Verdecanna (State Street): “Criteri ESG tra moda e sostanza”

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“Non basta più una solida base finanziaria e un’eccellenza operativa per essere una società di successo”, affermaDanilo Verdecanna, country manager di State Street Global Advisors per l'Italia. In un contesto in continua evoluzione, sono diverse le caratteristiche che una società deve avere per poter essere un vero game changer ed emergere in un settore sempre più concentrato come quello della finanza. “A livello generale, guardando al futuro riteniamo che innanzitutto le società con maggior valore e più sostenibili debbano anche essere efficienti nell’applicazione dei principi ESG”. Secondo il manager, in Italia i cambiamenti vengono recepiti con lentezza ma le cose stanno migliorando. “Fino ad ora la tematica ESG è stata cavalcata come un tema di moda, ma col passare del tempo si sta riempendo di contenuti", sottolinea Vardecanna. "Nei gli anni passati l’etichetta ESG è stato anche un modo per distinguersi. Fra cinque/sei anni essere SRI sarà assolutamente mainstream, in quanto andiamo verso un mondo più sostenibile, dove ci sarà maggiore sensibilità degli investitori al tema ma soprattutto perché dalla ricerca emerge che aziende ESG (rispettose dell’ambiente e dei diritti umani, con una governance trasparente e board indipendenti) tendono a sovraperformare e riducono fortemente il rischio reputazionale”. E a dirlo sono i dati: dallo studio ‘Performing for the Future’ di State Street condotto lo scorso anno su 475 investitori a livello globale si evince che la maggior parte delle istituzioni (80%) ha adottato una componente ESG nelle proprie strategie di investimento e oltre due terzi (68%) del campione ha affermato che l’integrazione dei criteri ESG ha significativamente migliorato i risultati della gestione. 

L’importanza della diversity nei board
Uno dei temi sviluppato nel 2017 da State Street in Australia, UK e USA è stato proprio quello di aumentare il numero di donne nei board delle società attraverso operazioni di engagement. I risultati del 2017 rivelano che “a fronte di 757 società su cui abbiamo esercitato pressione, 152 hanno inserito almeno una donna nel loro board”, spiega Verdecanna. Quelle società lavoreranno meglio e di conseguenza gli investitori saranno maggiormente tutelati. “Paradossalmente un gestore come State Street con molte masse in strategie azionarie indicizzate (dei 2,8 trilioni di USD di masse, 1,7 sono gestiti in equity indicizzato), può essere più proattivo dal punto di vista della stewardship”. Il manager spiega infatti che i tre maggiori gestori al mondo (BlackRock, Vanguard e State Street) hanno in comune il fatto di gestire molte masse passive, il che significa avere molti capitali investiti all’interno di aziende e questo consente in qualche modo di essere uno shareholder di riferimento. “Per quanto riguarda la nostra attività di stewardship, nel 2017 abbiamo votato in 150.000 risoluzioni aziendali e nel 13% dei casi abbiamo votato contro, ovvero abbiamo ostacolato quelle aziende in cui non abbiamo visto segnali di miglioramento in tema ESG o diversity”, conclude.