La global market strategist presenta l’outlook per il prossimo anno: continua la cavalcata degli Stati Uniti, tuttavia il rischio è di politiche inflazionistiche sotto Trump. Bene il tech, ma importante diversificare. Bond europei sovrani core a protezione da eventuali shock della crescita.
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Scenario favorevole per il 2025, ma la chiave è ampliare i confini per una maggior diversificazione. Anche il prossimo anno le mega cap USA dovrebbero correre, ma anche altre parti del mercato americano risultano interessanti, supportate dall'ambiente pro crescita sotto la presidenza Trump. Opportunità in Europa e Cina, più consistenti nel caso di piani di stimolo che rilancino queste regioni del mondo oggi in difficoltà. E in ottica multi-asset, i bond rimangono essenziali per proteggere i portafogli, in un contesto che presenta comunque delle incertezze.
L’outlook 2025 che J.P. Morgan Asset Management ha presentato ieri alla stampa appare in continuità con il contesto positivo del 2024, che nel complesso si è dimostrato benigno per i mercati. A guidare l’economia mondiale e le performance, saranno ancora gli Stati Uniti e le grandi aziende tecnologiche. Ma le aspettative sempre più elevate sulle Magnifiche 7, seppur sostenute dagli utili, accrescono il rischio di delusioni e di una correzione. Da qui, la necessità guardare oltre questo mercato, alla ricerca di ulteriori fonti di diversificazione.
Continua la corsa degli USA
L’agenda delle politiche di Trump di tagli delle tasse, maggiore deregolamentazione, dazi e contrasto dell’immigrazione dovrebbero supportare il trend positivo degli Stati Uniti, sostenuto dai consumi e da un mercato del lavoro piuttosto robusto. “Ma al di là della crescita resiliente, la situazione odierna degli Stati Uniti è molto diversa dal 2016 quando ha avuto inizio il primo mandato di Trump, ed è caratterizzata da maggiori squilibri”, spiega Maria Paola Toschi, Global Market Strategist della casa di gestione, che evidenzia l’inflazione più alta e il maggior deficit pubblico rispetto al precedente governo del tycoon. “Oggi i tassi USA sono sensibilmente più elevati rispetto ad allora. La Fed dovrebbe continuare con l'allentamento: ci aspettiamo un taglio di 25 punti base nel meeting dicembre. Ma ci sono delle nubi all’orizzonte”, avverte.
Secondo l’esperta, la Fed dovrebbe intraprendere un percorso di politica monetaria più incerto. Questo perché le politiche di Trump potrebbero avere degli impatti sull’inflazione. “Le misure di controllo dell’immigrazione potrebbero portare a un calo dell’offerta di lavoro e riaccendere delle pressioni sui salari innescando una spirale inflattiva”, dice. “Inoltre, l’inflazione negli Usa è in calo, ma alcune sue componenti legate ai servizi e agli alloggi si stanno dimostrando più resistenti. Nel 2025 ci aspettiamo una Fed più cauta nei tagli dei tassi. E con una politica della Fed meno prevedibile, maggiore volatilità sui treasuries”, argomenta la strategist.
Anche i dazi potrebbero avere delle conseguenze dirette sull’inflazione, per degli aumenti dei prezzi delle importazioni. Toschi si attende un approccio meno estremo sulle tariffe rispetto a quanto minacciato da Trump nella campagna elettorale. “Ci sarà più spazio per accordi. Ad esempio, per la Cina la scure era di tariffe del 60%. Ma le ultime notizie parlano di una maggiorazione del 10% dei dazi già in essere. Nel caso del Messico i dazi potrebbero essere usati come leva nelle trattative per regolare i flussi migratori verso gli USA”, spiega Toschi.
Divergenza tra BCE e Fed
Sull’altra sponda dell’Atlantico, l’Europa è penalizzata da difficoltà legate al ciclo economico e alla debolezza politica di due Paesi chiave come Germania e Francia. Il timore è che il rallentamento economico abbia una natura strutturale, con il gap nei confronti degli Stati Uniti destinato ad allargarsi.
