Nella gestione del risparmio degli italiani il comune denominatore resta la voglia di sicurezza. Ecco quali potrebbero essere delle soluzioni alternative, non alla liquidità ma alla componente obbligazionaria, secondo Carlo Benetti (Gam Italia SGR).
La liquidità accumulata dagli italiani dall’inizio della crisi supera i 1.300 miliardi di euro. È quanto emerge dall’indagine della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane. Contanti, conti correnti e depositi a breve termine sono arrivati a rappresentare circa un terzo della ricchezza finanziaria complessiva, la cassaforte è preferita all’impiego produttivo del denaro e la liquidità è diventata arma di difesa contro l’incertezza. "Nella gestione del risparmio il comune denominatore resta la voglia di sicurezza o, in parole semplici, la paura di perdere. Sarebbe sbagliato costringere a cambiare comportamento coloro, probabilmente la gran parte, che provano una forte avversione al rischio e alle perdite", spiega Carlo Benetti head of market research and business innovation di GAM (Italia) SGR S.p.A. L'esperto, nella sua rubrica "l'Alpha e il Beta' presenta tre possibili soluzioni (alternative non alla liquidità ma alla componente obbligazionaria) che possono dare al portafoglio quella stabilità che le obbligazioni tradizionali non danno più.
Le cartolarizzazioni ipotecarie
La prima soluzione è quella delle cartolarizzazioni dei mutui ipotecari. "Saltare sulla sedia, ricordando i fatti del 2007 e del 2008, è lecito. Guardare al segmento senza pregiudizi è decisivo, perché può rivelare aspetti interessanti", afferma Benetti. Si scoprirebbe ad esempio che negli Stati Uniti il segmento delle cartolarizzazioni delle ipoteche vale oltre settemila miliardi di dollari e rappresenta il 23% dell’intero mercato obbligazionario americano. E’ il segmento più vasto e liquido dopo quello dei Treasury e offre rendimenti superiori ai Treasury a parità di scadenza. E’ una leva di diversificazione con titoli tra loro molto diversi per caratteristiche e rendimento, concorre ad aumentare le difese del portafoglio dall’aumento dei tassi abbassando la volatilità e soprattutto la correlazione con le altre classi di attivo.
Le obbligazioni dei Paesi Emergenti
Un’altra possibile soluzione è quella delle obbligazioni emergenti. Per l'esperto "tra le buone ragioni a favore di questa classe di attivo le due più importanti sono il riequilibrio dei conti che ha fatto seguito al violento deleveraging dopo il 2013, e la convincente crescita economica". Le obbligazioni emergenti rappresentano una efficace ‘value proposition’ per diversificare il portafoglio obbligazionario, beneficiano dii rendimenti elevati e, i Paesi esportatori di materie prime, della riduzione dei tassi di interesse. Le obbligazioni beneficiano dunque della cedola generosa e dell’apprezzamento per la riduzione dei tassi.
Le emissioni subordinate
La terza soluzione candidata a ottimizzare la componente obbligazionaria dei portafogli è costituita dalle emissioni subordinate. "Se si ricordano i fatti relativi ad alcune emissioni subordinate bancarie italiane, anche in questo caso è lecito saltare sulla sedia. Ma guardando meglio, l’intuizione di combinare assieme la struttura di capitale più debole con la qualità dell’emittente è semplice e geniale insieme", sottolinea Benetti. Cambia radicalmente la prospettiva, il maggior rendimento dei subordinati viene legato alla bassissima probabilità di default.
"Queste tre possibili soluzioni di investimento sono utili alla diversificazione della componente obbligazionaria e, come qualsiasi investimento finanziario, hanno bisogno di un congruo orizzonte temporale. L’eccesso di liquidità nel risparmio degli italiani invece interpella la consulenza finanziaria perché denuncia un’educazione finanziaria evidentemente ancora scarsa", conclude Benetti.