Gli istituzionali accelerano negli investimenti ESG. E cresce la necessità di dati “omogenei”

Itinerari Previdenziali

La centralità degli investimenti ESG per gli investitori istituzionali trova ancora una volta conferma nei numeri. Cresce, nel 2023, la quota di quanti dichiarano di adottare già politiche di sostenibilità e, tra quanti non hanno ancora operato questo “cambio di passo”, la stragrande maggioranza ha posto le basi di un’accelerazione in tal senso. Certo è che in molti casi i prodotti socialmente responsabili sono già presenti in portafoglio pur in assenza di un’esplicita policy ESG dell’ente. Questi, e altri risultati, emergono dalla survey condotta dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali e realizzata con il patrocinio dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) e della Federazione Banche Assicurazioni e Finanza (FeBAF) presentata ieri 19 aprile a Roma nel corso del “Forum ESG e sul Welfare Integrato”, organizzato da Itinerari Previdenziali presso la sede Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense. “La capacità di mettere a fuoco questo tipo di problematiche e di alzare l’asticella dell’ente in termini di aspettative e di qualità dei prodotti si configura come esigenza centrale”, ha commentato il presidente della Cassa, Valter Militi, in apertura della mattinata di lavori, sottolineando come l’ente (e altri attori istituzionali) si sia dotato di un team dedicato, appunto, alle tematiche oggetto di analisi.

La ricerca, giunta alla sua quinta edizione, va a porre le basi scientifiche del terzo Quaderno di Approfondimento 2023 “ESG e SRI, le politiche di investimento sostenibile degli investitori istituzionali italiani”, e ha coinvolto 123 enti (erano 106 nel 2022) in Italia tra Casse di Previdenza privatizzate, Fondazioni di origine Bancaria, fondi pensione preesistenti e negoziali per un totale patrimoniale di oltre 246 miliardi di euro (circa l’86,5% dei patrimoni finanziari totali di queste entità); e Compagnie di Assicurazione, per un totale investimenti prossimo ai 300 miliardi, rappresentativo di circa il 42% del totale investimenti della classe C (rami Vita diversi dai prodotti Linked e rami Danni).

Fonte: Quaderno di Approfondimento 2023 - “ESG e SRI, le politiche di investimento sostenibile degli investitori istituzionali italiani”

I numeri

Nel dettaglio dei numeri presentati da Gianmaria Fragassi coordinatore del progetto per Itinerari Previdenziali, oltre la metà dei rispondenti (52%) dichiara di adottare già politiche di investimento ESG (percentuale inferiore a quella del 2022 data dall’aumento del campione); mentre l’80% di quanti hanno risposto negativamente ha già discusso il tema in CdA. L’applicazione delle politiche ESG all’intero patrimonio si conferma poi per il quarto anno consecutivo come l’opzione più votata (il 38% delle preferenze).

Tra le motivazioni addotte a sostegno della scelta ESG primeggia la volontà di contribuire allo sviluppo sostenibile (86%); seguita dalla possibilità di una più efficiente gestione del rischio in portafoglio (69%), dal miglioramento della reputazione dell’ente (44%) e dalle migliori performance (22%).  Sul fronte dei motivi di questo slancio la “pressione del regolatore” è citata dal 20% dei rispondenti (era il 15% nel 2022). E appunto la normativa di settore si configura tra le spinte all’incremento futuro degli investimenti in strumenti SRI (confermato dal 51% dei rispondenti), tuttavia in percentuale inferiore rispetto alla rilevazione del 2022 (quando era del 68%). “Almeno per il momento – commenta Fragassi –, buona parte dei rispondenti (il 63%) ne valuta come limitati gli effetti, pur riconoscendo che, in prospettiva, potrebbe accentuare la propensione verso l’acquisto diretto di fondi ESG”.

