I dati globali sull'utilizzo degli ETF sono positivi. Eppure in Italia la tendenza è meno evidente. Giancarlo Sandrin, head of asset management clients di iShares Italia, ci spiega perché.
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“È un punto di partenza, non d’arrivo” precisa Giancarlo Sandrin, head of asset management clients di iShares Italia, la prima sicav estera in Italia con 23 miliardi di euro di masse gestite. “È già un successo che la prima sicav estera si occupi di ETF. Eppure l’utilizzo del passivo in Italia deve crescere ulteriormente”. Dalla sede milanese di BlackRock l’esperto approfondisce con Funds People lo sviluppo dell’adozione di ETF, i relativi trend a livello europeo nel segmento dei prodotti di risparmio gestiti, confrontandoli proprio con la realtà italiana.
Il nocciolo della questione si aggira tutto attorno ad un’unica valutazione: si registra già da tempo un trend positivo sulla gestione passiva a livello globale, che sta cambiando il business model dell’asset management. Ma se questa stessa tendenza la declinassimo al mercato italiano? Sandrin sciorina qualche dato: dal 2012 al 2016 la crescita a livello di fondi italiani è passata da 454 miliardi a 800 miliardi, mentre quella sulla parte passiva è passata da 25 a 45 miliardi di euro. “Un tendenza in crescita, ma parziale, meno marcata”, afferma l’esperto di iShares. Ed essenzialmente per tre motivi: il modello distributivo, la visibilità esterna e la visibilità interna. Detto in altre parole, il mercato italiano sembra ancora un po’ ostico nell’utilizzare gli strumenti passivi in portafoglio. E serve fare ancora molta strada.
“Il primo punto riguarda il modello distributivo”, spiega Sandrin. “In America c‘è un tema di advisory, in Italia tutti i costi sono legati allo stesso fondo. C’è poi il tema delle retrocessioni per chi fa distribuzione al quale le stesse SGR si sono adattate. È difficile dunque proporre modelli diversi”, continua l’esperto. Ma non solo. L’altro punto su cui si sofferma Sandrin riguarda il rapporto tra manager e cliente: “purtoppo molti gestori hanno quasi paura che i clienti possano finire per disintermediare un mandato, se si accorgono che all’interno del proprio portafoglio hanno dei prodotti passivi. Credo sia una paura assolutamente inutile, il cliente in fin dei conti guarda più alla performance che alla composizione del suo fondo o della sua gestione patrimoniale”, aggiunge head of asset management clients di iShares Italia.
Il terzo motivo che frena la crescita della gestione passiva in Italia invece riguarda la visibilità interna alle società di gestione. Secondo Sandrin alcuni gestori vedono nel passivo qualcosa di immobile. Confondono lo strumento con l’utilizzo dello stesso strumento. “Molti pensano che utilizzare ETF ponga dei problemi di visibilità, ma non hanno gli stessi dubbi quando invece usano futures o swaps, che in fondo si comportano alla stessa maniera. Gli asset management dovrebbero avere meno paura nell’innovare e sviluppare maggiormente la capacità che hanno all’interno della gestione attiva. È necessario abbandonare il vecchio modello della GPF e pensare a modelli di asset allocation più dinamici, che possano venire incontro alle esigenze degli investitiori”, ribadisce l’esperto.
Sarà per questo che tra le nuove tendenze in gestione passiva un capitolo a parte meritano gli smart beta. Da pochi giorni, ad esempio, iShares e Cassa di Risparmio di Cento hanno siglato una collaborazione volta a sviluppare una nuova famiglia di gestioni di portafoglio innovative, che investono prevalentemente in ETF Smart beta. “Il gestore sfrutta l’utilizzo di stili di gestioni differenti per sovraperformare i classici indici market caps”, spiega Sandrin. “Un esempio di evoluzione ed innovazione che interagisce con una realtà piccola e radicata nel territorio come CrCento”. In fondo, continua il manager, “l’ETF è un mattoncino che ti consente di costruire prodotti che possono essere i più diversi e variegati, non c’è limite alla fantasia del gestore nel costruire prodotti che possono avere profilo di rischio e rendimento diversi dal classico”. E In Europa? Il mercato britannico ha già falto il salto e si apprestano a farlo Svizzera - "a breve" - e Germania - “c’è una forte domanda dal basso di ETF” dice Sandrin -. Insomma, resta da vedere se anche l’Italia adesso sia pronta al balzo.