Tre grafici che spiegano come guardare alle tensioni sul commercio globale

Richard, Flickr, creative commons
Richard, Flickr, creative commons

L’infinita contesa sui dazi tra Cina e Stati Uniti sta mettendo sotto pressione la catena del commercio globale. La portata mondiale delle tensioni rende difficile rintracciare segnali inequivocabili degli effetti del braccio di ferro in corso. Si alternano, in particolare, analisi, non sempre convergenti, su quali siano i settori e i Paesi più colpiti, con inoltre la difficoltà di tradurre tali segnali in indicazioni sugli andamenti delle differenti classi di attivo.

Incertezza e produzione industriale

Un aiuto in tal senso può arrivare dalla correlazione tra incertezza politica, misurata attraverso il Global Economic Policy Uncertainty Index, e produzione industriale sottolineata dagli analisti di DWS.

DWS

“Due cose sono abbastanza sorprendenti”, affermano gli esperti di DWS. “In primo luogo, quanto fosse debole nei primi anni di questo decennio il legame tra le variazioni dell'incertezza e la produzione industriale globale, e in secondo luogo quanto sia diventato nel tempo sempre più stretto questo legame”, affermano. “Lo stesso vale, a maggior ragione, se si considerano i dati del commercio mondiale”, specificano. “Sempre più spesso”, concludono gli analisti della società tedesca, “le imprese pensano che le minacce politiche alle filiere di approvvigionamento globale potrebbero rivelarsi più o meno permanenti”.

Razionalità e irrazionalità politica

Partendo dal presupposto che ciò che sta accadendo nel commercio mondiale rappresenti un danno generalizzato all’economia globale è necessario fare delle distinzioni. È questo il tentativo operato da Michael Metcalfe, global head of Macro Strategy di State Street, che mette a confronto gli indici dei direttori d’acquisto di Stati Uniti e Cina per comprendere lo stato attuale della contesa.

State Street

Il sentiment nel settore manifatturiero statunitense è sprofondato negli ultimi nove mesi, con particolare forza negli ultimi quattro”, fa notare. “Contemporaneamente”, spiega, “il corrispettivo cinese, almeno per quanto riportato dai dati ufficiali, si mantiene a livelli stabili dall’inizio dell’anno”. In un recente paper congiunto a firma di accademici della Harvard University e della University of Chicago, con inoltre il contributo della Federal Reserve Bank of Boston, ci si chiede, giustamente secondo Metcalfe, “se e quando la razionalità economica arriverà a coincidere con la razionalita politica” in vista di un abbassamento delle tensioni.

Valutare i dati positivi

Uno dei dati maggiormente portati all’attenzione degli investitori per corroborare la tesi di un’economia statunitense lontana dal pericolo recessione e, quantomeno parzialmente, immune da effetti negativi dovuti alla política di innalzamento delle tariffe commerciali riguarda i dati sull’occupazione, vicini ai massimi storici. Un’argomentazione non immune dal pericolo di generare immotivate speranze. Marco Vailati, responsabile Ricerca e Investimenti di Cassa Lombarda, affronta la questione dal punto di vista europeo guardando alla crescita del numero di posti di lavoro nell’Eurozona coincidente con il mandato di Mario Draghi alla Banca centrale europea.

Cassa Lombarda

L’aumento degli occupati”, sottolinea Vailati, “è condizione necessaria ma non sufficiente per generare crescita”. “È necessaria perché alimenta la propensione al consumo ma non è sufficiente perché per tradursi in consumo deve abbinarsi alla fiducia che dipende dalla qualità dell’occupazione e dalle prospettive future”, conclude. Prospettive che nel caso della prosecuzione della guerra sui dazi sono da considerare quantomento incerte.