A che punto siamo con le politiche delle Banche centrali

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foto: autor Tim Evanson, Flickr, creative commons

La BCE e la BoJ stanno rincorrendo la Fed. Tutte le Banche centrali stanno lavorando per passare alla nuova fase di normalizzazione delle politiche monetarie.

La Fed ha annunciato un nuovo rialzo dei tassi tra l’1,75% e il 2% che ha alimentato i movimenti sui mercati finanziari la scorsa settimana. Ad attirare l’attenzione sono stati "il discorso di Jerome Powell e le previsioni dei membri del FOMC, più interessanti e decisive. A marzo, infatti, si ipotizzavano i Fed Fund al 2,1% a fine 2018, a seguito di tre rialzi complessivi dei tassi nel corso dell'anno. Sono dati ora al 2,4% con, in previsione, un rialzo aggiuntivo dei tassi di riferimento”, commenta Olivier De Berranger, chief investment officer di La Financière de l’Echiquier. “I membri del FOMC mantengono altresì l'ipotesi di tre aumenti complessivi nel 2019. Powell ha affermato che la Fed non lascerà che l’inflazione superi in modo significativo l’obiettivo del 2% e che la stessa dovrà dimostrarsi pragmatica adeguando i tassi in base al comportamento dell’economia”. 

Come ben sappiamo, la Banca Centrale Europea ha comunicato la fine del quantitative easing per il prossimo dicembre, riducendolo graduatamene a 15 miliardi di euro mensili da settembre in poi. “Questa decisione ha provocato il crollo dell’indice delle aspettative degli operatori finanziari, proseguendo il calo quasi ininterrotto avviato a gennaio, osserva Marco Vailati, responsabile ricerca e investimenti di Cassa Lombarda

La stretta monetaria non coordinata tra le due Banche centrali avrà un impatto molto rilevante sull'economia e sulle condizioni finanziarie. Quando la massa monetaria verrà assorbita, o si tenterà di assorbirla, questa impatterà negativamente la maggioranza degli strumenti finanziari, soprattutto quelli agli estremi del risk spectrum, spiega Filippo Lanza, gestore del fondo HI Numen Credit (rating Blockbuster Funds People) di Hedge Invest SGR. “In questo contesto, l'asset class in assoluto più costosa rimane l'obbligazionario, soprattutto i titoli governativi tedeschi”. 

La Bank of Japan invece ha lasciato invariati i tassi di interesse rivedendo al ribasso le aspettative di inflazione che passano dall’1% circa in aprile a un range compreso tra lo 0,5% e l'1%. Tuttavia, “la Banca centrale ha ulteriormente ha deciso di ridurre i suoi acquisti mensili di titoli di Stato”, fa notare Olivier De Berranger. Bisogna sottolineare che sui mercati globali, la BoJ sta soffrendo di un serio problema di credibilità, spiega Jesper Koll, head of WisdomTree in Giappone. “Sono pochi quelli che ritengono che il Giappone possa permettersi di non seguire l'esempio degli Stati Uniti in materia di tassi di interesse”. 

Infine, oggi è prevista la riunione della Bank of England che secondo Alberto Biolzi, responsabile direzione wealth management di Cassa Lombarda, non dovrebbe agire sui tassi di interesse.