L’analisi del mondo degli ETF attivi e il loro utilizzo in portafoglio hanno costituito il focus della seconda parte della tavola rotonda di Fidelity International targata FundsPeople.
Per accedere a questo contenuto
L’analisi del mondo degli ETF attivi e il loro utilizzo in portafoglio hanno costituito il focus della seconda parte della tavola rotonda di Fidelity International targata FundsPeople.
Per accedere a questo contenuto
Negli ultimi anni gli ETF attivi sono diventati sempre più diffusi tra gli investitori. Nel contesto attuale, quale può essere il ruolo di questi strumenti all’interno dei portafogli?
E quale contributo possono dare alla generazione di reddito, che recentemente ha rappresentato una vera e propria sfida?
L’analisi del mondo degli ETF attivi e il loro utilizzo in portafoglio hanno costituito il focus della seconda parte della tavola rotonda di Fidelity International targata FundsPeople.
I commenti sono riferiti al contesto del 16 novembre 2022.
“Nel nostro impegno di selezione dei fondi tendiamo a considerare gli ETF attivi sullo stesso piano dei fondi attivi. Abbiamo un modello di allocazione top-down, che tende a ricorrere maggiormente agli ETF passivi, e quindi utilizzare gli ETF attivi prevalentemente in ambito tematico” osserva Alessandro Marchi, fund analyst di Euromobiliare Advisory Sim. “Detto ciò, quando parliamo un ETF attivo, la cosa più importante da considerare è la liquidità, oltre a porre molta attenzione al costo dello strumento: quando si compra un ETF, anche se è attivo, ci si aspetta un certo sconto rispetto a un fondo attivo simile. Ci tengo anche ad ampliare l'accezione di attivo, dicendo che un ETF attivo in un certo senso può sembrare contraddittorio, in quanto gli ETF nascono come concetti passivi, quindi è interessante che in sostanza l'applicazione della modalità attiva a un ETF possa aiutare a completare il mercato e creare più ‘granularità’ e più strumenti per gestire un portafoglio”. Secondo Marchi, in ambito tematico, in particolare, dove una parte del mercato è più recente, si rivela davvero utile ricorrere a diversi strumenti. “Potremmo dire che senza gli ETF sarebbe più difficile creare la corretta allocazione. Gli ETF a mio avviso risultano pertanto molto utili in questo senso, come strumento complementare a quello del fondo comune. Va detto poi che un investimento tematico viene solitamente percepito come un investimento di tipo azionario, da un lato perché si ricerca una crescita sul lungo periodo, non disponibile nell'obbligazionario, dall’altro per via del ristretto universo investibile: infatti molte delle società interessanti dal punto di vista tematico, non emettono bond. Ad esempio” prosegue l’esperto, “sarebbe molto difficile creare un veicolo di debito di cybersicurezza, perché semplicemente non ci sarebbero emittenti; oltre a queste due considerazioni, si aggiunge la minore liquidità delle obbligazioni rispetto alle azioni. Pertanto, possiamo trovare ETF obbligazionari tematici solo in specifici settori, come il clima e l’ambiente ad esempio, caratterizzati da maggiore liquidità, anche perché gli emittenti sono spesso governativi”.