Emblematica di questa situazione è la crisi dell’automotive in Germania, un fenomeno esasperato dalle crescenti importazioni di auto elettriche dalla Cina. “L’Europa deve ripensare le sue politiche per fronteggiare un rallentamento che appare strutturale, facendo tesoro delle indicazioni del report Draghi”, afferma Toschi. “Ad oggi, un volano per la crescita è rappresentato dal recovery fund, di cui beneficiano Italia e Spagna. Mentre la Germania, seppur disponga di uno dei debiti pubblici più bassi delle economie sviluppate, non riesce a rompere il tabù del debito e a mettere in campo nuovi investimenti. Ma l’Europa ci ha abituato a delle svolte nei momenti di crisi e potremmo essere in presenza di uno di questi momenti”, osserva. Ma una cosa è chiara: dato il deterioramento della crescita, “la BCE potrebbe avere più urgenza della Fed di tagliare i tassi”, afferma l’esperta.
Cina, attesa per nuovi stimoli
Per le aziende cinesi i dazi non sono una novità, e appaiono preparate alle politiche del nuovo inquilino della Casa Bianca dopo anni di friendshoring. Ma il Dragone fatica per dei problemi interni, per la crisi immobiliare e il calo dei consumi: “Ora la Cina ha più motivazioni per varare nuove misure di stimolo fiscale”, dice Toschi. “I recenti interventi non sono stati il bazooka che i mercati si attendevano, ma sono un segnale che la Cina sta reagendo”, afferma.
L’IA non è una bolla
A livello di scelte di portafoglio, nonostante le valutazioni elevate, gli Usa continuano a essere il mercato di riferimento. Ma con la giusta dose di cautela. “Vi è grande euforia attorno ai nomi del tech che hanno capitalizzato il boom dell’IA. Questo è un rischio per le aspettative troppo alte. Ma non si tratta di un mercato cresciuto senza un sottostante di risultati economici e utili che giustifichino le valutazioni. Non siamo in presenza di una bolla come quella delle dot-com”, dice Toschi.
Il monito è di andare oltre i titoli più noti dell’S&P 500, per ampliare l’allocazione ad altre porzioni degli indici americani. “L’intelligenza artificiale rimane interessante, ma all’interno di questo tema sarà sempre più necessario spostarsi dai titoli legati alla prima fase dell’IA delle infrastrutture e dell’hardware, verso le aziende di software e di servizi, seguendo la tendenza di una maggior pervasività dell’IA nei settori economici”, analizza Toschi.
L’Europa scambia a livelli di sconto storicamente alti rispetto agli indici americani in tutti i settori, incorporando nei prezzi il ritardo nella crescita. Le valutazioni a buon mercato rendono interessante questo mercato, malgrado la fase complicata. “Al di sotto della superficie ci sono delle opportunità, me è importante essere selettivi”, averte Toschi. La Cina potrebbe uscire dalla trappola del valore, con i prezzi scontati dei titoli che non bastano per attrarre gli investitori. “Tematiche come la tecnologia o i consumi della classe media rimangono interessanti”, dice Toschi. “Anche la dispersione tra le valutazioni tra le aree emergenti è un tema nel nostro radar, perché concede spazio al valore della gestione attiva”, spiega.
Ripensare il portafoglio
In vista del 2025, J.P. Morgan AM invita a ripensare la diversificazione del portafoglio. In quest’ottica risultano interessanti i bond sovrani, che possono fungere da scudo da eventuali shock della crescita. In particolare, per la casa di gestione sono attraenti i titoli di Stato europei (BTP compreso) per una direzione più prevedibile della BCE rispetto alla Fed. “I bond possono proteggere il portafoglio da contraccolpi sulla crescita. Ma sono più vulnerabili a shock sul fronte dell’inflazione, che sarà più volatile nel lungo termine”. Per difendersi da questo rischio, l’interesse del gestore è sul potenziale dei mercati privati e degli asset alternativi. “Completano il portafoglio con delle fonti di rendimento decorrelate dalle asset class tradizionali, proteggono dall’inflazione e riducono la volatilità”, conclude Toschi.