Unicredit e MEF: nulla di fatto su MPS. E il gestito si prepara agli scenari futuri

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Hassan Pasha, Unsplash

Negoziati interrotti, ipotesi stand-alone di nuovo alla ribalta e richiesta alla UE di un'estensione del termine ultimo per la privatizzazione della banca fino a fine 2022. Dal mancato accordo tra ministero delle Finanze e Unicredit in merito alla cessione di Banca MPS (di cui il Tesoro detiene ancora il 64%) il passo verso le ricadute sul fronte del risparmio gestito è breve. Anima torna sotto la lente del settore a causa del contratto di distribuzione sottoscritto con Rocca Salimbeni e rinnovato fino al 2030, sollecitando l’attenzione del mercato.

Per chiarire meglio il perimetro della vicenda occorre però fare un passo indietro. Dopo i rumor del fine settimana, Piazza Gae Aulenti e il MEF hanno ufficializzato (anche dietro sollecito di Consob in vista della pubblicazione dei risultati della banca prevista per il 27 ottobre) la chiusura dei negoziati per la cessione di Banca Montepaschi: “Nonostante l'impegno profuso da entrambe le parti, UniCredit e il ministero dell'Economia e delle Finanze (MEF) comunicano l'interruzione dei negoziati relativi alla potenziale acquisizione di un perimetro definito di Banca Monte dei Paschi di Siena”, si legge nella nota. I motivi sarebbero da ricondurre da un lato al mancato accordo sugli esuberi del personale, e dall’altro al capitale: criticità emersa sin sai primi scambi e posta tra le priorità anche dall’AD Andrea Orcel. Lo scorso luglio il CEO aveva parlato del ruolo che l'M&A poteva giocare “come potenziale acceleratore". In una nuova lettera inviata ai dipendenti Orcel sottolinea come fosse "nostro dovere identificare opportunità in linea con la nostra strategia e che rappresentino la cosa giusta per Unicredit", allo stesso modo, continua il CEO "è nostro dovere non coglierle in mancanza di determinati presupposti". Lo scarto tra l’aumento di capitale richiesto da UniCredit e la cifra a cui era disposto ad arrivare il governo si aggirerebbe intorno ai 2 o 3 miliardi. Secondo indiscrezioni di stampa, il ministero delle Finanze sarebbe stato disposto ad arrivare soltanto a 5 miliardi (cifra quest’ultima che includeva anche i 2 miliardi di benefici dalla conversione delle DTA).

L’IPOTESI STAND-ALONE

Nessuna possibilità di superare questa barriera. Secondo ipotesi degli analisti, l’interruzione delle trattative tra l’istituto di piazza Gae Aulenti e il Tesoro rafforzerebbe la posizione di Banco BPM e anche quella di BPER sull’asset (citati anche player esteri come oltre ad alcuni istituti esteri come Credit Agricole e BBVA), ma Banco BPM si è affrettato a smentire il suo interesse. “L’ipotesi ‘spezzatino’ di BMPS tornerebbe quindi sul tavolo, sebbene la giudichiamo complessa sia tecnicamente che dal punto di vista politico”, scrive Equita SIM.

La fattibilità del modello stand-alone sarebbe già all’ordine del giorno per il Tesoro anche secondo Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia. “È una soluzione che sarà valutata con particolare attenzione dal MEF ma che richiede un ingente aumento di capitale che difficilmente potrà essere ricavato dal mercato sulla scia della perdita di credibilità delle strategie industriali della banca senese”. Una nuova operazione di M&A avrebbe al momento “poche chance”, dice l’esperto, e anche Banco BPM ha smentito la possibilità di una tale operazione. In ogni caso “chiunque si siederà al tavolo delle negoziazioni richiederà le stesse condizioni estremamente favorevoli poste da Unicredit”. IG Italia non esclude però che Unicredit e MEF possano riaprire il dialogo “e trovare un compromesso sulle questioni che hanno fatto saltare l’accordo”. Intanto, come anticipato, i movimenti degli ultimi giorni hanno aperto, a cascata, un altro fronte: quello del risparmio gestito.

ANIMA, TRE SCENARI

Sempre Equita, infatti, evidenzia come MPS sia “uno dei partner strategici” di Anima, con Aum di “circa 17 miliardi e una penetrazione sul totale dei fondi della clientela della banca del 58% circa”. Sono tre gli scenari aperti dalla nuova geografia degli accordi che potrebbe definirsi dopo l’interruzione delle trattative tra Unicredit e MEF. In un primo caso, che vede delle trattative tra Banco BPM e MPS, le ricadute su Anima sarebbero positive dal momento che “Banco Bpm rappresenta il più grande partner distributivo di Anima con Asset Under Management per circa 44 miliardi e un contratto fino al 2037”, scrive Equita. Nell’ipotesi spezzatino sarebbero da valutare “le modalità tecnico-giuridiche dell’operazione e i soggetti coinvolti (sulle filiali acquisite da soggetti diversi da Banco Bpm potrebbero esserci dei rischi)”. Un altro scenario ipotizza invece una combinazione tra Unicredit e Banco BPM. In questo caso entrerebbe in gioco un altro player: Amundi che ha un contratto di distribuzione con Unicredit fino al 2026. Interrogata sul punto, Anima non ha rilasciato dichiarazioni.