Pioneer Investments ha realizzato uno studio econometrico che analizza le variabili economiche, finanziarie e demografiche per cercare di identificare i fattori che hanno spinto il risparmio domestico durante gli ultimi 20 anni.
Si dice, in generale, che gli italiani sono risparmiatori, mentre gli americani, per esempio, non lo sono. Ma cosa c'è di vero in questa affermazione? E come ha influito la crisi economica sul risparmio nei diversi paesi? Per rispondere a queste domande, Pioneer Investments ha realizzato uno studio econometrico che analizza variabili economiche, finanziarie e demografiche per cercare di identificare i fattori che hanno determinato il risparmio delle famiglie nel corso degli ultimi due decenni.
Guidato da Laura Marzorati, responsabile di Analisi Economica e di Mercato di Pioneer Investments, lo studio ha identificato sei fattori con un'influenza fondamentale sul comportamento di risparmio delle famiglie: i livelli di risparmio precedenti (persistenza), il reddito (abitudini di consumo ), i rendimenti di mercato (effetto ricchezza), la volatilità del mercato (effetto incertezza), i mercati del credito e la fiscalità. Come rivelato dai risultati dello studio, questi fattori hanno un'influenza diversa sulle famiglie e la loro capacità di risparmio, o la loro disponibilità a farlo, a seconda del periodo e il paese in esame.
"Tra il 1995 e il 2012, il risparmio netto delle famiglie, come percentuale del PIL, è stato caratterizzato da elevata volatilità e eterogeneità tra i principali paesi sviluppati", spiega l’esperta. "Mentre in Francia o in Germania i tassi di risparmio sono rimasti relativamente stabili intorno al 7-8% nel periodo in esame, altri paesi hanno registrato cambiamenti più profondi nel comportamento del risparmio domestico".
Secondo lo studio, i livelli di risparmio di Italia e Giappone sono diminuiti costantemente nel corso degli ultimi 16 anni, passando dal 12% e l'8%, rispettivamente, a metà degli anni novanta, a un 1 - 2% nel 2012. Altri paesi invece, come Stati Uniti, Regno Unito e il Portogallo, sono andati nella direzione opposta e, dopo aver raggiunto livelli molto bassi di risparmio, o addirittura negativi, nel 2007, sono cresciuti rapidamente dopo la crisi dei mutui subprime come conseguenza del processo di deleveraging e delle condizioni piú rigorose del mercato del credito.
"Secondo il modello econometrico, il calo dei tassi di risparmio osservati nel periodo 2008-2012, in molti paesi della periferia europea è direttamente correlato alla riduzione del reddito reale disponibile delle famiglie e all’aumento delle tasse registrate in questi paesi" afferma Marzorati.
Lo studio di Pioneer conferma inoltre che il comportamento di risparmio delle famiglie è influenzato da rendimenti di mercato: "Tra il 1996 e il 2006, si osserva una relazione negativa tra risparmio e prezzi immobiliari e l’andamento delle borse. E` quello che viene chiamato effetto ricchezza: quando i prezzi delle case e delle azioni salgono, le famiglie si sentono più ricche e spendono di più "
Ovviamente, questa relazione si è rivelata particolarmente significativo nel Regno Unito, Stati Uniti e Spagna, i paesi più colpiti dalla bolla immobiliare che scoppió nel 2008, ma anche altri paesi come Francia e Germania hanno registrato una relazione negativa tra i prezzi delle case e i tassi di risparmio.
"Anche se questo studio analizza i comportamenti passati, il fatto di ricoprire due decenni lo fa diventare strutturale. Per questo motivo risulta essere uno strumento utile per valutare le tendenze future del risparmio domestico e anticipare i loro effetti nei vari paesi”, conclude Marzorati.