UTI, il 70% della crescita del PIL indiano è trainato dal consumo domestico

Taj Mahal
Jeremy Rover, Flickr, creative commons

Il mercato obbligazionario indiano è valutato a circa 1.700 miliardi di dollari. Di questi, solo 80 miliardi sono accessibili a investitori stranieri (non-indiani). Il limite della partecipazione straniera è monitorato fortemente dalla Banca centrale indiana e probabilmente destinato ad aumentare di pari passo con lo sviluppo del mercato indiano. L’accesso ristretto a questo mercato ne comporta l’esclusione dai principali indici obbligazionari mondiali, offrendo l’opportunità di una grande diversificazione e di un investimento principalmente sostenuto da investitori locali.

“La difficolta è appunto entrare nel mercato indiano mentre vendere è molto più facile”, spiega Matteo Ottonello, distributore UTI per il mercato italiano. UTI offre un fondo UCITS con liquidità giornaliera ed è tra le poche società di gestione del risparmio indiano ad offrire questo prodotto di nicchia. UTI permette accesso al mercato domestico direttamente evitando di dover passare attraverso l’iter burocratico indiano. “Nell’universo dei fondi indiani, possiamo contare oltre 30 fondi azionari, ma solo sette operatori hanno il permesso e le competenze per offrire fondi UCITS obbligazionari”, osserva Ottonello.

l successo di UTI è dovuto alla sua forte presenza locale nel mercato e alla qualità della ricerca sulle aziende indiane. Infatti, UTI vanta numerosi analisti finanziari a stretto contatto con le società. Ciò permette di generare rendimenti interessanti tramite un’attenta selezione e una comprensione migliore delle dinamiche locali.

Attualmente il fondo obbligazionario di UTI offre un rendimento del 8,0% con i tassi sul breve a 6,5% e un'inflazione in calo al 4,5%. Il Paese ha un rapporto debito/PIL pari al 66%, metà di quello italiano e con un tasso di crescita annuale del 7%. Il gestore obbligazionario di UTI, Rahul Aggwarti, ha una visione a lungo termine: “Il nostro obiettivo è quello di offrire agli investitori accesso al mercato obbligazionario e una gestione attiva della duration”. Il fondo investe nella valuta sottostante indiana ma offre classi denominate in euro e dollari sulla piattaforma di Allfunds.

Un aspetto interessante dell’investimento in India è il suo isolamento rispetto alle vicende mondiali. Oltre il 70% della crescita del PIL indiano è trainato dal consumo domestico interno. Di conseguenza, investire in India può limitare la volatilità in un portafoglio globale in caso di una recessione e/o all’aumentare delle tensioni commerciali internazionali. Su questo lato, l’India ha un vantaggio rispetto al resto del mondo perché esporta solo il 12% del suo PIL. Inoltre, siccome l’accesso agli investitori stranieri è limitato come menzionato precedentemente, l’India è meno vulnerabile a crisi sistemiche. Nella crisi finanziari del 2008, l’India è stato uno dei pochi Paesi a non dover subire una crisi bancaria dovuto all’isolamente del sistema finanziario indiano e dalla severa supervisione del sistema bancario dalla Banca centrale. Di conseguenza, l’economia indiana è stata tra i primi paesi emergenti a riprendersi.

“Sempre più investitori stanno riconoscendo l’inefficienza nel raggruppare i Paesi emergenti in unico indice e i più sofisticati hanno iniziato a studiare paese per paese e fare investimenti selettivi”, spiega Ottonello. Avere un’allocazione specifica per paese è sicuramente un progresso importante nella definizione di asset allocation strategica. A differenza di altri Paesi emergenti, il debito estero indiano è molto basso per motivi storici. Tutti i titoli di Stato sono in valuta locale e solo una piccola parte di obbligazioni, principalmente delle società sono emesse in dollari. L’India ha registrato una rapida crescita negli ultimi anni. Il Paese ha un rapporto debito/PIL pari al 66%, metà di quello italiano e con un tasso di crescita annuale del 7%.

In Italia i fondi di UTI sono distribuiti dalla società Elstone Limited e presenti sulla piattaforma di Allfunds.