La conferenza finale del Salone del Risparmio 2023 ha fatto il punto sulle competenze degli italiani in tema di finanza. Ancora forte lo iato tra reale conoscenza e “presunzione di sapere”.
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Il risparmio ha una funzione sociale prima ancora che economica, e la progressiva attività di accumulo che gli italiani hanno messo in atto negli ultimi anni ha avuto uno scopo di “rassicurazione”. Questo ruolo dell’accantonamento come fonte di protezione ha avuto un forte impulso in particolare a partire dal 2008, anno che ha segnato un punto di svolta nella percezione delle crisi finanziarie da parte dei risparmiatori. Nell’introdurre la conferenza di chiusura del 13° Salone del Risparmio, che si è solto a Milano dal 16 a 18 maggio 2023 (e ha contato oltre 20 mila presenze) Giorgio De Rita, segretario generale del Censis, stressa due temi che sono stati al centro dell’azione dei risparmiatori in questi ultimi 15 anni: cautela e liquidità. Dal 2008 al 2022, d’altronde, lo stock di liquidità è andato progressivamente accumulandosi. Cosa è cambiato oggi? La risposta di De Rita è netta: “l’inflazione”. E qui, sul tema dell’inflazione, va a concretizzarsi il confronto tra reale conoscenza e autopercezione delle competenze finanziarie dei risparmiatori italiani, tema oggetto del 4° Rapporto Censis-Assogestioni “I risparmiatori oltre la crisi”.
I numeri del rapporto
Il rapporto mette in luce, in primis, una riduzione della liquidità nei portafogli dei risparmiatori italiani nel 2022 (meno 20 miliardi di euro, -1,6% in termini reali) a fronte di un aumento nei 10 anni precedenti pari a 470 miliardi (+61,8%). La causa di questa riduzione della liquidità è appunto l’inflazione che ha portato i risparmiatori a cercare nuovi modi per riallocare i propri risparmi. Da qui la necessità di compiere nuove scelte finanziarie, non supportate, però, dalle competenze culturali in tema di investimento. De Rita parla di “diseducazione finanziaria” e, a supporto di questo termine richiama i risultati di un questionario somministrato a un campione di risparmiatori da cui emerge che “il 40,9% non conosce l’effetto dell’inflazione sul potere d’acquisto dei redditi, il 35% non sa come opera il tasso di interesse attivo su un conto corrente, il 47,8% non comprende gli effetti del tasso di interesse passivo su un prestito bancario, il 41,6% non sa distinguere tra azioni e obbligazioni”.
Si delinea dunque uno iato tra “quello che i risparmiatori ritengono di sapere e quello che sanno veramente”, per cui l’esperto parla di “danni della presunzione di sapere” (che espone al rischio di fare scelte sbagliate, confermato da un 40,2% di soggetti convinti di avere competenze che ha sperimentato perdite contro il 29,8% di chi ritiene di avere scarse conoscenze in materia), da cui il tema centrale dell’evento dedicato alle “incompetenze nascoste egli italiani”. “Per risolvere il problema delle inconsapevolezze nascoste occorre scardinare il cortocircuito che coinvolge la consulenza finanziaria e l’educazione”, afferma Alessandro Rota, direttore ufficio studi di Assogestioni. “Chi è troppo fiducioso nelle proprie conoscenze finanziarie tende, infatti, a rivolgersi meno ai consigli di un professionista mentre chi possiede delle vere conoscenze si affida di più agli esperti”. Rota rileve tuttavia come, in bnase ai risultati dell’Osservatorio Assogestioi siano 11,5 milioni gli italiani che investono in fondi. “Questo significa che oggi un cittadino su cinque utilizza uno strumento di investimento che impone, per sua natura, un approccio alla diversificazione, alla programmazione e all’investimento professionale”.
La tavola ronda
La domanda su come accrescere l’educazione finanziaria degli italiani ha radici antiche. La sua attuazione all’interno dei circuiti sociali e culturali del Paese vede un primo passaggio nell’educazione scolastica e si auspica possa prendere forma nella definizione Ddl Capitali, approvato lo scorso aprile. il tema delle competenze finanziarie è stato anche oggetto di discussione nel corso della tavola rotonda che ha coinvolto Saverio Perissinotto, vice presidente di Assogestioni e presidente del Comitato educazione finanziaria dell'associazione, il senatore Dario Damiani, Alessandra Staderini vice capo servizio educazione finanziaria Banca d'Italia, Mauro Marino presidente OCF, e Stefano Lucchini presidente FEduF, sulle iniziative in materia di educazione finanziaria e sulle azioni che andrebbero intraprese dal governo per promuoverne le finalità. “L’educazione finanziaria si può e si deve imparare a scuola”, afferma Staderini sottolineando come il primo progetto promosso in tal senso da Palazzo Koch risalga al 2008 e oggi si contino 38 ‘filiali’ in cui docenti della scuola primaria si sono formati nei seminari promossi da Bankitalia. D’altronde, come sottolinea Perissinotto, “Si teme ciò che non si conosce” e il Ddl Capitali, in tal senso, “è stato un passaggio importante perché con questo provvedimento si raggiunge l’obiettivo fondamentale di rendere l’educazione finanziaria materia di studio”.