Il processo di selezione dei fondi in Eurizon ha un obiettivo esplicito: la costituzione di una buy list per la creazione di portafogli. Nel lavoro del team multi-manager guidato da Filippo Stefanini, in cui l’attività di fund selection si accompagna a quella di portfolio management, questa azione avviene con la ricerca di prodotti che abbiano caratteristiche di portafoglio differenti rispetto a quelle dei fondi già approvati in quanto “la costituzione della buy list, che è consolidata da anni, ragiona per ‘differenze’”. Gaia Resnati, Multi-Manager team analyst di Eurizon incontrata da FundsPeople presso gli uffici della società fa il punto sul tema della sostenibilità nel processo di selezione e indica come la lente ESG sia “sempre più integrata sia nell’analisi dei rischi di portafoglio della controparte, sia nell’analisi non finanziaria”.
Resnati (Eurizon): “Lente ESG, sempre più integrata nel processo di selezione”
L’integrazione si è evoluta nel tempo con strumenti che si sono “affinati” in parallelo con l’aumentare della complessità dell’universo sostenibile. “Le informazioni ESG che arrivano dai fondi – afferma l’esperta – passano attraverso filtri che si applicano all’analisi dei peer group portata avanti per determinare l’appetibilità di un prodotto in termini di rischio-rendimento rispetto a una determinata asset class”. L’introduzione dello screening ESG contribuisce quindi al raffronto dei fondi ed è portato avanti da ciascun fund selector del team multi-manager dal momento che, “non c’è un professionista dedicato soltanto all’analisi ESG ma tutti esaminano nel loro ambito anche questo aspetto”. I portafogli d’altronde, anche alla luce delle esigenze degli investitori istituzionali, vedono una crescente richiesta di fondi articolo 8 o articolo 9 SFDR, per cui “andiamo a cercare un fondo che, a parità di rischio-rendimento con altri peer, dia maggiore attenzione alle caratteristiche ESG”.
1/3Queste informazioni contribuiscono alla “idea generation”, afferma Resnati, mentre la valutazione più qualitativa si affida a questionari “che produciamo e mandiamo alla controparte. Gli stessi questionari, poi, seguono l’evoluzione normativa, e contribuiscono a formare il nostro giudizio sulla strutturazione della fund house in termini di sustainable investment e di come ciò si cala nel fondo in questione”.
L’approccio qualitativo prosegue in una seconda fase con l’incontro tra analista e controparti. “In questi casi spesso i nostri interlocutori sono anche i professionisti del team ESG della fund house, che descrivono l’implementazione delle tematiche ESG nei loro prodotti. Questo confronto – continua Resnati – si è andato ampliando negli anni, affiancandosi alla consueta due diligence sulla parte finanziaria”.
Il tema dell’analisi ESG vede anche il passaggio legato alla misurazione del portafoglio, affidata a metriche “che sono ancora delle stime”, rimarca l’esperta indicando come in questo passaggio spesso ci si affidi ai dati di provider come MSCI ESG, Sustainalytics o Bloomberg. “Man mano che le società pubblicheranno i dati cambieranno le metriche di portafoglio”, per cui quello attuale si configura come una sorta di “interregno”: “La direzione presa dagli investimenti sostenibili è chiara, i cambiamenti sono veloci e tanti, ma si arriverà alla fine di questo percorso quando tutte le entità saranno in grado di fornire i dati stimati e validati per ogni corporate. Quando si avranno i dati e non più solo stime allora si potrà avere un punto di arrivo”.
Il fatto che l’analisi ESG diventi nel tempo più approfondita “non toglie nulla alla rilevanza dell’obiettivo finanziario del fondo, che è battere il suo benchmark od ottenere un risultato positivo se è total return”, precisa, indicando, tuttavia, come la considerazione del rischio ESG nel processo di analisi finanziaria faccia emergere un rischio concreto “che può impattare finanziariamente le società in cui si investe “.
2/3Facendo un punto sul tema dei fondi articolo 9 e la recente “riclassificazione” di molti prodotti come articolo 8, l’esperta ricorda come questi prodotti si siano sempre configurati come “delicati”. “Nella fund selection abbiamo scelto di adottare un approccio prudente”, alla luce di un contesto normativo ancora in via di definizione “e abbiamo svolto una due diligence ancora più serrata”. Nella fund selection, dunque, “il focus è più sul contenuto dell’analisi di sostenibilità integrata nel processo di investimento e non soltanto sul fatto che un fondo sia articolo 8 o articolo 9”.
Mentre uno sforzo compiuto dalla società in termini di selezione va in direzione della ricerca di prodotti ESG che abbiano una caratterizzazione stilistica meno pronunciata. “A livello generale, i fondi che hanno una maggiore caratterizzazione ESG presentano un tilt anche moderato verso il growth (che nell’ultimo anno è andato male), per cui in questo momento andiamo a ricercare, sempre in ambito di strategie ESG pure, fondi che abbiano un tilt blend o value”. Una ricerca difficile per ammissione della stessa professionista: “Ce ne sono molti meno, perché la maggior parte di fondi ESG che poi hanno delle buone metriche di portafoglio, spesso escludono energy e materials. Pertanto guardiamo con crescente interesse all’utilizzo di metriche ‘prospettiche’ per l’analisi di portafoglio che iniziano a venire proposte da alcuni prodotti focalizzati sulla transizione”.
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