Tosetti Value, ecco come costruire un portafoglio anti-volatilità

tosetti
immagine concessa

Sterlina, oro, debito governativo, corporate e azioni. Dario Tosetti, presidente e AD di Tosetti Value SIM, spiega dove si trova valore in una fase tanto complessa per i mercati e i risparmiatori e sottolinea l’importanza della costruzione di un portafoglio diversificato e con asset decorrelati.

Come state proteggendo i vostri clienti dall’effetto Brexit?
Gli investitori che supervisioniamo si sono avvicinati alla data del 23 giugno con portafogli conservativi, basati su elevata liquidità, focalizzazione sui titoli delle aziende su cui abbiamo molta tranquillità e convinzione, alcune posizioni su strategie alternative, decorrelate dai mercati tradizionali, posizioni di copertura e diversificazione, quali il dollaro americano, l’oro, derivati di pura copertura. I movimenti sui mercati finanziari nei giorni post-Brexit sono stati convulsi, con una prima reazione negativa allo shock, in particolar modo sulla sterlina inglese, seguita da un parziale recupero dei titoli azionari, e soprattutto un ulteriore abbassamento dei tassi d’interesse sui titoli obbligazionari governativi, con in particolare il titolo tedesco a dieci anni che è arrivato a rendere il -0.19%. I portafogli non sono stati movimentati in maniera significativa poiché, ben bilanciati, hanno avuto un comportamento finora soddisfacente. L’abbondante liquidità consente di mitigare la volatilità ma anche di approfittare di occasioni che secondo noi, in questo contesto, si stanno creando.

Cosa vi chiedono i clienti rispetto al passato?
Quello di sempre: protezione del valore reale del patrimonio; corretta remunerazione rispetto al grado di rischio del programma d’investimento. È ovviamente parecchio cambiato negli anni il contesto di riferimento in cui si pongono questi obiettivi, soprattutto per quanto riguarda i tassi d’interesse. Occorre quindi ragionare in termini reali e soprattutto riflettere con l’investitore di quanto sia opportuno e tollerabile aumentare il livello di rischio per ottenere ritorno sugli investimenti.

Dove si trova valore oggi?
La decisione popolare inglese si è riflessa sui mercati determinando un drastico calo della propensione al rischio degli investitori. I rendimenti dei titoli di Stato USA (considerati asset sicuri) sono diminuiti di oltre 30 pb lungo tutto lo spettro delle scadenze. Il decennale di Washington rende oggi circa l’1,4%, valore identico al minimo storico raggiunto a metà 2012 durante l’attuazione del QE da parte della Fed. Di entità molto simile è stata la flessione dei rendimenti dei Bund tedeschi, la cui curva è oggi negativa fino ai quindici anni. I governativi italiani e spagnoli, dopo un iniziale deprezzamento, sono tornati sui livelli dei giorni precedenti la consultazione referendaria in quanto compresi nel programma di acquisto di titoli della BCE. Il costo del servizio al debito corporate (sia investment grade sia high yield) su entrambe le sponde dell’Atlantico, inoltre, è diminuito in linea con i rispettivi governativi. In considerazione di tale risicatissimo livello dei rendimenti obbligazionari nei paesi industrializzati e, nel medio termine, del prevedibile atteggiamento espansivo da parte della Fed e soprattutto della BCE, della BoE e della BoJ, il debito pubblico di alcuni paesi emergenti costituisce probabilmente oggi una delle poche opportunità di investimento nell’ambito del reddito fisso. Alcuni governativi asiatici e sudamericani sembrano particolarmente interessanti alla luce dei fondamentali economici e fiscali in miglioramento, delle riforme in atto e dell’allentamento monetario in corso. Nonostante l’ondata di avversione al rischio degli ultimi giorni, infatti, le curve dei tassi di molte economie emergenti sono migliorate e le rispettive divise si sono apprezzate contro dollaro e soprattutto euro.

In tema azionario?
Le valutazioni dell’equity europeo appaiono interessanti dopo il recente violento storno. L’andamento di tale asset class, tuttavia, dipenderà nel prossimo futuro dall’aggiornamento delle stime di crescita continentale e globale e soprattutto dal modo in cui verrà affrontato il problema degli NPL bancari.

In seguito al risultato del referendum britannico la sterlina si è deprezzata del 10% circa contro l’euro. E adesso?
Questo indebolimento non pare destinato a rientrare nel medio termine in considerazione dell’allentamento monetario – finalizzato a contenere gli effetti recessivi della decisione di lasciare l’Unione - che la BoE ha già lasciato presagire, del prevedibile allargamento del deficit della bilancia dei pagamenti, dell’incertezza politica che regna oggi a Londra e dei tempi potenzialmente molto lunghi di attuazione del “Brexit”. Pare anzi verosimile che la divisa britannica possa deprezzarsi ulteriormente nel prossimo futuro nei confronti della moneta unica e soprattutto del dollaro.

E l’oro, continuerà la sua corsa, dopo il marcato apprezzamento delle ultime settimane?
È più difficilmente pronosticabile. Il metallo giallo potrebbe proseguire nel rialzo qualora la propensione al rischio degli investitori dovesse mantenersi molto contenuta oppure nel caso (oggi difficilmente prevedibile) in cui le pressioni inflattive dovessero intensificarsi su scala planetaria e negli Usa in particolare. Viceversa un restringimento della politica monetaria Usa più repentino di quanto oggi stimato o il ritorno degli investitori alla ricerca di asset di rischio potrebbero nuocere al prezzo dell’oro. Il down side per l’oro appare in ogni caso oggi più limitato rispetto al potenziale rialzo e il suo status di bene rifugio decorrelato dagli asset di rischio lo rende interessante in un’ottica di diversificazione di portafoglio.

In termini generali, come va costruita un’asset allocation?
Va impostata caso per caso in funzione di diverse variabili. Alcuni accorgimenti tattici sono preferenza per la liquidità; stare sui nomi su cui si ha la maggiore fiducia; diversificare con asset decorrelati e che possano svolgere una funzione di hedge all’interno del portafoglio.