SdR21, Anselmi (Covip): “Dai fondi pensione italiani una risposta immediata alla crisi”

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Una panoramica sullo scenario in cui si muove la previdenza complementare italiana e sulle sfide future che la attendono. I numeri, d’altronde, danno la misura della consistenza del settore che, con 200 miliardi di risorse, ha un peso pari al 12% del PIL, conta 8,5 milioni di iscritti (alcuni dei quali con più posizioni), flussi contributivi tra 15 e 16 miliardi l’anno e rendimenti positivi. “I numeri che vediamo oggi sono il risultato anche dell’ultimo anno e mezzo, un periodo che poteva avere delle ripercussioni in termini di rallentamento di adesioni e di risorse, ma così non è stato”, ha commentato Lucia Anselmi, direttrice generale di Covip in occasione della conferenza “La previdenza complementare tra novità normative e strategie di investimento”, nel corso del Salone del Risparmio 2021. “Come autorità di vigilanza abbiamo seguito con attenzione il settore all’indomani dello scoppio della pandemia”, ha affermato Anselmi sottolineando come i fondi pensione italiani si siano dimostrati pronti “ad affrontare immediatamente la sfida”, contattando direttamente gli iscritti (tramite email e messaggi sul sito) per evitare effetti di fuoriuscita dal settore. “Hanno fatto seguito altri elementi positivi”, ha proseguito la DG, “nel 2020 le adesioni hanno continuato a crescere, e la tendenza è proseguita nel 2021, allineandosi con il clima ottimistico di ripartenza”.

I BENEFICI DI IORP II

La fase di rafforzamento del sistema beneficia anche degli effetti di Iorp II. “Il 2020 e 2021 sono stati caratterizzati da una fervente attività di consultazione (Covip sottopone a consultazione pubblica tutti i suoi atti). E il confronto è stato la base delle scelte nel regolamento attuativo, che hanno riguardato sia la governance dei fondi, sia il sistema della trasparenza”. Anselmi ricorda come la presenza di un modello organizzativo che segue processi decisionali “qualificati, formalizzati e documentabili” abbia favorito in particolare le realtà più piccole “che stanno ricorrendo a forme di concentrazione unendo gli sforzi come segnale positivo per le prospettive del settore intero”. In particolare con Iorp II si ha avuto accesso a un processo di monitoraggio e di gestione del rischio su un modello condiviso a livello europeo, e questo si è rivelato un contributo aggiunto.  Mentre sul lato della trasparenza l’Italia è partita da un punto di vista privilegiato “in quanto ha trasferito in sede di dibattito a livello europeo il suo modello”. Un cenno è stato fatto anche allo sviluppo di standard tecnologici più avanzati, attività avviata già prima della pandemia, con l’obiettivo di “sistematizzare l’esistente, mettendo ordine nei processi del fondo laddove necessario, e avere operatori più solidi nell’affrontare le sfide che ancora ci aspettano”.

Anselmi sintetizza queste sfide in due filoni. Da un lato un numero di aderenti ancora troppo basso rispetto ai 25 milioni di persone che costituiscono la forza lavoro, e alla popolazione italiana. La prima vera sfida è come raggiungere le persone e convincerle che hanno un “bisogno previdenziale”. La seconda sfida è quella che riguarda la necessità di “creare ricchezza”. Qui la DG fa il confronto tra i rendimenti della previdenza di base (0,9%) e quelli medi della previdenza complementare (3,7%) nell’ultimo decennio.  Una criticità che investe la ricerca del rendimento è quella per cui ancora troppi giovani si orientato principalmente su “linee garantite”, cosa non in linea con un orizzonte temporale di lungo periodo.

I PEPP, UNA SFIDA EUROPEA

Tra le prove che il settore deve prepararsi a giocare nel futuro, infine, Anselmi cita quella dell’aprirsi di una “competizione europea”. Il riferimento è ai PEPP, vendibili in tutti gli Stati membri. “Quando questo dossier ha iniziato a muovere i primi passi, nel settore c’era molto interesse sulla possibilità che il prodotto rivitalizzasse le dinamiche della previdenza complementare italiana. Ma questo interesse nel tempo ha fatto i conti con la realtà che i sistemi nazionali non fossero così ‘vicini’ come sarebbe stato utile”. L’introduzione dei prodotti pensionistici individuali paneuropei, ha infatti sollevato diversi temi. “Il PEPP è un prodotto standardizzato, ma le sensibilità che i singoli settori manifestano su questo dossier sono diverse e sono diversi anche gli approcci di vigilanza”. Per questo motivo “il lavoro portato avanti in questi anni è individuare processi e strumenti che possano favorire la convergenza”, anche in attesa di scoprire quale ruolo giocheranno gli attori italiani in questo mercato, quello di esportatori o importatori di PEPP. “Dobbiamo essere proti ad affrontare le possibili evoluzioni. E questo implica un impegno alto dal punto di vista del regolatore”.