi di default registrati da inizio anno (in diminuzione rispetto ai 72 dello stesso periodo 2023), soltanto 11 fanno riferimento a società europee.
La prudenza è d’obbligo anche nella gestione: “Crediamo che l’high yield europeo rappresenti la tipica asset class per la quale l’esposizione attraverso strumenti passivi (quali ad esempio gli ETF) sia sub-ottimale”. Accostarsi con una stategia attiva si conferma l’ideale “a maggior ragione nel contesto attuale caratterizzato dall’aumento della componente distressed”, società tendenzialmente nel segmento di rating CCC, “per le quali la selettività è d’obbligo”. D’altronde, “la stessa asset class si compone di società molto diverse e con strumenti obbligazionari non omogenei: da emittenti B e doppia B che rendono tra 5 e il 6%, mentre quelli tripla C intorno al 15-16% alla luce dell’alto tasso di default”.
Settori appetibili (e altri meno)
A livello settoriale, Filippo Moroni, portfolio manager credit strategies, nel ricordare come si tratti di un mercato che “comprende storie e settori che stanno vivendo fasi diverse del proprio ciclo” indica l’attenzione per gli emittenti bancari che, negli ultimi anni, “hanno svolto un importante lavoro di riduzione degli NPL e di rafforzamento del capitale, culminato con il ciclo di aumento dei tassi che ne ha ulteriormente incrementato la profittabilità. Così, banche come quelle greche e alcune portoghesi, sono passate da rating tra CCC e B”, e si candidano allo status di Investment Grade. Altro settore di interesse è il real estate, “altamente penalizzato dal mercato nello scorso biennio”, allo stato attuale, con l’avvio dell’allentamento monetario, complice un mercato immobiliare sano, “potremmo assistere ad una ripresa del settore, in parte già avvenuta in questa prima metà dell’anno ma che ha ancora margine per proseguire”. Negativi, invece, sull’automotive. “Il settore si trova infatti a un punto di svolta, in cui la transizione verso l’elettrico si tradurrà in maggiori necessità di investimento e maggiore competizione, limitando così la capacità di queste società di generare cassa”.
I fondi
Quaestio ha una solida esperienza su queste strategie. Il fondo QSF – Quaestio Global Enhanced Cash, che investe in un portafoglio diversificato di obbligazioni a breve termine e mira a generare rendimenti stabili con un moderato rischio di credito e di duration, al momento vede una performance del 3,40% (con una chiusura del 2023 intorno al 6%). Mentre il QSF – Quaestio European High Yield Bond, fondo con Rating FundsPeople 2024, ha un focus sul mercato europeo con la costruzione di un portafoglio ad alta convinzione, uno stile prevalentemente quality, che favorisce l’esposizione a società operanti in settori ad alta stabilità di ricavi e margini, in questo caso la performance da inizio anno è del 4,50 (ma lo scorso anno si è attestata sul +12%).