Risk management e outsourcing: le tendenze operative dell’industria

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Giorgio Fata

È innegabile come a livello regolamentare gli ultimi 15 anni abbiano spinto significativamente il settore del risparmio gestito, e non solo, verso un potenziamento da parte delle società delle proprie divisioni di risk management e dei sistemi di controllo. Una tendenza che in molti casi ha portato ad esternalizzare parte del business per far fronte nella misura più efficiente possibile a tali cambiamenti. Funds People ne ha parlato in occasione della tavola rotonda organizzata con SimCorp e tre SGR italiane. Scopriamo cosa ne è emerso dal dibattito.

Le ultime tendenze mostrano come vi sia una polarizzazione dell’industria, con alcune posizioni leader di mercato cresciute sempre più negli ultimi anni – come sostiene Riccardo Negro, head of Business Development and Chief Operations Officer di Fideuram Investimenti SGR -; da qui la scelta di optare per soluzioni di mercato, soprattutto nel mondo del rischio, rispetto a quella di realizzare un sistema in house. “Uno dei driver di complessità degli ultimi dieci anni è rappresentato dal tema regolamentare, date le corpose normative nei mercati.Il secondo driver di complessità è quello delle asset class, che sommato al primo porta ad avere controlli e sistemi sempre più sofisticati, con tutto ciò che comporta in termini di rigidità e di adattamento. A nostro parere è una scelta inevitabile.Dal punto di vista delle persone, vi è la difficoltà nel trovare personale con specializzazioni adeguate. Vi è inoltre un incremento di professionisti dedicati ai vari livelli di controllo, dato che questi ultimi aumentano sempre più”, sottolinea Negro.

Il tema dell’outsourcing è quindi di attualità anche dal punto di vista industriale. “La normativa ha ovviamente spinto ulteriormente sul tema dei controlli, anche se in realtà di piccole dimensioni, paradossalmente, le persone dedicate al controllo prevedono lo stesso numero di quelle che svolgono l’attività vera e propria. È quindi una scelta inevitabile per le società italiane, per cui risulta quasi un obbligo scegliere di esternalizzare attività.Un ultimo esempio riguarda alcune aree del processo, quali settlement e pricing dei derivati, in cui come Fideuram Investimenti abbiamo scelto degli outsourcer mirati, e non grandi player, come ad esempio una società americana che dedica il proprio core business solo ed esclusivamente a tali funzioni. Il processo è quindi parcellizzato, e vede in outsourcing solo alcune attività mirate. La linea strategica è quella di proseguire per questa strada”, afferma il manager.

Outsourcer uguale partner 

Tuttavia, negli ultimi dieci anni, se si considera la parte algoritmica di sistema e di servizio, si è assistito ad un progressivo commoditization”, soprattutto nell’ambito delle soluzioni di mercato, e quindi non create su misura per l’azienda. A detta di Claudio Bonetti, COO di Azimut Holding Spa, il risk management, nel complesso, ha dovuto aumentare i presidi per rispondere velocemente alla creazione dei prodotti, agli effetti di questi sui portafogli, alla rischiosità e al matching col cliente finale.

“C’è stata un’importante evoluzione dall’algoritmo alla gestione del dato in funzione del rischio. La macchina operativa a servizio del risk management deve infatti fornire strumenti non solo a livello di sistemi, ma anche di processi operativi a supporto della flessibilità; il che rappresenta la sfida del momento. Gli ultimi dieci anni sono stati caratterizzati da una maturazione tecnologica delle piattaforme di risk management di mercato, e in futuro sarà importante capire come utilizzare tali strumenti in modo efficiente ed in linea con l’evoluzione della complessità degli asset e del loro collocamento all’interno di un’offerta sempre più integrata tra prodotti e servizi di consulenza”, spiega il COO.