Le necessità degli investitori istituzionali si confrontano, dunque, come emerso più volte, con una normativa in evoluzione e “accelerazione”. Il tema è stato oggetto dell’intervento di Giovanna Frati, vice responsabile dell’Ufficio Vigilanza SGR e OICR di Consob in un’approfondita digressione sulle regole di condotta e trasparenza informativa declinate sia lato intermediari sia lato emittenti. Questi cambiamenti “si stanno facendo sempre più urgenti per intensità e simultaneità”, ha commentato il presidente ASviS, Pierluigi Stefanini, sottolineando come questa urgenza richieda “una capacità di risposta inedita che sia basata, secondo i nostri principi, con la strategia 2030, e sia, universale, integrata e partecipata, attraverso un costante bilanciamento da costruire”.  

La centralità del dato

In questo scenario, commenta Gianfrancesco Rizzuti direttore operativo FeBAF, si muovono gli operatori che trovano come ostacolo principale “la difficoltà nella raccolta e nell’integrazione dei dati”, e richiama la necessità di un “sistema che offra la possibilità di avere dei dati omogenei” (citando come esempio il punto di accesso unico europeo Esap).  Il dato si conferma quale filo conduttore anche nell’analisi del tasso di crescita della finanza sostenibile, “proseguito nonostante l’instabilità dei mercati degli ultimi anni”, afferma Franco Panfili vice capo dipartimento mercati e sistemi di pagamento Banca d’Italia. “Per mantenere questa crescita – sostiene Panfili – occorrono azioni importanti, ne individuo tre: migliorare la qualità dei dati, ampliare le competenze dei team di investimento su queste tematiche, rafforzare l’offerta di prodotti ESG”. Per quanto riguarda il primo punto, infatti, “non solo la carenza e la bassa qualità di informazioni limitano la capacità degli investitori, ma ne minano anche la fiducia (vedi greenwashing)”.

Il punto con gli istituzionali

Per parte loro gli istituzionali da tempo hanno avviato una ricalibrazione delle priorità sostenibili mettendo in atto una serie di interventi anche lato interno. Come anticipato in apertura, la Cassa Forense si è mossa proattivamente con la creazione di un team ESG, “già quattro anni fa”, afferma Alessandra Festini, ESG manager dell’ente, che rimarca come per gli enti di previdenza di I pilastro “non ci siano obblighi normativi in tal senso” e riporta come, in questo scenario, la cassa adotti un duplice approccio: top down, “con lo stabilire obiettivi strategici di lungo periodo” e bottom up “con l’applicazione operativa di scelte e strategie ESG”. L’assenza di uno specifico obbligo normativo è comune anche alle fondazioni di origine bancaria, come riporta Marco Forte direttore generale Fondazione Monte dei Paschi di Siena, che sottolinea: “Come ente filantropico, siamo ESG da sempre”. I frutti degli investimenti, insomma, sono per il territorio, e su questa attività “siamo totalmente allineati con i 17 SDGs dell’Onu”.  Marilena Garlini asset manager BNP Paribas Cardif Vita, allarga il cambiamento in atto a una prospettiva globale: “Siamo un istituzionale, non produciamo beni che favoriscano la transizione (come eolico o fotovoltaico) quello che possiamo fare è indirizzare gli investimenti per sollecitare la transizione e incentivare gli ESG”. E anche lei cita la necessità di una maggiore “omogeneità dei dati”. Un tema ricorrente dunque, che torna nel ragionamento di Valentina Roticiani responsabile Funzione Finanza Previambiente. “La normativa è un fattore positivo – afferma – perché costringe tutti gli attori a tenerne conto e compie un tentativo di standardizzazione delle informazioni in capo agli operatori. Certo, si assiste a un aumento degli oneri in capo a tali soggetti”. Ma cosa blocca il tutto? “La significatività e qualità dei dati, oltre che la condivisione di metodologie e processi univoci”. Una duplice sfida per i gestori “del tempo e della misura” è quella richiamata infine da Davide Riccardi componente CdA e referente per le politiche ESG del Fondo Pensioni del Gruppo Banco Popolare, che sottolinea come “al di fuori del recinto normativo, all’allineamento alla Tassonomia e alle richieste di SFDR, chiediamo in che direzione andiamo insieme”.