Con l'entrata in vigore di MiFID II, l'industria del risparmio gestito dovrà affrontare lo spinoso tema della separazione tra fabbrica prodotto e canale distributivo. Ecco cosa ne pensano gli esperti.
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Manca ormai poco all’appuntamento con MiFID II. Tra le novità della direttiva, c’è l'introduzione della product governance che implicherà una maggiore responsabilizzazione delle SGR nel ciclo di vita del prodotto. "Se dovessimo guardare ai modelli nella distribuzione di prodotti, quelli vincenti sono Amazon e Alibaba, ovvero completa separazione tra la vendita e la produzione del prodotto", commenta Daniele Bernardi, CEO di Diaman SCF, "ma in futuro l'industria del risparmio gestito dovrà affrontare questo spinoso tema, ovvero la separazione tra fabbrica prodotto e canale distributivo, cosa che in parte sta avvenendo, anche se il modello cosiddetto captive è ancora molto attraente".
Continua il manager: "Io non sono un talebano dell’indipendenza a tutti i costi, per cui deve esserci una chiara e netta separazione tra queste due anime. Non necessariamente deve per forza esistere un mondo dove non c’è alcun tipo di commistione, anche perché in alcuni casi potrebbe essere a vantaggio del cliente avere un polo aggregatore di prodotti e servizi". L'esperto porta l’esempio di Vanguard, uno dei player più grandi al mondo nel risparmio gestito. Il colosso americano è una fabbrica di fondi, di ETF e recentemente ha lanciato un servizio di robo advisors sui propri prodotti di casa. "Il modello non funziona?", si chiede Bernardi. "Non proprio, visto che Vanguard in soli tre anni ha conquistato la netta leadership nel settore dei robo advisors con oltre 107 miliardi di AUA (Asset Under Advisor, ovvero masse sotto consulenza). Guadagnando già dagli ETF, il servizio costa mediamente 30bps, che vanno ad aggiungersi ai 35bps medi del costo degli ETF, quindi un cliente di Vanguard può avere una asset allocation in base alle proprie esigenze con un costo ultra competitivo, e non potete dirmi che gli ETF di Vanguard come sottostante sono un problema di conflitto di interesse, in questo caso gli interessi convergono, perché se dovesse usare gli ETF di un’altra casa, non potrebbe chiedere solo 30bps per il servizio di asset allocation di portafoglio".
Ma sarà veramente la fine dei consulenti finanziari?
"Ci sarà una ripartizione equa di responsabilità tra fabbrica prodotto e distributore, ovvero il tutto andrà nella direzione di uno sviluppo ulteriore di un modello di servizio che fino a oggi ha portato risultati molto positivi", fanno sapere da Eurizon Capital SGR. "La MIFID II introduce diverse novità destinate a incidere sugli operatori sia a livello strategico che operativo. Vengono ribaditi alcuni elementi chiave, in primis l’importanza dell’assistenza continuativa e personalizzata nel tempo e il principio di proporzionalità tra costi e qualità del servizio. In particolare, a garanzia di quest’ultimo aspetto vengono introdotti nuovi vincoli operativi e nuovi obblighi di trasparenza pre e post vendita. Tutto ciò favorirà ragionevolmente un incremento degli standard di qualità dell’offerta e più in generale un quadro di maggior concorrenza. Verranno premiati i consulenti più qualificati e le aziende in grado di trasmettere al cliente il maggior valore aggiunto, con benefici per i risparmiatori ma anche per gli operatori migliori. Inoltre, si assisterà sicuramente a nuove e diverse forme di ripartizione delle componenti di redditività. I clienti saranno portati a pagare in modo sempre più esplicito gli elementi del servizio a cui attribuiscono un valore, con la crescente valorizzazione di modelli di consulenza evoluta a pagamento e di modelli di remunerazione fee only. Chi già oggi dispone di modelli più robusti ed evoluti si troverà sicuramente in una posizione di vantaggio competitivo.
"La normativa MiFID II, che entrerà in vigore nel gennaio 2018, imporrà però agli intermediari di rendere espliciti i costi dei prodotti e dei servizi che un cliente sottoscrive, e nessuno riesce ancora ben ad immaginare l’impatto che questo porterà all’industria. Da parte mia penso che in una prima fase il cliente accetterà i costi che gli verranno esplicitati, ma poi con il passare del tempo, soprattutto alla prima crisi dei mercati e sotto la pressione di comunicazioni dei vari robo advisors che riducono drasticamente i costi, l’impatto si farà sentire sulle reti di distribuzione e l’industria sarà destinata a cambiare modello", spiega Bernardi.
Per Luca Bruni, senior consulting manager presso Initio, "il futuro modello di distribuzione dei prodotti finanziari sarà probabilmente 'PhyGital', una specie di neologismo che fonde sapientemente la nuova esperienza digital con un'attenzione comunque al fattore physical, ovvero al fattore umano".