Un’analisi sulla Cina: tema per tema

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Siamo appena entrati nell’anno del maiale. Secondo la tradizione cinese uno dei tratti positivi di questo segno è l’affidabilità. Nel 2019 la Cina riuscirà ad essere all’altezza di questo appellativo? Ci sono tantissime questioni che riguardano il Dragone Rosso che preoccupano gli investitori. Analizziamole una per volta:

Guerra commerciale: È senza dubbio il tema più importante. Innanzitutto, è importante distinguere due livelli del conflitto: la guerra tariffaria e la guerra tecnologica. Secondo David Loevinger, sovereign analyst, EM di TCW, quest’ultima è certamente destinata a inasprirsi nel corso dell’anno. “Verranno introdotte restrizioni molto più estese all’esportazione di tecnologia statunitense in Cina e agli investimenti cinesi nel settore tech USA. Per quanto riguarda i dazi, l’approccio scelto dagli Stati Uniti, unilaterale, senza coordinamento con gli alleati e senza fare ricorso a istituzioni multilaterali, minacciando e imponendo sanzioni, rende estremamente difficile per i negoziatori cinesi far approvare internamente un accordo di qualunque tipo”. Il rischio importante legato alla trade war è il suo l’impatto sugli investimenti e l’incertezza che genera nel business.

Banche: “L’economia cinese deve affrontare una regolamentazione più stringente del settore finanziario, un aumento dei fallimenti societari, un’applicazione più decisa delle leggi ambientali, un settore immobiliare in rallentamento e un calo delle esportazioni che sta coinvolgendo tutta l’Asia, con l’indebolimento della domanda globale”, fa notare Loevinger. “In questa nuova fase, c’è da aspettarsi che il PIL cinese rallenti, tuttavia la qualità della crescita non potrà che migliorare”, spiega Rob Marshall-Lee, head of Asian and Emerging Equities di Newton IM (BNY Mellon). Martin Gilbert, co-chief executive di Aberdeen Standard Investments, aggiunge che “mentre l'economia sta affrontando alcuni venti contrari nel breve termine, il quadro appare molto più positivo a lungo termine”.

Crescita interna: La Cina mostra un tasso di espansione più lento e questo non significa possa danneggiare le aree dell’economia cinese rivolte ai consumi, anche perché di pari passo sta aumentando la quota del PIL determinata dalla crescita dei salari. “Le politiche più recenti mirano a facilitare la fornitura del credito e ad aiutare le classi medie attraverso tagli all’IVA e alle imposte sul reddito”, spiega Rob Marshall-Lee. Il settore terziario rappresenta una quota crescente del PIL e domina la nuova fase di crescita basata sui consumi. In aggiunta, i cambiamenti delle politiche cinesi sull’educazione, sulla sanità, sulle assicurazioni e sul web promettono bene per i settori dei servizi. “Questi business tendono ad avere ritorni più alti sulle azioni, governance migliori e un potenziale di crescita sostenuto: tutte considerazioni chiave per gli investitori che mirano a ottenere ritorni compositi nel lungo periodo”, sostiene.

“Inoltre, l’economia cinese, che cresce di oltre il 6% l’anno, ha una solida bilancia dei pagamenti, con oltre 3 trilioni di dollari di riserve in valuta estera, contro 1,9 trilioni di dollari di debito estero. I tassi di default rimangono estremamente bassi e i policy maker hanno introdotto misure di alleggerimento fiscale e monetario per stimolare la crescita. Il miglioramento del contesto finanziario interno ha portato a una ripresa delle condizioni del credito”, aggiunge Martin Gilbert.

Riforma del mercato dei capitali: Dal punto di vista degli investimenti, la Cina sta aprendo per la prima volta i suoi mercati dei capitali agli investitori stranieri. “FTSE, MSCI e S&P stanno aggiungendo sempre più azioni cinesi A-shares ai loro indici globali. Questo aumenterà la minuscola partecipazione straniera al mercato, esponendo le gestioni locali a standard globali di affidabilità e contribuendo a promuovere una mentalità d’investimento a più lungo termine”, fa notare Gilbert.

Una società che ha potuto già trarre vantaggio dall’apertura del mercato è Tesla, la quale si trova in procinto di avviare la costruzione di uno stabilimento a Shanghai di cui possiederà il 100% delle partecipazioni; in precedenza, case automobilistiche come General Motors o Ford erano state costrette a creare joint venture. “La mossa di Tesla ha dei precedenti: BMW ha infatti potuto aumentare dal 50% al 75% la partecipazione nella sua joint venture, mentre nel settore dei servizi finanziari, UBS ha ottenuto l'approvazione per acquisire una maggioranza del 51% in una joint venture locale che si occupa di intermediazione mobiliare”, spiega Jin Xu, gestore di portafoglio, azionario asiatico di Columbia Threadneedle Investments.

Un ultimo aspetto importante per gli investitori nel 2019 sarà l’inclusione della Cina nei principali indici obbligazionari globali. “Non c’è più un grande flusso di capitali verso la Cina. Il Paese perciò vuole attirare gli investimenti stranieri e vede l’inclusione negli indici come un modo per raggiungere tale obiettivo”.