Risultati 2022, una lente con cui guardare al mondo del gestito

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Fletcher Pride (Unsplash)

I numeri del 2022 hanno dato conto di un sistema bancario “tonico”, con i due maggiori istituti italiani, Intesa Sanpaolo e Unicredit, che archiviano, la prima “il miglior bilancio” della sua storia, e la seconda un trimestre e un anno da record “il migliore degli ultimi 10 anni”. Ieri è stata la volta anche di Credem che ha chiuso l’anno con utile netto consolidato a 317 milioni di euro “dopo aver spesato oltre 60 milioni di euro di contributi ai fondi per la gestione delle banche in difficoltà”, si legge in una nota. Numeri che incidono anche sul mondo del risparmio gestito, con le potenziali ricadute legate a un interesse (o la mancanza di interesse) su player e competitor che si spartiscono il mercato.

Anima “felice” della partnership con Creval, apre a una crescita per linee esterne

Anche Anima ha presentato i risultati lunedì 6 febbraio. La società di gestione, se da un lato si lascia alle spalle “un anno difficile” impattato, come per tutto il mondo del risparmio gestito, dall’andamento fortemente negativo dei mercati finanziari, dall’altro “registra risultati caratterizzati da grande resilienza che consentono anche per quest'anno di offrire agli azionisti un ritorno che si colloca nella fascia alta per il nostro settore in Europa", come commenta lo stesso AD di Anima Holding, Alessandro Melzi d’Eril. Questa solidità oltre a garantire un prosieguo nelle politiche di remunerazione per gli azionisti consentirà “contemporaneamente di guardare a possibili operazioni di crescita esterna, sia su base opportunistica sia in un contesto di aggregazioni fra gruppi bancari, certi di costituire un valore e di poter giocare un ruolo di facilitatore per una rapida ed efficace valorizzazione delle potenzialità del wealth management per tutti i soggetti coinvolti".

La società, dunque, non esclude di espandersi per linee esterne, concetto questo riproposto da Melzi d’Eril nella conferenza stampa con i giornalisti dove, commentando la prosecuzione della partnership con Credit Agricole (vedi articolo del mese scorso) ha dichiarato “Siamo molto felici per questo". Nessun commento, invece, sull’accordo di distribuzione in essere tra la società e MPS. L’istituto senese, d’altronde, è ancora alla ricerca di un compratore.

MPS ancora in cerca di compratori

L’eventualità è stata posta in sede di conferenza stampa di Intesa Sanpaolo, e archiviata dal CEO, Carlo Messina, per l’impossibilità di ulteriori M&A sul mercato italiano in quanto “troppo grandi per effettuare operazioni di aggregazione”. Il Gruppo nel 2022 ha registrato un utile netto pari a 5,5 miliardi (escludendo 1,4 miliardi di accantonamenti/rettifiche di valore per Russia e Ucraina), un valore che supera l’obiettivo del Piano di Impresa 2022-2025 di oltre 5 miliardi per il 2022.  Messina ha ricordato come ci fossero state complessità già con l’acquisizione di Ubi Banca e indicato come un deal con MPS non avrebbe senso “significherebbe solo dover vendere filiali”.

Anche Unicredit si allontana dall’opzione MPS più volte ventilata anche in ambiti governativi. Piazza Gae Aulenti ha presentato i suoi risultati il 31 gennaio, chiudendo l’anno con un utile netto di 5,4 miliardi di euro e ricavi netti per 18,1 mld (+14,7% a/a). E il CEO, Andrea Orcel che indica un titolo ancora sottovalutato: “Negli ultimi 8 trimestri abbiamo battuto il consensus del 30% ogni volta – ha dichiarato –, ciò significa che il mercato non ha ancora aggiustato il nostro prezzo. Credo che nel 2023 avverrà la stessa cosa del 2022", in termini di risultati. "Ci aspettiamo di migliorare ancora: questa è una banca diversa dal passato". Diversa dal passato, certo, ma tuttavia non cambia sul fronte MPS. Unicredit aveva intavolato una trattativa con il Mef già nell’estate 2021, naufragata perché Orcel aveva chiesto una dote di 8 miliardi che il Tesoro non ha voluto concedere. Orcel ha detto di essere "felice" che la banca "abbia un piano di ristrutturazione e ho fiducia che farà un buon lavoro; se in futuro ci sarà un’opportunità vedremo, oggi non è così". Il banchiere non ha comunque chiuso completamente la porta a operazioni di m&a precisando che "verso la fine del piano 2022-2024 o ci convinciamo che non c’è valore in operazioni di fusione, quindi integreremo la remunerazione ai soci, oppure, meglio, se potremo eseguire acquisizioni che aggiungono valore lo faremo".

Nessun commento, invece, sull’accordo con Azimut, la cui evoluzione sarà da tenere d’occhio nel prossimo lustro.

Credem

Un commento a parte invece va al Gruppo Credem che, nei risultati preliminari sul 2022 ha richiamato due operazioni importanti in sede di risparmio gestito. In primis il cambio di nome, datato novembre 2022, di Banca Euromobiliare (100% Credem) che diventa Credem Euromobiliare Private Banking, società nella quale da questo mese, a seguito dell’autorizzazione dall’Autorità di Vigilanza, entrerà a far parte anche il private banking di Credem. Sempre a novembre c’è stato il lancio di un nuovo modello di consulenza finanziaria e patrimoniale che si avvale di un'innovativa piattaforma tecnologica rivolto alle filiali e alla rete di consulenti finanziari Credem (Financial Wellbanker) e che progressivamente sarà esteso a tutte le reti del Gruppo.