La vittoria di Trump ha dato sprint ai listini statunitensi. Si attendono però effetti misti su economia globale, inflazione e crescita, con possibili criticità per l’Europa.
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La vittoria di Donald Trump alle presidenziali statunitensi avrà una serie di effetti attesi. Nelle scorse settimane il mondo finanziario si è impegnato, infatti, in un esercizio di adeguamento dei portafogli alle conseguenze, da un lato di una prosecuzione delle politiche avviate dall’amministrazione Biden con una vittoria di Kamala Harris, dall’altro a un ritorno a un’economia protezionista e nazionalista sotto l’egida di “America First” già avviata otto anni fa dalla prima presidenza Trump. Oggi i giochi sono chiusi. E il fatto di conoscere chi guiderà la principale economia (oltre che la più forte democrazia) del pianeta ha già avuto i suoi effetti sui mercati.
Stop all’incertezza
“L’incertezza politica è svanita per ora (nessun riconteggio, nessun disordine sociale, nessuna decisione politica importante prima di gennaio), il che potrebbe sostenere il consueto sollievo per gli asset di rischio post-elettorale”, commenta Vincent Chaigneau, head of research, Generali Investments. Anche Richard Flax CIO di Moneyfarm nota come “una vittoria così netta elimina almeno uno dei principali scenari negativi: non dovremmo assistere a contestazioni elettorali e si può sperare in un passaggio di testimone senza complicazioni”. Flax sottolinea che la reazione iniziale dei mercati è stata decisa, “con le azioni statunitensi, il dollaro e il rendimento dei titoli di Stato al rialzo. Allo stesso tempo, gli indicatori di volatilità dei mercati azionari hanno registrato un calo”. Reazioni legate, come detto, al nuovo indirizzo della politica USA, “con la probabile riduzione delle imposte, dazi commerciali più alti e un ampliamento del deficit fiscale”.
Un risultato prezzato dai mercati
Filippo Di Naro, CIO di Anima SGR in una call organizzata con gli investitori nota come, nonostante i sondaggi non abbiano individuato la direzione del voto, un risultato immediato di quest’ultimo è aver “calmierato i mercati rispetto a ulteriori incertezze”, in quanto questi ultimi già vedevano in Trump un soggetto che “potesse dare un sostegno alla crescita” e sicuramente nell’ambito dei mercati azionari la reazione è stata immediata. Il rialzo dei tassi registrato dai mercati obbligazionari è invece un movimento “che avevamo intuito nelle ultime settimane, perché anche se i sondaggi avevano mostrato incertezza i mercati avevano già previsto una vittoria di Trump, e si assiste adesso a un allineamento del risultato più atteso alla realtà”. Certo, bisogna attendere le prossime settimane per comprendere come si comporteranno, ma anche Fabio Fois, head of Investment Research & Advisory della società, indica come su fronte macro, le politiche del nuovo presidente dovrebbero avere “poco impatto sul nostro basement, che vede l’economia americana andare verso un soft landing”. D’altronde, qualsiasi misura il presidente deciderà di mettere in atto avrà i suoi effetti dopo il 2025 che si delinea già come “un anno di transizione”.
Effetti sugli investimenti: azionario sotto la lente
Flax di Moneyfarm indica che le misure politiche attese da Trump, “dovrebbero tradursi in una crescita più robusta e, potenzialmente, in un'inflazione più elevata. In questo contesto, le azioni statunitensi potrebbero risultare più appetibili rispetto a quelle globali, che sono maggiormente esposte agli sviluppi del commercio internazionale. Pertanto, per il momento, si tratta di uno scenario favorevole per l’azionario, meno positivo per l’obbligazionario statunitense”, questo “sebbene l’aumento dei rendimenti osservato nell'ultimo mese potrebbe presentare opportunità in futuro”. Anche Chaigneau indica come i rendimenti del Tesoro rimangano “orientati al rialzo in questo momento, anche se cercheremo opportunità di acquisto più avanti quest’anno poiché la valutazione del mercato sull’equilibrio della Fed inizia a sembrare tesa”.
Un movimento di “steepening”
L’analisi di Marco Midulla, portfolio manager di Symphonia SGR parte dai tre punti su cui si era concentrata la campagna elettorale del nuovo presidente: meno tasse, più dazi, meno immigrazione. “Questi temi – afferma Midulla –hanno un impatto diretto sull'inflazione e sulla crescita, influenzando quindi i tassi di interesse e il mercato interno. La curva dei Treasury si alza in un movimento di ‘steepening’, con il rendimento del Treasury a dieci anni che aumenta di 15 punti base, atterrando intorno al 4,45 per cento. Il dollaro si apprezza contro tutte le valute, con un calo dell'euro del 1,8 per cento. Anche il mercato azionario americano sale di circa il 2%". Diverso l’impatto sul resto del mondo. Midulla nota la discesa immediata del mercato azionario cinese (-3%) “mentre il mercato europeo segue parzialmente il rialzo americano, guidato dai settori più ciclici, dalle banche e dal ribasso dei tassi di interesse. Infatti, il movimento sui tassi europei (con il tasso decennale tedesco che scende di 5 punti base, e uno spread di 20 punti base rispetto ai Treasury) esprime chiaramente una certa preoccupazione per l'economia europea. Si diceva che una vittoria di Trump potrebbe comportare una decrescita del PIL europeo fino all'1 per cento. Per Maurizio Malvasi, fund analyst di Hedge Invest interpellato sul punto da FundsPeople, il secondo mandato di Trump pone l’attenzione dei mercati "su una serie di implicazioni da non trascurare”. In primo piano, l’esperto pone la deregolamentazione del settore finanziario e i regimi di tassazione societaria più contenuti, "che delineano un outlook positivo per le imprese americane, in particolare per le small e mid cap”. Inoltre, “i rapporti con i partner commerciali internazionali (inclusa l'eventuale applicazione del Reciprocal Tariff Act) e l’imposizione di dazi alla Cina rimangono temi controversi, che influenzeranno le prospettive di crescita globale e inflazione”.
Quali effetti sull’Europa
Concentrando l’attenzione sugli effetti sull’Europa, Chaigneau riporta come “l’effetto principale a medio termine sull’area euro sarà attraverso il commercio”. L’esperto afferma che “un dazio generale del 10% sulle importazioni sarebbe un cambiamento significativo che si aggiungerebbe ai venti contrari fiscali e strutturali per l’economia dell’area euro e potrebbe ridurre di almeno 0,2 punti percentuali la nostra previsione di crescita del PIL per il 2025, attualmente all’1,0%”. A breve termine, questo si aggiunge all’elevata incertezza politica e alle preoccupazioni per le fragili speranze di ripresa dell’area euro.
Sul fronte degli investimenti poi, Filippo Di Naro indica che per il mercato azionario europeo, “tendenzialmente la vittoria di Trump potrebbe portare delle incertezze per le tariffe, ma non si vedono scenari particolarmente negativi perché l’Europa al momento è un’area già sottopesata dagli investitori internazionali”. Anche Moneyfarm conserva “un’esposizione marginale all’azionario europeo e, in alcuni casi – conclude Flax –, l’abbiamo ridotta, a causa di previsioni meno favorevoli sugli utili delle società in Europa”.