Viaggio dietro i tassi negativi del debito pubblico

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Rosmarie Voegtli, Flickr, Creative Commons

Quella che sembrava un’eccezione sta diventando la regola. Gli investitori non solo non chiedono rendimenti positivi ai titoli tedeschi ma, per un giro perverso di eventi, sono addirittura disposti a pagare gli interessi ai loro debitori. Il Bund tedesco, infatti, si colloca in terreno negativo a dieci anni (dal -0,66% a due anni fino al -0,11% a dieci). A prima vista potrebbe sembrare un comportamento irrazionale. Tuttavia, sono diverse le motivazioni che spiegano quest’insolita situazione che si estende, inoltre, ad altri titoli di Stato come i francesi. È quanto si evince dal grafico di Legg Mason Global AM che raccoglie i rendimenti reali (con inflazione scontata) dei titoli decennali delle quindici più grandi economie:

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Innanzitutto, c’è l’iniezione di liquidità della Banca Centrale Europea (BCE) che, con i suoi programmi di acquisto del debito pubblico (PSPP) e corporate (CSPP) cerca di fugare lo spettro della deflazione (il dato dell’IPC di maggio relativo all’Eurozona è del -0,1% secondo Eurostat). A questo vanno aggiunti i nuovi cicli di liquidità alle banche europee denominati TLTRO o prestiti condizionati a lungo termine. Questa politica provoca un aumento della domanda e, di conseguenza, del prezzo delle obbligazioni che, a sua volta, comporta una caduta dei loro tassi di interesse (per la relazione inversa tra prezzo e tassi di interesse). Inoltre, pensare al Bund tedesco come asset esente da rischio implica che molti fondi e gestori sono obbligati a investire una percentuale del portafoglio in questo tipo di asset come strategia di copertura e diversificazione.

Questo significa che, anche se il tasso di interesse si colloca sotto lo zero e il prezzo aumenta, c’è una domanda minima praticamente garantita, specialmente in scenari di incertezza (aumentata dopo il risultato del referendum nel Regno Unito) dove gli investitori ricercano maggiore sicurezza. Dall’altra parte, le previsioni della BCE sulla bassa inflazione nell’Eurozona per i prossimi anni (0,2% nel 2016 e 1,3% nel 2017 rispetto all’obiettivo del 2%) potrebbero comportare un lungo periodo di tassi bassi, nonostante le previsioni di continuità del programma di acquisto del debito della BCE che si protrarrà, in teoria, fino a marzo del 2017. Di fatti, Scott A. Mather, CIO U.S. Core Strategies e managing director di PIMCO, sostiene che “i mercati sembrano guardare a queste politiche come misure disperate e, di conseguenza, dannose per la stabilità economica e finanziaria”, il che aumenta la richiesta di asset ritenuti sicuri.

Con l’inflazione che si aggira intorno allo zero nella zona euro, si potrebbe pensare che un rendimento basso non costituisca un problema grave al momento. Tuttavia, potrebbe diventarlo per il settore finanziario, danneggiando i suoi margini di rendimento, se la situazione non dovesse cambiare nel breve periodo, il che sta portando a una ristrutturazione del settore. In virtù di tutto questo, molti esperti, come il premio Nobel di Economia Paul Krugman, ritengono che potremmo trovarci di fronte a una trappola della liquidità, nella quale gli investitori preferiscono mantenere il denaro liquido piuttosto che investirlo in asset, nonostante la politica della BCE penalizzi la liquidità e cerchi di stimolare il flusso di quest’ultima verso l’economia reale.

Tuttavia, tutto sembra indicare che per fomentare la crescita sarà necessario adottare misure che vadano oltre la politica monetaria della BCE che ha sempre meno margine. Queste misure dovrebbero lavorare per generare maggiore fiducia, come afferma Guy Wagner, AD di BLI-Banque de Luxembourg Investments, sostenendo che “con una crescente incertezza politica, i titoli di Stato rappresentano un rifugio sicuro, nonostante il loro basso rendimento”. Infatti, come sostiene John Beck, responsabile Global Fixed Income di Franklin Templeton Investments, “la fiducia è il fattore decisivo” dal momento che i fondamentali “non giustificano delle curve di rendimento negative fino a quindici anni, come succede con il debito tedesco o i titoli giapponesi a quarant’anni con un rendimento dello 0,08%”.

Riassumendo, potremmo concludere che le aspettative di bassa inflazione e la mancanza di fiducia sono gli elementi che si celano dietro i tassi negativi. Fattori che spingono gli investitori a posizionarsi in asset di minor rischio, come l’obbligazionario, anche quando i rendimenti di quest’ultimo sono negativi.