Accordo sul Recovery fund, un passo storico per l'Europa

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Margarete Ziegler-Raschd, Flickr, Creative Commons

Dopo quattro giorni e quattro notti di trattative, in uno degli incontri più lunghi della storia dell’Unione europea, i leader dei 27 Stati membri hanno trovato un accordo sul Recovery fund. Il fondo che dovrà segnare la ripresa dopo la grave crisi economica in seguito al Covid-19 avrà una dotazione di 750 miliardi di Euro, mentre il bilancio UE 2021-2027 è stato fissato a 1.074 miliardi.

Rispetto al piano presentato a fine maggio dal Presidente delle Commissione Ursula von Der Leyen è cambiato il rapporto tra grants a fondo perduto scese a 390 miliardi (dai 500 iniziali) e i prestiti, saliti a quota 360 miliardi. “Come sempre, le trattative al Consiglio Ue sono state dure e lunghe e le ambizioni del piano iniziale sono state ridimensionate. Ma è stato compiuto un passo importante verso una maggiore solidarietà finanziaria in Europa”, osserva Florence Pisani, global head of Economic Research di CANDRIAM. Un commento positivo arriva anche da David Zahn, head of European Fixed Income di Franklin Templeton, che afferma: “questa azione fiscale combinata con il continuo sostegno BCE sosterrà i mercati obbligazionari europei e consentirà la ripresa dell'economia”.

Primo passo verso mutualizzazione del debito

La modifica alle ripartizioni di sovvenzioni e prestiti è stata il compromesso necessario per un accordo tra i Paesi più grandi come Germania, Francia, Italia e Spagna e il gruppo dei “frugali” Austria, Paesi Bassi, Svezia e Danimarca, meno orientati a forme di spesa da parte di Bruxelles. Anche Hetal Mehta, Senior European Economist di Legal & General Investment Management (LGIM) sottilinea l'importanza dell’accordo verso la mutualizzazione del debito, ritenuto altamente improbabile solo pochi mesi fa.

Ogni controparte è riuscita ad ottenere qualcosa grazie a dei compromessi; le 4 nazioni “frugali” riceveranno un aumento dello sconto di cui godono e vedranno ridotte la ripartizione delle sovvenzioni rispetto ai prestiti, mentre la dimensione complessiva di 750 miliardi è rimasta invariata”, osserva. Positivo anche il commento di Quentin Fitzsimmons, Global Aggregate portfolio manager di T. Rowe Price che dichiara: “La determinazione dimostrata da Germania, Francia e Italia nel lavorare insieme a un ambizioso programma per la ripresa rappresenta un segnale importante e riduce il rischio di una rottura all’interno dell’Eurozona: la Germania ha dato il via libera all'estensione del deficit fiscale per i Paesi europei”. Ma c’è chi anche chi vede non soltanto luci ma anche ombre. “Le lunghissime trattative hanno mostrato quanto sia divisa l’Unione Europea sul tema dell’integrazione fiscale. Inoltre, non dobbiamo dimenticare che Angela Merkel è stata una delle forze propulsive del Recovery Fund. Probabilmente il suo successore, chiunque esso sia, si rivelerà decisamente meno favorevole”, fa notare Wolfgang Bauer, fund manager del Public Fixed Income team di M&G Investments.

Un nuovo emittente sovranazionale di qualità

Per Andreas Billmeier, sovereign research analyst di Western Asset (Legg Mason), è apprezzabile la velocità con cui l’Europa ha approvato il piano: “Dalla prospettiva dei mercati è sicuramente una pietra miliare. Non è cosa da tutti i giorni che un’emittente sovranazionale di prima qualità più o meno delle dimensioni della Germania venga aggiunto al tavolo delle emissioni europee”, afferma. “Gran parte del pacchetto sarà probabilmente finanziato con il debito dell'UE a grande vantaggio delle banche europee in qualità di principali emittenti e una parte significativa sarà probabilmente costituita da Green Bond”, osserva Sebastien Galy, Senior Macro strategist di Nordea AM.

Il sentiment positivo emerso nelle ultime settimane sugli asset dell'Eurozona ha portato l'Euro al rialzo vicino al massimo su base annua e ha spinto lo spread BTP/Bund verso il basso fino ai livelli pre-coronavirus. "Molte caratteristiche del contesto economico e politico dell'Eurozona sono impallidite rispetto agli Stati Uniti negli ultimi anni, ora il vento sembra cambiare. L'Europa ha gestito il coronavirus molto più efficacemente dell'America e, almeno per i prossimi mesi, può essere ragionevolmente considerata come un rifugio per gli investitori globali”, conclude Paul O’Connor, responsabile del team Multi-Asset di Janus Henderson Investors