Shi (UBS AM): “Una crescita più lenta consentirà alla Cina di ristrutturare la sua economia”

Bin Shi
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La Cina è una grande economia, con un grande mercato azionario e si trova ora in una fase di cambiamento significativo”. A dirlo è Bin Shi, senior portfolio manager dell’UBS (Lux) Equity Fund China Opportunity – prodotto che vanta il rating di Consistente Funds People – cogestito con Projit Chatterjee e Derrick Sun. L’esperto sottolinea che “le industrie che traevano benefici dal vecchio modello di crescita trainata dagli investimenti sono sempre di meno e il tasso di crescita del PIL complessivo calerà inevitabilmente”. Dall’altro canto, il settore dei servizi è in pieno sviluppo ed è diventato un forte driver di crescita. Tra i settori con maggiori opportunità secondo Shi ci sono internet, l’healthcare e quello dei consumi ma anche i più tradizionali come l’assicurativo. 

Nella selezione dei titoli, il team adotta un approccio fondamentale nel lungo termine. “Ci soffermiamo sul valore intrinseco dei prezzi, con un processo decisionale uidato da una ricerca interna di tipo bottom-up. Puntiamo alle aziende leader (o promettenti) nei settori che offrono buone opportunità di crescita nel lungo termine. È grazie a questo approccio che il nostro fondo ha ottenuto rendimenti importanti a 3 e 5 anni sia in termini assoluti che relativi”.

Sui possibili effetti che il renminbi potrebbe avere sul portafoglio, il gestore ricorda che “la moneta è disaccoppiata dal dollaro e fa parte di un paniere di valute che ha sostanzialmente attenuato il ruolo del biglietto verde”. Gli esperti prevedono nel corso dei prossimi tre anni una svalutazione graduale del renminbi sul dollaro del 3-5% che, se controllata, non dovrebbe avere conseguenze significative per il portafoglio. “Mentre l’UBS China Opportunity Fund è denominato in dollari statunitensi, il deprezzamento del renminbi può avere un lieve effetto negativo sugli utili non distribuiti delle aziende. È un fattore che analizziamo nel nostro processo di selezione e riteniamo che l’effetto della nostra selezione dei titoli possa essere più forte di quello della valuta grazie al nostro approccio d’investimento disciplinato”.

Rispetto alla situazione del debito della Cina sul Pil e sulla possibilità che questo possa trasformare il Paese in un rischio sistemico, Shi non intravede minacce nel breve termine. “La leva finanziaria è aumentata rapidamente in Cina negli ultimi anni, raggiungendo il 280% del suo Pil nel 2016. Tuttavia, gran parte del debito è stato destinato al finanziamento di attività relativamente improduttive come quella immobiliare ed è sempre più utilizzato per finanziare il capitale operativo e il pagamento di interessi. Due terzi del debito corporate sono di società statali e ricevono prestiti dalle banche di proprietà dello Stato. Il governo centrale e le famiglie non subiscono particolarmente la leva finanziaria. Le compagnie del settore privato stanno crescendo rapidamente e stanno finanziando la crescita interna con livelli di debito minimi o assenti”.

L’esperto ricorda che nel 2015 il Pil del Paese ha superato i 10.000 miliardi di dollari (il 18% dell’economia mondiale). “Un livello di crescita stimata al 6-6,5% è ancora molto elevato. Riteniamo che una crescita più lenta sia migliore per consentire alla Cina di ristrutturare la sua economia, di implementare le riforme e affrontare i problemi legati al debito”. E ricorda che “la crescita del settore terziario ha già superato quella del secondario e continua ad accelerare. A nostro giudizio, la qualità della crescita e i flussi di cassa miglioreranno nel corso del tempo”.

Un’ultima riflessione, infine, riguarda l’importanza di monitorare l’evoluzione futura dei rapporti tra Cina e USA: “Finché il nuovo governo Trump non farà chiarezza sulle politiche commerciali che potrebbero aggravare le tensioni con la Cina, qualsiasi ri-negoziazione potenziale degli accordi commerciali potrebbe essere vantaggiosa per entrambi i Paesi”, conclude Shi.