Quale innovazione per i prodotti assicurativi italiani?

Foto: Giorgio Fata
Foto: Giorgio Fata

I dati di raccolta Assoreti dei primi mesi dell'anno, coerenti rispetto a quelli del 2018, mettono in evidenza una propensione in crescita del risparmiatore italiano per il veicolo assicurativo. Come cambiano le esigenze della clientela e come si innova l'offerta prodotto in ottica di mantenimento di questo trend? Quali sono le innovazioni allo studio e le esigenze espresse ai partner del settore asset management?

“Le richieste che ci provengono in questa fase”, spiega Stefano Colombo, responsabile Business Istituzionale di Legg Mason, “puntano a mitigare le difficoltà incontrate dalle unit tradizionali nel 2018, offrendo protezione del portafoglio, riduzione del drawdown e controllo della volatilità”. “Più in generale, notiamo”, prosegue, “un interesse per opzioni goal oriented e l’utilizzo delle nuove tecnologie per fornire soluzioni personalizzate, oltre che una crescente consapevolezza in ottica di retirement e life cycle”. “Siamo chiamati ad una sempre maggiore flessibilità”, completa il quadro Colombo, “finalizzata alla costruzione di percorsi di investimento realmente personalizzati”. “Da un lato”, afferma Dario Lanticina, chief investment officer di Amissima, “l’innovazione è all’interno dei prodotti con una richiesta di un più ampio universo investibile, e dall’altro c’è una generalizzata esigenza di maggiori servizi e complessità legata alla vita dello strumento”. “Sicurezza e protezione sono fondamentali per la clientela retail ma possiamo registrare un aumento dell’attenzione anche da parte della fascia private interessata ad una maggiore incidenza di questo fattore nelle unit linked”, argomenta Lanticina. “L’innovazione riguarda maggiormente la composizione di portafoglio”, è d’accordo Giorgio Pieralli, head of Illiquid Assets di Zurich Italia, “dove il punto fondamentale rimane l’inserimento di asset illiquidi”. “Un elemento di novità che possiamo introdurre in Italia e che è già presenti in altri Paesi europei tra cui la Francia”, prosegue Pieralli, “riguarda la costruzione di prodotti che si svincolino dalle clausole di pronta liquidità molto stringenti attualmente applicate, prevedendo un periodo di differimento e consentendo una diversa composizione di portafoglio ed una ricerca più marcata di rendimento”. Un trade off finalizzato alla ricerca di ritorni gestibile all’interno dell’attuale regolamentazione ma legato a doppio filo all’individuazione della clientela di riferimento, principalmente di fascia alta, specifica Pieralli, e all’esplicitazione delle condizioni di investimento. “IDD obbliga a identificare il target market ex-ante”, ricorda Marco Romani, head of Investment Advisory di CNP Partners, “e in generale il nuovo quadro normativo, MiFID II compresa, indica chiaramente l’obbligatorietà di fornire al risparmiatore tutti gli strumenti necessari per comprendere quelli che possono essere i rischi e le opportunità dei prodotti in cui investe”. “Anche la crescente richiesta di servizi aggiuntivi”, su cui concorda Romani, “va in questa direzione applicandosi a tutte le fasce di clientela, da quella retail a quella High Net Worth Individual, sebbene tipologia e caratteristiche dei prodotti scelti varino”.