Vent'anni d'indipendenza al Fee Only Summit

Fee Only 2022
Fee Only 2022 (foto FundsPeople)

La due giorni apre facendo di conto: 540 consulenti autonomi (e oltre 50 domande d’iscrizione già inoltrate) e 62 società iscritte. Un incremento del 40% nell’ultimo anno, molti giovani professionisti (l’età media è di 44 anni). I numeri li sciorina Cesare Armellini, presidente e amministratore delegato di Consultique, che insieme a Giuseppe Romano, direttore Ufficio Studi e Ricerche, Luca Mainò, direttore commerciale, e Giulia Armellini, project manager, ha aperto l’undicesima edizione del Fee Only Summit. L’evento dedicato alla consulenza finanziaria indipendente, a Palazzo della Guardia di Verona, vede susseguirsi sul palco numerosi interventi, tra speaker dell’asset management e docenti universitari. “Non è stato facile in questi vent’anni far emergere la consulenza indipendente, oggi possiamo dire tutti chi siamo e cosa facciamo” spiega Luca Mainò.

Vent’anni di indipendenza che corrispondono alle candeline che ha spento l’associazione. Con un video che ne ripercorre la storia dalle origini, passando per il 2018 (anno della nascita dell’albo unico) per approdare al 2022. “Un traguardo raggiunto”, continua Armellini ricordando il percorso della consulenza indipendente “per affermare con forza la nostra categoria nel mondo finanziario. Negli anni abbiamo coinvolto istituzioni, banche, società intermediarie, economisti con lo scopo di dare voce ad un’esigenza: quella di offrire ai risparmiatori una consulenza autonoma, analizzando i portafogli degli investitori in base al rapporto costi/efficienza, con una parcella fissa. Elemento determinante per il nostro mandato”.

Deglobalizzazione totale o relativa?

I temi ci sono tutti, dall’attuale situazione economica e finanziaria all’uso sempre più presente nel mercato italiano di strumenti finanziari come gli ETF per finire alle tematiche ESG. La sostenibilità, d'altronde, da agosto è entrata anche nel mondo della consulenza, con la MiFID verde: i consulenti devono effettuare un test di idoneità prima di raccomandare un prodotto ai loro clienti. “Già prima della data ufficiale i nostri consulenti erano MiFID compliant e ESG compliant, attraverso una serie di indicazioni, strumenti e software che abbiamo messo a disposizione” dice Romano.

Tra gli speaker anche Carlo Pelanda, professore di Economia e Geopolitica economica all'Università Marconi di Roma, che ha tentato di dare una chiave di lettura alla platea sulla situazione geopolitica odierna. Già nel 2013, dopo l'annuncio da parte di Barack Obama di voler creare due aree di mercato ad integrazione crescente e standard comuni con 11 nazioni del Pacifico (Tpp), per lo più democrazie, e l'Ue (Ttip), Pelanda aveva avviato un programma di ricerca con il titolo: Deglobalizzazione conflittuale e riglobalizzazione selettiva. “In realtà, al momento, ci troviamo di fronte ad una deglobalizzazione relativa. Abbiamo due blocchi contrapposti: da una parte l’America, dall’altra la Cina. Con Xi Jinping la politica cinese è cambiata, la competizione è aumentata e aspira ad un potere simmetrico, se non superiore alla potenza occidentale”.

Il conflitto russo-ucraino è un chiaro sentore. Tutto questo ha chiaramente delle ripercussioni anche sul fronte finanziario ed economico, laddove inflazione e caro energia, per non parlare della questione legata alle materie prime, complica gli asset globali. “La soluzione sarebbe guardare ad altre aree meno sviluppate e inserirli nel ciclo commerciale e finanziario del sistema occidentale. Ma servono dei trattati economici e politici che gli Stati Uniti non sono in grado di portare avanti. Nell’elettorato americano prevale il protezionismo e non c’è la propensione a creare accordi internazionali. Non solo con l’Europa ma anche, ad esempio, con l’area dell’indo-pacifico”. Secondo Pelanda la soluzione sarebbe una nuova pax americana. “Il mondo finanziario deve guardare all’architettura geopolitica globale e capire cosa chiedere. Non ci sarà più la stabilità degli ultimi decenni ma il mondo della finanza e dell’economia può fare pressione per una ricompattazione politica”, conclude l’esperto.