Speculative e volatili, investitori e istituzioni si confrontano con le criptoattività

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Nicolas Picard (Unsplash)

Un’attività volatile e “altamente speculativa”. Mentre le criptovalute (in testa il Bitcoin) affrontano l’ennesimo crollo dalla loro nascita, tra alterne vicende le diverse criptoattività continuano a tenere banco nel mondo finanziario e istituzionale. Il tema è stato toccato anche dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco che, nelle Considerazioni finali presentate ieri 31 maggio, ha indicato come manchino ancora “tassonomie condivise a livello internazionale” sul termine, riferibile d’altronde, “a strumenti tra loro molto eterogenei”.  In primis Palazzo Koch ricorda una divisione centrale nelle cripto: quelle emesse “a fronte di attività reali o finanziarie (fully-backed stablecoins)”, che possono assicurare in determinati casi un valore stabile nel tempo, e quelle “prive di tale supporto”. Queste ultime sono, nelle parole del governatore, “prive di un valore intrinseco, connotate da un’elevata volatilità e, di conseguenza, esposte a significativi rischi di vendite improvvise; esse vengono per lo più utilizzate con finalità speculative”. A seconda delle loro caratteristiche, le criptoattività “possono quindi presentare diversi livelli di rischiosità, di cui la regolamentazione, nel disciplinarne la diffusione, deve tenere conto”.

Normativa (e diffidenza) UE

Anche per questo motivo l’Europa accelera verso una normativa comune nel settore (Markets in Crypto-Assets Regulation, MiCAR), “che prevede sia regole comuni per l’emissione e l’offerta al pubblico di criptoattività sia requisiti per la prestazione di servizi a esse collegati, come l’acquisto, la custodia e la vendita”. Secondo Visco restano, tuttavia, questioni aperte, “come la possibilità che gli utenti accedano ai mercati delle criptoattività senza il coinvolgimento di operatori regolamentati”. Una visione critica e condivisa da più parti. Soltanto pochi giorni prima, la presidente della BCE Christine Lagarde, ha dichiarato (in un'intervista a una rete televisiva olandese) che i crypto asset "non valgono nulla, sono basati sul nulla, non c'è alcun asset sottostante che funga da ancora di sicurezza". E anche le ESAs, le autorità di controllo europee (ESMA, EBA ed EIOPA) qualche mese fa avevano lanciato l’allarme definendo le criptovalute come “altamente rischiose e speculative”, e indicando una serie di accorgimenti perché i soggetti che scelgono di investire in cripto prendano decisioni di investimento informate.

Investitore, rifuggi dal rischio crypto!

Parlando della caduta di Bitcoin (che “ha perso un terzo del proprio valore da inizio 2022 e circa la metà rispetto ai massimi dello scorso anno”) e di altre criptomonete (che “hanno registrato crolli ancora peggiori”) Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer UBS WM Italy nota come abbia “messo in discussione alcune argomentazioni degli investitori nei confronti di questa particolare asset class”. A partire da una millantata garanzia di “maggiore diversificazione rispetto ad altri investimenti come, ad esempio, il mercato azionario”, beneficio che “non si è materializzato nell’attuale fase turbolenta dei mercati finanziari”; e proseguendo con il richiamo alla “presunta natura di ‘oro digitale’ che offrirebbe protezione in caso di inflazione”. Ipotesi, quest’ultima, smentita dall’attuale crollo. “Per queste ragioni – afferma Ramenghi –, continuiamo a considerare le criptovalute come strumenti altamente speculativi che non dovrebbero far parte delle asset allocation strategiche degli investitori”.

Anche PGIM, in un recente intervento, ha espresso le sue “riserve” sull’asset definendo le criptovalute alla stregua della “kriptonite” per i portafogli di investimento. “L'ultimo crollo delle criptovalute (in gran parte causato dall’inadeguata progettazione di una cosiddetta ‘stablecoin’) pone in evidenza solo uno dei tanti motivi per cui le criptovalute sono una scelta errata per gli investitori a lungo termine”, sottolinea la società. "In qualità di investitori a lungo termine e di fiduciari per conto dei nostri clienti, per aggiungere una nuova asset class in portafoglio, essa deve rispondere a tre requisiti: deve avere un quadro normativo chiaro, deve costituire un'efficace riserva di valore e deve avere una correlazione prevedibile con altre asset class", afferma David Hunt, CEO di PGIM. "Attualmente le criptovalute non soddisfano nessuno di questi tre requisiti. È decisamente più una speculazione che un investimento".

Eccezione blockchain

Fa eccezione, nella visione critica del fenomeno finanziario, la tecnologia sottostante. Ramenghi di UBS sottolinea come sia basata “sulla registrazione simultanea di operazioni su molteplici terminali per garantire la sicurezza in assenza di un sistema centralizzato”, pur indicandone il limite con “l’elevato consumo di energia, che la rende quindi meno vantaggiosa per il sistema dei pagamenti che deve gestire una massa enorme di operazioni”. Secondo Taimur Hyat, chief operating officer di PGIM “Le aziende che abilitano applicazioni blockchain nel mondo reale (come la compensazione e il regolamento delle transazioni, la prevenzione delle frodi e la tokenizzazione di asset reali) offrono una creazione di valore significativamente maggiore nel corso del prossimo decennio. Vale – conclude l’esperto –  l’antico assioma: quando c'è una corsa all'oro, investi in pale e picconi".