1/3“Mi trovo ancora una volta d’accordo con Alessandro. Penso che i costi siano un tema importante, perché in un ETF si cerca un’alternativa con una commissione più bassa, considerato che richiede meno lavoro rispetto alla gestione giornaliera di un fondo attivo” fa eco Daniel Squindo, head of Fund of Funds and Advisory Multimanger Division di BCC Risparmio e Previdenza. “Ciononostante, non credo che il costo sia la parte più importante perché ora, soprattutto sul fronte tematico, abbiamo ETF che replicano un proprio indice, pertanto non più passivi in termini di selezione delle azioni scelte dal fornitore dell'indice”. Un approccio che consente di impostare sia il momento di ribilanciamento sia le società da includere, in base alle diverse metodologie. “Creare il giusto indice assume perciò importanza crescente, ad esempio in ambito small cap, dove si verifica molto turnover dei singoli nomi selezionati. C'è quindi molto spazio per una gestione attiva, anche con fondi passivi, che magari non avranno un ribilanciamento giornaliero, ma un approccio più lento o più ‘granulare’ a seconda degli ambiti e dei prodotti. Gli ETF, oltretutto, possono supportare la crescita dell'area tematica, in quanto si rivolgono anche ai clienti retail, che stanno cominciando a interessarsi agli ETF prevalentemente nell'azionario”. Squindo osserva come l’azionario tematico sia più interessante a livello sia di percezione sia di narrazione, rispetto al fixed income “e gli ETF possono essere usati per ampliare il portafoglio verso nuove aree di allocazione. Inoltre, il fixed income è un mercato caratterizzato da minore liquidità, mentre l'azionario è più facile da scambiare per creare un portafoglio diversificato. Una small cap, infatti, solitamente si concentra più sulla crescita tramite nuovi investimenti e non emette molto debito, altro fattore a supporto dell’investimento tematico azionario” conclude.
2/3Stefan Kuhn, head of ETF Distribution Europa di Fidelity International riprende il discorso sugli ETF attivi: “concordo con quanto detto in precedenza, ovvero i tematici come una delle aree più prominenti per gli ETF attivi. Penso che selezionare un fondo tematico, sia ETF o attivo, porti alle stesse domande: prima di tutto, se si crede nel tema, e secondo come si pensa debba essere rappresentato nel fondo”. Kuhn aggiunge una sfumatura riguardo gli ETF attivi: “offrono quello che potrei chiamare Beta+ o SmartAlpha, non esiste ancora un vero e proprio termine che sia diventato di uso comune. Quando costruiamo, ad esempio, i nostri ETF quality income, una delle caratteristiche chiave è l'assenza di un tilt a un settore o a un Paese, in favore di una selezione di singoli titoli sulla base di qualità e reddito. Pertanto, si tratta di qualcosa di meno attivo di quanto il nome ‘ETF attivo’ potrebbe suggerire, perché ciò che si ottiene è un beta di mercato con un orientamento attivo, ed è questo ciò che gli ETF dovrebbero essere e fare, a mio avviso ». Kuhn rileva come questa sia anche la principale differenza tra i fondi comuni attivi e gli ETF attivi, e giustifichi la differenza di costo tra le due tipologie. “I nostri ETF attivi non sono soltanto un fondo attivo vestito da ETF, ma un concetto davvero nuovo, che io chiamo - anche se magari i miei colleghi non apprezzeranno - un fondo attivo con vincolo. Un prodotto “semiattivo” con controlli molto chiari sulla selezione dell'indice in termini di settori e paesi. Credo sia importante chiarire la differenza tra fondi attivi ed ETF attivi. Gli ETF attivi di Fidelity hanno sempre la stessa struttura del mercato sottostante per quanto riguarda le ponderazioni per paese o settore, mentre un gestore di un fondo attivo vuole avere la facoltà di cambiare orientamento verso settori growth o value oppure verso determinati Paesi a seconda dell’alternativa che ritiene migliore”. Dal punto di vista della generazione di reddito, secondo Kuhn esistono due modi per ottenerlo. “Guardando i flussi nei mercati ETF da inizio anno, una delle modalità è stata sicuramente un ritorno degli investitori al fixed income, guidati dal momento di mercato, ovvero il ritorno del rendimento a seguito delle politiche monetarie delle principali banche centrali e, di pari importanza, la diversificazione. Conosciamo tutti il classico portafoglio diversificato 60-40, che è stato oggetto di discussione negli ultimi mesi, e che potrebbe tornare in auge. Ma vi è un secondo modo di ottenere rendimento” prosegue Kuhn, “e sono i dividendi che forniscono l'opzionalità dei rendimenti dei mercati azionari e, pur non partecipando al 100% del rialzo del mercato, generalmente non partecipano nemmeno al 100% del ribasso, fornendo contemporaneamente un reddito, che è ciò che i clienti continuano a volere con regolarità”.
3/3