Per Bonetti, a livello strategico, l’accesso all’outsourcer non è più una novità, “e l’esposizione internazionale del Gruppo Azimut amplifica le possibilità di scelta e di verticalizzazione. È chiaro che questa scelta non deve seguire una tendenza, e deve essere fatta rispetto a come abilitare le scelte strategiche del business, tenendo sempre in considerazione la centralità del governo in termini di responsabilità, di controlli finali e dei tempi di realizzazione. L’esperienza di industrializzazione del processo, nonché la scelta su cosa esternalizzare, porta ad un’investigazione del fenomeno della partnership più che dell’outsourcing. L’outsourcer ha bisogno di capire quale sia l’esigenza, e quindi capire il core business, per dar modo di trasmettere valore al cliente. A mio parere, il partner è un interlocutore più vicino a quest’esigenza, che è in grado di capire la complessità futura adeguandosi e adattandosi agli strumenti di governo e di controllo necessari all’azienda per poter scegliere le priorità e concentrarsi sulla delivery della propria strategia. In questo contesto, il paradigma non diventa più se scegliere l’outsourcing, ma quale outsourcer potrà diventare partner”, afferma l’esperto.

“È innegabile che negli ultimi dieci anni, per lo meno a livello di risorse operative nell’ambito risk e compliance, il lavoro sia cresciuto molto. Il driver è rappresentato ancora una volta dalla normativa. Bisogna considerare che il mercato viene da un periodo di crisi finanziaria, in cui in più di qualche caso si è puntato il dito contro le procedure interne o di controllo del rischio che l’hanno scatenata. C’è stata una particolare attenzione ai rischi interni delle società da parte dei Regulator e delle autorità di vigilanza. Risulta interessante l’ottica di vedere il rischio a supporto del business”, spiega Carmelo Lauro, sales manager di SimCorp. 

Per Lauro, vi sono tuttora trend ed esigenze che virano su soluzioni esterne di mantenimento dei sistemi interni e rincorrere quindi le capacità e il giusto know-how per mantenere le procedure internamente. “Ma questi sviluppi risultano comunque molto onerosi, e ciò dipende soprattutto dalla tipologia del player in questione. Il dipartimento di risk management ha sicuramente vissuto questo forte sviluppo e attenzione ed oggi ha aumentato le sue competenze e ambiti di azione spostandosi su procedure di Enterprice Risk Management”.

L’outsourcing esiste quindi in maniera rilevante. Ma cosa c’è dietro? “Sicuramente la richiesta di un’alta specializzazione – afferma il sales manager di SimCorp –, ovvero delle strutture che riescano a gestire determinati asset o work-flow di alcune asset class. Può darsi che all’inizio vi sia una mediazione del costo pensando di esternalizzare funzioni che non rientrano solo nelle attività core ma che siano di routine e amministrative, ottimizzando quindi i costi. È altrettanto importante non perdere la capacità di controllo. È logico pensare che l’outsourcer sia chiamato ‘partner’, perché il focus è quello di offrire del valore aggiunto, e non una piattaforma software senza impatto. Ci dev’essere piena collaborazione”, spiega Lauro.

Risk management: un’opportunità da cogliere

Negli ultimi 10-15 anni, c’è stata quindi una spinta importante sul rischio da parte dei Regolatori. “Oggi il risk management non è più solo inteso come ‘tradizionale’, ma raggiunge anche ambiti più trasversali. Anche in questo caso si deve perciò fare i conti con difficoltà legate alla standardizzazione dei processi di controllo”, dichiara Marco Barone, responsabile Finance & Administration di Euromobiliare AM SGR. “Tuttavia, considero il risk management anche un’opportunità nel senso che, se ben sviluppato, oggi più che in passato può rappresentare un grande strumento di promozione dei prodotti”.

“Per quanto riguarda la realtà Euromobiliare SGR, rispondiamo ad un modello che vede accentrate nella capogruppo le funzioni di controllo nell’ambito di quello che credo sia unmodello diffuso nel settore bancario. Peraltro, la centralizzazione di alcuni presidi è spesso resa ‘obbligatoria’ da esigenze di governance e di compliance. Pensiamo, ad esempio,all’antiriciclaggio per il quale si richiede inevitabilmente una gestione del presidio accentrata come conseguenza di specifici oneri normativi. Per quanto concerne gli outsourcing di carattere più operativo, invece, il punto di attenzione è quello di sceglierli rispondendo ad effettivi razionali strategici e non solo con l’intenzione di ‘spostare’ il problema all’esterno. È quindi necessario saper mantenere il governo sulle attività e processi che si esternalizzano”, conclude Barone.