L’associazione ha presentato i dati sull’anno in collaborazione con PwC. Aumentano le operazioni (+30%). Cipolletta: presenza internazionale importante tra gli investitori.
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Raccolta in linea con l’anno precedente e investimenti in forte crescita per il mercato del capitale di rischio nel 2022. I risultati presentati in conferenza stampa il 15 marzo dall’Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt (AIFI), in collaborazione con PwC Italia – Deals, mettono in luce anzi, un record sul fronte investimenti, con una variazione percentuale del 61% delle risorse investite (sono 23,6 miliardi nel 2022, contro i 14,7 miliardi del 2021) e 848 operazioni (+30% sull’anno precedente). Sostanzialmente poco mosso, invece, l’indicatore sul totale delle risorse raccolte, che ammontano a 5,9 miliardi nel 2022: erano 5,7 miliardi nel 2021 (+3%) e 49 operatori (+11%). Mentre sul fronte dei disinvestimenti, nel 2022 l’ammontare disinvestito al costo di acquisto delle partecipazioni è stato pari a 4,4 miliardi, in crescita del 63% rispetto ai 2,7 miliardi dell’anno precedente.
I dati relativi allo scorso anno, sottolinea Innocenzo Cipolletta presidente AIFI nell’introdurre la presentazione, denotano non soltanto un buon andamento degli investimenti ma anche una presenza internazionale importante tra gli stessi investitori. E questo elemento “da un lato è rassicurante, perché conferma l’attrattività del nostro Paese; dall’altro indica una carenza: potrebbero essere molti di più gli operatori italiani che operano in questo segmento e quella del capitale di rischio potrebbe confermarsi una fonte di remunerazione del risparmio molto maggiore di quanto sia adesso”. Il tema è centrale per l’associazione, tuttavia, prosegue Cipolletta, “affinché il nostro mercato possa crescere è importante che ci sia una spinta della politica sia in termini di condizioni fiscali e regolamentari, sia in termini di impiego di capitali”. Il presidente di AIFI si sofferma poi sul momento in cui ci si trova a leggere questi dati, un periodo caratterizzato da un aumento dei tassi di interesse e da situazioni di tensione del comparto bancario (vedi SVB). “Anche se dalle prime indicazioni non ci si trova di fronte a una crisi sistemica, sicuramente le condizioni per il 2023 stanno cambiando in maniera sostanziale: restiamo in attesa di sapere cosa faranno le banche centrali, e quali saranno le ripercussioni anche per il mercato delle startup”.
I dati
Nel presentare il dettaglio dei numeri sul mercato italiano del private equity e del venture capital nel 2022, Anna Gervasoni, direttrice generale di AIFI sottolinea “il miglior anno di sempre”, richiamando i numeri su investimenti e operazioni indicati in apertura. Con riferimento alla provenienza geografica dei fondi raccolti sul mercato, la componente domestica ha rappresentato il 55%, mentre il peso di quella estera è stato del 45 per cento. A livello di fonti, il 18% della raccolta deriva da fondi pensione e casse di previdenza (890 milioni di euro), seguiti dalle assicurazioni (13%, 678 milioni) e dalle banche (9%, 448 milioni). “Gli investitori privati (in particolare investitori individiduali e family office) per quanto ancora con percentuali inferiori iniziano a essere significativi – afferma Gervasoni – e per accrescere questi risultati lavoriamo con il mondo del provate banking per aumentare la raccolta”.
Le fonti della raccolta sul mercato
Per quanto riguarda l’evoluzione dell’ammontare investito, Francesco Giordano, private equity leader di PwC Italia sottolinea come “dopo un primo semestre nel segno di grandi investimenti nelle settore infrastrutturale, il secondo semestre 2022 è stato caratterizzato da un notevole incremento dei buy out, che raddoppiano rispetto al 2021, grazie al contributo dei player internazionali che continuano a manifestare un significativo interesse verso le eccellenze del nostro paese”. Si è assistito inoltre a un incremento del 101% nel venture capital “che dal 2020 sta crescendo in modo significativo, grazie all’avvio dell’operatività di un soggetto di matrice istituzionale, focalizzato sugli investimenti in imprese nelle prime fasi di vita”, si legge in una nota e aumentano anche le operazioni in infrastrutture (+39%). Le operazioni di Expansion, invece, sono diminuite sia in termini di ammontare (483 milioni, -44% rispetto agli 858 del 2021) sia in termini di numero (46, -23% rispetto alle 60 del 2021). Infine, il segmento del turnaround, dedicato alle imprese in difficoltà, ha mantenuto un ruolo di nicchia, con solamente nove operazioni e 249 milioni investiti.
Large e mega deal
Il 2022 è stato caratterizzato da numerosi large e mega deal: ben 24 di cui sette operazioni con equity versato (“nelle nostre statistiche è presente soltanto l’equity value, non l’enterprise value”, specifica Gervasoni) compreso tra 150 e 300 milioni (large deal) e 17 operazioni di ammontare superiore ai 300 milioni (mega deal), che insieme hanno rappresentato il 76% dell’ammontare complessivo investito nell’anno (17,9 miliardi). Nel 2021 erano stati realizzati otto large deal e otto mega deal, per un ammontare pari a 9,8 miliardi (67% del totale).
Aree geografiche e settori
A livello settoriale, il 2022 ha visto al primo posto per numero di investimenti il comparto ICT, con il 27% delle operazioni totali, seguito dai beni e servizi industriali, 11%, e dal medicale, 10 per cento. Per quanto riguarda le aree geografiche la Regione che ha totalizzato la gran parte delle operazioni è la Lombardia con il 44% del numero degli investimenti in Italia, seguita da Lazio (10%) e Emilia Romagna (9%).